Rock & Diritto: Leonard Cohen, “lo straccivendolo del cuore”

Impossibile ascoltare un suo album quando fuori splende il sole”.

In questi giorni di pioggia continua, questa sembra la descrizione perfetta della musica di Leonard Cohen. La critica affilata a volte ha esasperato uno dei tratti caratteristici di un artista e poeta di altri tempi ma che ancora, forse come pochi, riesce ad emozionare.

Voce inconfondibile, quasi magnetica, arrangiatore geniale, cantore di amori perduti, musica  che si fonde con i testi poetici delle canzoni all’interno di un quadro dai colori e dall’atmosfera fortemente intimisti.
Lo stesso Cohen dice di sé : Di solito tendo alla tristezza. Per alcune canzoni ho impiegato diversi anni. Nessuna di essa è stata un parto facile, dopo tutto questo è il nostro lavoro. Tutto il resto va spesso in malora, in bancarotta totale, e così quel che rimane è il lavoro, ed è quello che faccio per tutto il tempo, lavorare, creare l’opus della mia vita. Il nostro lavoro è l’unico territorio che possiamo governare e rendere chiaro. Tutte le altre cose rimangono confuse e misteriose”. 

Nato a Montreal (Canada) il 21 settembre  1934 da una famiglia ebraica, Leonard Cohen perde il padre a soli 9 anni, evento traumatico che sarà fonte di una parte di quella malinconia che caratterizzerà tutta la sua arte.  Leonard ha l’anima da poeta e sin dall’università si dedica alla poesia; nel 1956 esce la sua prima raccolta di poesie dal titolo Let Us Compare Mythologies e nel 1961 la seconda “The Spice box of earth”.
Il fuoco della poesia e della scrittura esplode ancora di più quando Cohen si trasferisce per sette anni con la moglie ed il figlio a Hydra, un’isoletta della Grecia, una sorta di culla di scrittori e artisti. Qui pubblica  altre raccolte di poesie e due romanzi e si avvicina alla musica grazie alla cantante ed amica July Collins che al’inizio interpreta alcune sue canzoni poi, intuendo la grandiosa carica emotiva di  Cohen, lo stimola a salire sul palco. La poesia “Suzanne”  nel 1966 diventa una bellissima canzone che ne decreta il successo (e sarà ripresa anche da De Andrè che insieme a Nick Cave è considerato uno dei “discepoli” della poesia di Cohen) e l’album del 1968 “Songs of Leonard Cohen” ottiene subito un grande successo.

Leonard Cohen sulla poesia da un’intervista rilasciata per The Jewish Book News Interview: “Nella sua forma più pura, la poesia è come il polline delle api. Ecco la mia idea della poesia. Il miele della poesia è dappertutto. E’ negli scritti del National Geographic, quando un concetto è assolutamente chiaro e bello; è nei film; è dappertutto, perché ciò che noi chiamiamo ‘poesia’ ha un significato davvero universale. Poesia è quando qualcosa suona in maniera particolare. Forse non sempre possiamo definirla poesia, ma quel che sperimentiamo in determinati momenti è poesia. E’ qualcosa che ha a che fare con la verità e il ritmo e la fede e la musica. Da ragazzino ero completamente affascinato da questa materia. Me ne innamorai nel momento stesso in cui ne feci la conoscenza. Quando m’imbattevo in qualcosa che era espressa in modo particolare, mi sentivo capace di abbracciare il cosmo intero. Non soltanto il mio cuore: ogni cuore ne veniva coinvolto, e la solitudine svaniva e mi sembrava di essere l’unica creatura triste nell’universo. E questo dolore era… giusto! Non solo era giusto, ma mi permetteva di raggiungere il sole e la luna. Più tardi mi dedicai alla musica pop perché capii che in quella sfera meglio avrei potuto manifestare tali sensazioni. Scrivere non mi bastava più: io la poesia volevo viverla.”

