Cardeto di Ancona, in degrado il “Deposito del Tempo”

CHIUSO DA ANNI, SOFFRE LA MEMORIA EBRAICA 

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L’area in degrado del Deposito del Tempo al Parco del Cardeto di Ancona (foto di Gianluca Mainiero)

-ANCONA – di Giampaolo Milzi – L’hanno battezzato “Percorso Chayim”, dalla radice ebraica “chai”, ovvero “vivere”, l’itinerario cittadino volto a valorizzare la memoria, i luoghi e la cultura della millenaria comunità ebraica di Ancona. Un progetto – ideato e coordinato dal Servizio interventi di riqualificazione urbana del Comune – destinato ad essere la prima tappa del “Museo Diffuso” del capoluogo marchigiano, una più ampia, pianificata e articolata strategia attraverso la quale, progressivamente, il Museo della Città di piazza del Plebiscito avrebbe dovuto aprirsi sul territorio municipale per intesservi nuove trame di conoscenze visuali attorno a monumenti e reperti per far rivivere, appunto, pienamente nel presente la storia dell’Ankon fondata 2400 anni fa dai coloni greci Dori di Siracusa. Fatto sta che la postazione Deposito del Tempo (dotata di strumentazioni multimediali a fini divulgativi) e l’area circostante, localizzati nella zona dei casermaggi retrostante il parcheggio della facoltà di Economia, avrebbe dovuto costituire il fiore all’occhiello del “Percorso Chayim”. Ma questo “fiore” ha avuto un’esistenza via via sempre più oscura e travagliata, fino ad appassire. Col risultato che da tre anni il sito è in stato di totale abbandono e degrado, off limits per le visite guidate di cittadini, scolaresche e studenti. Una situazione scandalosa, se si considera che il “Chayim” è un’operazione gestita e voluta dal Comune al Parco del Cardeto, concretizzatasi grazie a una spesa complessiva di 850.000 euro frutto di apposito finanziamento europeo e di fondi della Regione Marche ottenuti grazie soprattutto al propositivo impegno dell’architetto Alessandra Panzini della società Marchingegno.

Ma a cosa sono serviti e a cosa dovrebbero servire tutti questi soldi pubblici? Innanzitutto sono serviti per recintare con tavolate di legno l’area comunale che si raggiunge – salendo per la strada d’ingresso al Parco sulla destra della facciata della facoltà (ex caserma Villarey) – subito dopo l’area casermaggi (anch’essa comunale) di fronte all’enorme, grigio e abbandonato edificio ex Deposito Derrate. La recinzione, che da provvisoria è diventata definitiva, è dotata di un portoncino di legno aperto. Fronteggiato all’esterno prima da un totem a punta arrugginito e poi da un cartello, intitolato “Deposito del Tempo”, anch’esso malridotto e con note esplicative. Appena entrati si nota subito a destra un basso edificio chiuso di nuova fattura che ospiterebbe una centrale termica per riscaldare la vicina ex Polveriera rinnovata per usi culturali pubblici (forse pronta a gennaio dopo lunghissimi ritardi). Oltre il cancello d’ingresso, a sinistra, e più in alto a destra, ancora degrado, precarietà e assenza di misure di sicurezza: ecco due piattaforme a guisa di vasca, da cui fuoriesce un groviglio di cavi e tubi anche di grandi dimensioni, sulle quali dovrebbero sorgere (chissà quando…) due cabine Enel per la fornitura di energia elettrica a tutto il Parco del Cardeto, compresi il sito del Deposito del Tempo e il nuovo edificio ex Polveriera.

