Legittima difesa e illegittima convinzione di poter uccidere

di Avv. Tommaso Rossi (Presidente Onorario Associazione Fatto&Diritto)

unknown-1La sottile linea rossa, come il sangue, tra la difesa legittima e un uomo che spara– a sangue freddo o a sangue caldo, poco importa- per uccidere, sta non tanto nella ricostruzione degli attimi. Nel grilletto premuto, nel sudore e nel tremore della mano che spara, nella paura per i propri affetti in pericolo, nel senso di colpa e nel dolore, nella paura, nel sangue, nel rumore di uno sparo, nella concitazione, nel silenzio. Il silenzio assordante della morte.

La sottile linea rossa sta nell’assordante baccano dei giorni, dei mesi, degli anni successivi ad un episodio come quello del gioielliere di Grinzane Cavour, in Piemonte, tornato nuovamente agli onori della cronaca per la condanna a 17 anni di reclusione inflitta ieri mattina dalla Corte di Assise di Asti. Il baccano delle parole scomposte di un uomo che da anni si considera un martire ed un eroe, ma non lo è. Un uomo che è stato brandito come una bandiera dalla propaganda politica e di certa stampa, la stessa che da anni avvelena i pozzi, la stessa che da anni- a suon di novelle emergenziali del codice penale- ha ingannato l’opinione pubblica più becera che sì, si possa sparare ai ladri, ai rapinatori, si possa inseguire il maledetto malvivente e farsi giustizia, perché “se lo Stato è inerte, mi devo difendere da solo, cazzo!”

La politica dei muscoli e della pancia, che abdica al suo ruolo di guida, e diventa capopopolo e sceriffo.

La politica del “le mie parole sono state decontestualizzate”, del “un conto è quello che si dice ad un comizio, un conto poi quando si governa” E succede che qualcuno prima o poi ti prende sul serio, che quelle parole prima o poi ti fanno inseguire delle persone per strada, e premere un grilletto per ucciderle. Manco fossero cinghiali, che in questi tempi che odorano di vecchio west, qualcuno vorrebbe si potessero ammazzare a fucilate liberamente per le vie della città.

28 aprile 2021.Paesino tranquillo nell’astigiano, zona di vini e di tartufo, zona di gioiellieri e purtroppo anche di delinquenti che provano a vivere strappando a chi lavora onestamente i propri frutti. La rapina era durata pochi minuti, la figlia del gioielliere era stata legata, la moglie minacciata con una pistola falsa. I malviventi erano scappati con una borsa di gioielli. Lui li ha inseguiti, loro erano ormai arrivati alla macchina. Ne ha ammazzati due, di cui uno colpito a terra l’ha finito con calci in testa; un terzo l’ha ferito a colpi di pistola. C’è un video di tutta la scena ripresa dalla videocamere di sorveglianza, tanto basta per farsi una propria idea. Le sue parole dopo la lettura del verdetto della Corte, “La mia condanna è una vittoria per la delinquenza e la criminalità”, confermano la sensazione che la sentenza sia giusta.

Proviamo a capire quando, davvero, la difesa è “legittima”, quando si ha un “eccesso” della stessa, quando erroneamente si crede di versare in una situazione di legittima difesa, e quando, invece, semplicemente si commette un omicidio volontario.

L’art. 52 del codice penale prevede la legittima difesa, fra le cause di giustificazione o “scriminanti”, ovvero situazioni normativamente previste (quali appunto la legittima difesa, il consenso dell’avente diritto, l’esercizio di un diritto o l’adempimento di un dovere) in presenza delle quali viene meno l’antigiuridicità di un fatto tipico, ovvero il contrasto tra un fatto conforme alla norma incriminatrice e l’ordinamento giuridico che la prevede.

La previsione normativa della legittima difesa, dunque, considera non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui dal pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.

La novella normativa del 2019, ha modificato il secondo comma, in precedenza aggiunto nel 2006, stabilendo che sussiste sempre il rapporto di proporzione nei casi di c.d. “legittima difesa domiciliare” (ovvero laddove il malvivente entri in casa o in altro luogo di lavoro o dimora), quando si usa l’arma per difendere la propria o altrui incolumità o anche i propri beni, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione.

Questa confusa previsione di legge, e in particolare la narrazione che di essa hanno fatto politici e giornali, ha fatto ritenere a tutti di poter sparare a chiunque entrasse in casa (o in gioielleria) per commettere una rapina.

L’accertamento dell’A.G., che vi sarà sempre nel caso in cui si ammazza un malvivente durante un’aggressione invocando la legittima difesa, dovrà in ogni caso riguardare anzitutto la verifica che “l’offesa sia ingiusta”, che vi sia “un pericolo attuale” di lesione del proprio o altrui diritto (non può MAI esservi un “pericolo passato”, che si tradurrebbe in una vendetta!!) e che la reazione sia necessaria (nel senso che non vi sia un’altra alternativa possibile), valutando ciò in concreto con giudizio ex ante,  rapportato cioè al momento della reazione e al contesto specifico di quella circostanza temporale. La difesa, in ogni caso, dovrà essere proporzionata all’offesa. Nella “legittima difesa domiciliare” il rapporto di proporzione viene eccezionalmente presunto per legge, ma debbono sempre sussistere ed essere accertate le precondizioni della necessità ed inevitabilità della difesa e dell’attualità del pericolo dell’offesa, in assenza delle quali si commette un omicidio. 

L’eccesso colposo di legittima difesa, previsto dall’art. 55 c.p., stabilisce che quando si eccedono colposamente (per colpa dunque, e non per volontà) i limiti previsti dalla norma sulla legittima difesa, si risponde solo del reato colposo (omicidio o lesioni colpose). Anche in questo caso, la modifica del 2019 ha indotto “false aspettative” nei “giustizieri self service”. E’ stato infatti aggiunto un secondo comma, che prevede che sia in ogni caso esclusa la punibilità di chi colposamente eccede i limiti, nelle ipotesi di legittima difesa domiciliare, ma unicamente laddove il soggetto abbia commesso il fatto per la salvaguardia della propria o altrui incolumità e abbia agito in condizioni di minorata difesa ovvero in stato di grave turbamento derivante da una situazione di pericolo in atto. In sostanza, nulla di nuovo e di diverso da quanto già previsto, che non esclude l’accertamento circa l’attualità del pericolo e la necessità e inevitabilità dell’offesa.

Cosa ulteriormente diversa è la c.d. “legittima difesa putativa”, prevista al pari delle altre circostanze che escludono la pena dall’art. 59 co.4 c.p.: se l’agente ritiene per errore che esistano circostanze di esclusione della pena, queste sono sempre valutate in suo favore, purché non si trati di errore determinato da colpa, caso in cui la punibilità non è esclusa se il fatto è previsto dalla legge anche come delitto colposo.

Speriamo, con questo breve excursus normativo, di avervi fornito un’utile bussola per farvi un’idea di quella e di tante altre tristi vicende simili.

Un’idea che nasce da una corretta informazione su quelle che sono le leggi vigenti, non partigiana, non orientata dall’informazione politicizzata e dalla “politica disinformata”, aiuta il cittadino ad essere realmente libero.

Nel nostro piccolo, da quasi 13 anni, noi di Fatto&Diritto ci proviamo, fedeli soltanto alla nostra missione di darvi gli strumenti conoscitivi per pensare da soli, realmente liberi.

 

 

 

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