Nelle vene di Leonard Cohen scorrono emozioni, parole,musica ma anche una costante irrequietezza, alcuni dicono depressione che, però, lo portano molto lontano dallo stile di altri songwriter di quegli anni (come Bob Dylan) che decidono di scendere in campo e diventare portabandiera di valori ed ideali anche politici. Cohen, invece, si rifugia  in se stesso, negli anni Novanta  vive un’importante parentesi mistica trasferendosi in un monastero buddista californiano dove non a caso prende il nome  di Jikan “il silenzioso”.
Dopo il primo album che include brani come “Suzanne”, “Hey That’s No Way To Say Goodbye”, “So Long, Marianne” and “Sister of Mercy”, “Songs for a Room” e “Songs of Love and Hate” sono la conferma del  talento e del successo di Cohen. Nel 1972 il suo primo album dal vivo “Live Songs” e nel 1973 “New Skin for the Old Ceremony” con un importante rinnovamento stilistico caratterizzato da un suono nuovo ed un arrangiamento più curato.
Dopo questo album Cohen si prende qualche anno di pausa fino al 1977 quando esce “Death Of a Ladies’ Man” cui fa seguito “Recent Songs” in cui il tema religioso diventa protagonista come mai prima e lo sarà anche in “Various Positions” nel quale sono incluse canzoni come la straordinaria e commovente “Halleluja”, “The Law”, “Heart With No Companion”, frutto di una complessa e  difficile battaglia spirituale. A fine degli anni ’80 vive in California e  dopo  “The Future” (1992) e la decisione di vivere per un po’ in un monastero buddista in California, arriva un decennio di silenzio artistico interrotto nel 2001 con l’album “Ten New Songs” pubblicato con l’aiuto della scrittrice e vocalist Sharon Robinson e nel 2004 con “Dear Heater”.

Anche se gli anni passano Cohen non vive mai il sentimento della rassegnazione anzi nel 2012 con “Old Ideas” e il tour le sue canzoni sembrano rivivere.
In bilico tra poesia ed immaginazione, la sua voce quasi sussurrata accompagnata quasi sempre dalla chitarra classica trasporta chi lo ascolta in una dimensione cosi intimistica che quasi quando lo si ascolta ci si sente nudi, smascherati, privi di quelle sovrastrutture volute o inconsapevoli  sotto le quali soffochiamo a volte le nostre emozioni.

Io non scrivo canzoni, solo poesie che corteggiano la musica. Ma ho sempre l’impressione di raschiare il fondo del barile, di essere, per dirla con Yeats, lo straccivendolo del cuore

VALENTINA COPPARONI

 “Dance me to the end of love”

“Dance me to your beauty with a burning violin

dance me through the panic ’til I’m gathered safely in

lift me like an olive branch and be my homeward dove

dance me to the end of love

dance me to the end of love

Oh let me see your beauty when the witnesses are gone

let me feel you moving like they do in Babylon

show me slowly what I only know the limits of

dance me to the end of love

dance me to the end of love

Dance me to the wedding now, dance me on and on

dance me very tenderly and dance me very long

we’re both of us beneath our love, we’re both of us above

dance me to the end of love

dance me to the end of love

Dance me to the children who are asking to be born

dance me through the curtains that our kisses have outworn

raise a tent of shelter now, though every thread is torn

dance me to the end of love

Dance me to your beauty with a burning violin

dance me through the panic till I’m gathered safely in

touch me with your naked hand or touch me with your glove

dance me to the end of love

dance me to the end of love

dance me to the end of love…”.

 

 “Guidami danzando alla tua bellezza col suono di un violino che brucia

conducimi danzando oltre il panico, fin dove starò al sicuro

sollevami come un ramo d’ulivo

e sii la colomba che mi riporta a casa

guidami danzando fino in fondo all’amore

Oh lascia che io veda la tua bellezza

quando non ci sono più testimoni

Fammi sentire come ti muovi all’uso di Babilonia

lentamente mostrami ciò di cui solo io conosco i confini

guidami danzando fino in fondo all’amore

guidami danzando fino in fondo all’amore

Guidami ora danzando alle nozze

guidami danzando e non fermarti

guidami danzando con dolcezza e danza a lungo

stiamo entrambi sotto al nostro amore, ne stiamo entrambi sopra

guidami danzando fino in fondo all’amore

guidami danzando fino in fondo all’amore

Portami danzando ai bambini che chiedono di nascere

guidami danzando oltre il velo che i nostri baci hanno consumato

poni una tenda a rifugio ora, anche se ogni filo è strappato

guidami danzando fino in fondo all’amore

Guidami danzando alla tua bellezza col suono di un violino che arde

conducimi danzando oltre il panico, fin dove starò al sicuro

toccami con le nude mani, o col guanto che le ricopre

guidami danzando fino in fondo all’amore

guidami danzando fino in fondo all’amore”.

 

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