L’epilessia non influenza l’aggressività

23 APRILE  ’13, MILANO – Un recente studio ha dimostrato che l’epilessia non comporta una maggiore aggressività per i soggetti che ne sono affetti, anzi, sembrerebbe che i soggetti malati siano statisticamente meno aggressivi delle persone sane. Inoltre, l’ eventuale aggressività non deriverebbe direttamente dalla malattia, ma dal senso di frustrazione che da questa proviene, legato magari alle difficoltà delle cure. Questa frustrazione è tanto maggiore quanto minore è il livello d’istruzione e più grande la stigmatizzazione sociale. Nelle zone più culturalmente sviluppate, la percezione dello stigma diventa minore ed anche le condizioni di vita sociale dei malati migliorano.

Questi sono i risultati di uno studio su oltre 500 pazienti italiani con età media fra 25 e 53 anni condotto dal LICE Irritability Group, coordinato da Ada Piazzini del Centro per l’Epilessia del San Paolo di Milano diretto da Maria Paola Canevini e a cui hanno partecipato anche i ricercatori dell’Università Statale e del Mario Negri. Già dal 2009 importanti criminologi, quali Ugo Fornari e Seena Fazel, sostengono che nessuna correlazione vi sia tra la malattia e la commissione di atti violenti, ma la pubblicazione di questo studio, uscito sul periodico di settore “Epilepsia“, ha suggellato gli ultimi orientamenti, confermando l’ infondatezza della relazione tra violenza ed epilessia.

Era stato Lombroso, nel 1800, a dire che “l’’anestesia che gli epilettici hanno nei loro sensi, la portano anche nel cuore”, ma ricordiamo che Lombroso sosteneva anche, in parole povere, che a seconda delle dimensioni della testa o della distanza tra loro degli occhi o della larghezza della fronte, un soggetto poteva essere o no un potenziale criminale. Nonostante vi siano stati molti progressi nella scienza criminologica (la teoria della “pazzia epilettica” è stata completamente smentita e bollata come invenzione anche nell’ultimo libro del prof. Carlo Lorenzo Cazzullo, “Le ferite dell’anima”), probabilmente è stata proprio la massima lombrosiana a infondere quel senso di vergogna nell’ animo di chi è affetto da epilessia, che ancora è radicato.

E potrebbe essere preoccupante che qualche rimasuglio lombrosiano sia rimasto tra psicologi e criminologi moderni e sarebbe ancor più preoccupante se tali refusi vengano utilizzati ad hoc per incrementare l’audience e dietro lauto compenso. Il fatto è questo: pochi giorni fa, durante la trasmissione “La vita in diretta”, una psicologa criminologa ha infatti insinuato che Michele Misseri possa aver compiuto l’assassinio della nipote Sarah Scazzi mentre era in preda a un attacco epilettico (anche se, ad oggi, sulla base della sentenza di primo grado, la giustizia ritiene responsabili dell’omicidio la figlia, Sabrina Misseri e la moglie). Dichiarazione che non ha alcun valore scientifico, a meno che non si voglia ammettere che una persona possa uccidere perchè affetta da emicrania. Infatti, la causa del mal di testa e dell’epilessia è comune, cioè un’eccessiva eccitabilità elettrica delle cellule nervose cerebrali. Le convulsioni e gli spasmi muscolari che seguono ad un attacco epilettico sono stati il motivo per cui nel corso dei secoli la malattia è stata accostata anche a disturbi mentali: nel Medio Evo un epilettico era un posseduto dal Diavolo, poi Lombroso l’ha declassata a sintomo di delinquenza.

Oggi, la responsabilità della brutta fama attribuita all’ epilessia è imputata ai mass media. Già all’ inizio del secolo, la rivista “Neurology” accusava vari giornalisti e li invitava a vergognarsi per come parlavano della malattia, utilizzando spesso e volentieri aggettivi quale “demoniaco” e “soprannaturale” e,  in riferimento alle cure, facendo emergere aspetti divini e trascendenti. Tendenza che non è cambiata nemmeno ultimamente, perchè uno studio di tre anni fa australiano e canadese ha evidenziato come, nei loro paesi, non esistesse alcun messaggio di pubblicità progresso volto a migliorare la comprensione, l’atteggiamento e i comportamenti verso questa malattia.

Dopo quanto avvenuto nella trasmissione televisiva, molti malati di epilessia hanno protestato e fatto sentire la loro voce, alla quale si è aggiunta anche la presa di posizione ufficiale della FIE e dell’ AICE (le due principali associazioni di pazienti) e di alcune associazioni scientifiche, tra cui la LICE (lega italiana contro l’epilessia). “I medici che ogni giorno si occupano delle persone con epilessia continueranno a costruire un percorso contro quanto dichiarato, impegnandosi personalmente contro quello che io definisco un “medievale attacco alla cultura epilettologica” – dice Antonino Romeo, direttore del Centro Regionale per l’Epilessia e la Neurologia Pediatrica del Fatebenefratelli di Milano -. Tutti insieme daremo una risposta di proteste, smentite, ma anche di dibattito culturale e scientifico”.

MOSE’ TINTI

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