 

 Il sentiero sbarrato con tombe e lapidi ebraiche, nell’ambito Del “Percorso Chiaym” della memoria ebraica al Parco del Cardeto (foto di Gianluca Mainiero)

Il sentiero sbarrato con tombe e lapidi ebraiche, nell’ambito
Del “Percorso Chiaym” della memoria ebraica al Parco del Cardeto (foto di Gianluca Mainiero)

Tornado al piccolo edificio-centrale termica, sulla sua parete retrostante resistono, molto scoloriti, 3 dei 4 originari cartelli con foto del Campo degli Ebrei risalenti al 1951 con didascalie relative anche al Deposito del Tempo. Di fronte, ecco la prima porzione di savana selvaggia – in cui è ridotta tutta la zona – dove giacciono in rovina due grandi pannelli di plastica con indicazioni sul cantiere che fu. Pochi passi oltre il cancello d’entrata, si imbocca il primo tratto del Chayim, un selciato ottocentesco ristrutturato ma in pessime condizioni. Percorrendolo, si notano adagiate sulla destra, a distanza regolare, 7 eleganti piastre in metallo smaltato (forse bronzo) con su incisa la storia del Campo degli Ebrei (opera dello studio d’architettura Salmoni) anche queste – e ti pareva… – sporche e poco leggibili, a causa della reiterata, quasi cronica assenza di manutenzione e di ulteriori investimenti che hanno penalizzato tutto il sito fin dalla sua inaugurazione, risalente non si sa bene se al 2006 o al 2007. Alla fine di questa specie di corridoio all’aperto, su cui debordano le erbacce e i rovi dalla circostante savana, ecco che sul lato destro ci appare il vero e proprio edificio del Deposito del Tempo. Finalmente una elegante ed unica presenza d “chai”, ovvero della evocata vitalità urbanistica. Si tratta di un ex manufatto ottocentesco, di circa 30 metri quadri, ristrutturato in modo virtuosamente e parzialmente conservativo a partire dal 2005 dagli architetti Mauro Tarsetti e Roberto Angeloni (costo 150mila euro). In origine era probabilmente utilizzato per lo stoccaggio delle polveri da sparo, dotato di un forno di fusione per il confezionamento di munizioni ed incassato in un traversone militare basamentale. Gli architetti hanno restaurato una delle pareti originarie in pietra, riadattato le altre in legno, e coperto il magazzino con un bella tettoia in lamiere d’acciaio ramato. Il risultato è una gioia per gli occhi. Quanto agli interni, inaccessibili e quindi preservati, contengono una postazione multimediale e un computer con proiettore collegato a uno schermo (sistema progettato dall’equipe della Marchingegno srl.), destinati ad illustrare con audiovisivi la storia e i luoghi tipici della comunità ebraica anconetana e soprattutto le caratteristiche del Cimitero ebraico, a sua volta risistemato, e quelle paesaggistiche del Parco del Cardeto intitolato al poeta Franco Scataglini che lo ospita. All’esterno del Deposito del Tempo troneggia un secondo totem a punta (uguale a quello fuori del cancello d’ingresso del sito). A questo punto, il primo tratto del Chayim-Deposito del Tempo termina con una svolta sulla sinistra ad “L” che, tramite una passerella, dovrebbe condurre l’improbabile visitatore ad un secondo percorso. Già, dovrebbe. Perché percorsa la passerella non resta che affacciarsi alla sbarra metallica che blinda l’accesso. Gettiamo lo sguardo oltre. Il panorama è raccapricciante. Il percorso, a suo tempo ristrutturato (anche qui con il contributo dello studio Salmoni), è ridotto peggio di un sentiero di montagna. Letteralmente invaso da rovi ed erbacce. Sul lato destro, fanno brutta mostra di sè alcune decine di lapidi e di pezzi di tombe ebraiche, lì collocate perché rivenute durante l’opera di monitoraggio effettuata nel vicino antico cimitero ebraico, senza che se ne conoscesse l’esatta originaria collocazione. Il sentiero delle lapidi risulta sbarrato anche nella sua parte terminale opposta. Da segnalare che tutta l’area verde di circa 30 ettari del Cardeto, comprensiva della caratteristica zona erbosa cimiteriale, anch’essa oggetto del progetto percorso Chayim, non è provvista di servizi igienici. Lecito chiedersi dove abbiano potuto espletare le loro funzioni fisiologiche i visitatori del recente passato. Ricostruire o abbozzare un realistico calendario delle visite guidate,

è stata impresa alquanto difficile, lo stesso vale per la poco edificante storia fin qui descritta. Motivo? Ci siamo dovuti barcamenare a lungo tra Comune, Biblioteca Comunale, Museo della Città, ovvero i tre soggetti che hanno avuto negli anni la responsabilità gestionale del percorso Chayim-Deposito del Tempo. E alla fine qualche dato e qualche data son saltati fuori.

