SCOPRIAMO COS’E’ E COME CURARLO
del dottor Giorgio Rossi (Oncologo)
Sabato 27 settembre si è svolta la Giornata Contro il Dolore Cronico intitolata “ Cento città contro il dolore” promossa dalla Fondazione Isal (Istituto di ricerca e formaziione in scienze algologiche), sotto l’alto patronato della Presidenza della Repubblica. Questa è stata la quarta edizione e ha coinvolto 100 comuni Italiani e per la prima volta anche 12 Paesi di cinque continenti : Australia, Belgio, Canada, Colombia, Germania,Giordania, Gran Bretagna, Irlanda, Malta, Olanda, Portogallo e Spagna. L’iniziativa è nata per sensibilizzare l’opinione pubblica, per far conoscere quali possono essere le possibilità di cura, per indicare i centri specialistici di riferimento e per raccogliere fondi per la ricerca.
Per dolore cronico si intende quel dolore che dura più a lungo del corso naturale della guarigione che si associa ad un particolare tipo di danno e di malattia , oppure un dolore che comunque dura più di 3-6 mesi, diventando una vera e propria malattia che compromette la qualità della vita e le relazioni personali. Colpisce 12 milioni di persone , il 20% della popolazione italiana, causando ogni anno la perdita di oltre un miliardo di ore lavorative e la spesa di circa 2 miliardi di euro per prestazioni e farmaci.
Il 40% delle persone che in Italia soffrono di dolore cronico non è a conoscenza di quale percorso va intrapreso, a quale specialista o Centro specializzato rivolgersi. Tra chi lo conosce, solo il 32% ne è stato informato dal medico di famiglia. Il 44% dichiara di essere affetto da dolore cronico da più di tre anni, il 15% da più di un anno, il 14% da sei mesi a un anno. Questi sono i risultati di un’indagine condotta dalla Fondazione Isal con la collaborazione del gruppo di esperti internazionali di Change Pain.
E pensare che in Italia è stata emanata una legge sulle cure palliative e terapia del dolore approvata il 9 marzo 2010 che rappresenta un grosso risultato per il nostro Paese rendendolo tra quelli più aggiornati in questo ambito assistenziale, ma purtroppo ancora non è pienamente applicata. Il testo prevede anzitutto la organizzazione di una rete territoriale di strutture sanitarie e di assistenza domiciliare, che provvede a garantire le cure palliative e la terapia del dolore su base regionale. Ruolo fondamentale viene attribuito ai Medici di Medicina Generale che vengono autorizzati a prestare le cure antalgiche ai propri pazienti e nei casi più difficili ad indirizzarli al Centro di Terapia del Dolore di riferimento per quel territorio o agli Ambulatori di terapia antalgica.
Finalmente viene riconosciuto il valore fondamentale dei farmaci oppiacei per i quali non sarà più necessaria la ricetta speciale, ma basterà la semplice ricetta del medico di famiglia, abbattendo un grande tabù che ha fatto si che il nostro Paese accumulasse un grande ritardo nell’uso corrente di tali farmaci considerati sempre nell’ottica, del tutto sbagliata, della tossicodipendenza.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica le linee guida per un corretto approccio terapeutico al dolore cronico dividendo questo in due fondamentali categorie: dolore cronico non oncologico e dolore cronico oncologico.
Al primo gruppo appartengono ad esempio il dolore post erpetico ( o fuoco di Sant’Antonio) , la fibromialgia, le cefalee, dolore da danno del sistema nervoso dopo ictus o da danno midollare dovuto ad incidente stradale o sul lavoro, dolore da “arto fantasma”,ecc. In questo gruppo la finalità primaria è il recupero della disabilità che il dolore comporta al paziente e vengono previsti 3 gradini di trattamento : nel primo sono previsti i farmaci antinfiammatori non steroidei ( FANS), nel secondo vengono introdotti farmaci oppiacei minori, come codeina e tramadolo associati ai FANS stessi o al paracetamolo, il terzo gradino , che si raggiunge solo se i precedenti dovessero aver fallito, prevede i farmaci oppiacei maggiori come morfina, ossicodone, fentanil.
Al secondo gruppo appartiene il dolore provocato da un tumore. Anche se può essere presente nella varie fasi della malattia tumorale cominciando dall’esordio, nella maggior parte dei casi il dolore compare nella fase terminale della malattia. Qui l’obiettivo primario è il miglioramento della qualità della vita per migliorare poi la qualità della morte.
Anche in questo gruppo l’OMS prevede 3 steps, ma raccomanda che il certi casi si può iniziare subito dal secondo per passare anche rapidamente al terzo. Inoltre raccomanda un approccio multidisciplinare per il paziente oncologico che prevede varie figure professionali : l’oncologo, il radioterapista, l’analgesista, lo psicologo per affrontare nel miglior modo possibile quello che viene definito dolore totale.
Di grande aiuto nel controllo del dolore cronico sono i farmaci cosiddetti adiuvanti, in particolare i cortisonici e gli antidepressivi triciclici, indicati per entrambi i gruppi di patologie.
Il dolore non va sopportato, va trattato.
Prima di iniziare qualsiasi trattamento, di fondamentale importanza è la corretta diagnosi di dolore per capire di che tipo di dolore si tratta, se osteo-muscolare, neuropatico, viscerale, compressivo, irritativo, ecc. e quindi scegliere la migliore cura considerando che attualmente sono disponibile una nutrita gamma di farmaci efficaci ai quali si possono sempre affiancare interventi invasivi e non invasivi.
Purtroppo, ancora oggi, un 4% di pazienti, quasi mezzo milione di italiani, soffre di un dolore cronico per il quale non c’è ancora nessuna possibilità di cura.