Una prima inaugurazione del percorso risalirebbe all’aprile 2006, con cerimonia ufficiale in presenza, tra gli altri, di Fabio Sturani e Pierluigi Fontana, allora rispettivamente sindaco e assessore comunale alla Cultura, e di rappresentanti della Comunità ebraica di Ancona.

Un’altra inaugurazione ufficiale ci sarebbe stata il 23 settembre 2007,

con una visita guidata e uno spettacolo teatrale con laboratorio.

Il 22 ottobre 2009 le visite all’area del Deposito del Tempo sono state interrotte per un mese a causa dell’avvio di un cantiere per la messa in sicurezza dei casermaggi adiacenti, ad oggi ancora fatiscenti, e relativo anche a lavori nel Deposito. Circostanza confermata dall’assessore comunale alla Cultura Andrea Nobili, della Giunta Gramillano, secondo il quale, al suo insediamento a fine 2009 “il sito era già da molto tempo chiuso (appunto, ndr,) per lavori”. La direttrice della Biblioteca Comunale Emanuela Impiccini, dopo averci confessato che “i dati relativi alle visite guidate del 2007 e del 2010 sono spariti”, ha delineato il seguente report: 1229 visitatori da febbraio a dicembre 2008; 811 da gennaio a ottobre 2009; 420 da aprile e a settembre 2011. Come si nota, le presenze sono in calo progressivo.

Per il 2011 le istituzioni riferiscono che certamente le 420 persone citate hanno potuto percorrere con una guida tutto l’itinerario Chayim, compresi il Parco del Cardeto e il Deposito del Tempo, su prenotazione, teoricamente tutti i giorni della settimana tranne il sabato. E che Il Deposito del Tempo sarebbe stato visitabile invece anche la domenica. Un altro report, fornitoci dalla cooperativa Artes –

che fin dall’apertura del sito ha gestito le visite, prima in base a un appalto comunale assicuratosi assieme alla Forestalp, poi da sola nel periodo da giugno a settembre 2011 – riguarda i soli dati relativi alle attività didattiche organizzate per le scolaresche marchigiane nel Deposito tra il 2008 e il 2011: circa 500-600 studenti l’anno in visita nei periodi gennaio-maggio e settembre-dicembre.

Tornando al 2011, ecco perché sul sito del Deposito è calato il sipario. Sul finire dell’anno infatti sono ripresi i lavori per la messa in sicurezza e per la delimitazione della distatrata area casermaggi confinante. Non si sa quanto siano durati e cosa abbiano prodotto quei lavori. Ma è certo che aperto il cantiere, il sito è stato definitivamente abbandonato e chiuso. Ne è pressoché certa anche la dott.ssa Emanuela Impiccini, responsabile da un po’ anche del Museo della Città di piazza del Plebiscito e dell’area Deposito del Tempo. Ulteriore conferma della impraticabilità del sito arriva dalla cooperatva Macchine Celibi, subentrata nel settembre scorso alla Artes nella gestione dell’appalto visite, coop che non ha alcuna notizia sulla sua possibile riapertura.

A conclusione di questa brutta, quanto meno sfortunata e piuttosto miope storia di mala gestione politico-urbanistica del percorso ex “chai” (dove la radice ebraica vivere è quantomeno mortificata), ci sono per fortuna le dichiarazioni dell’attuale assessore alla Cultura Paolo Marasca. Il quale, reduce da un recente sopralluogo nel sito del Deposito del Tempo, pur sottolineando che “la situazione di conservazione delle strumentazioni interne all’edifiicio del Deposito è buona, ammette che il lavoro che attende l’Amministrazione comunale per riqualificare tutta l’area esterna è molto gravoso, visto lo stato di estremo degrado in cui versa”. E promette: “Per quanto riguarda le opere di manutenzione interna saranno immediate. Per l’esterno (pulizia, potature, taglio di rovi ed erbacce, messa in sicurezza, ndr,) a metà novembre l’Ufficio Verde del Comune ha bandito la gara d’appalto e quindi a partire dall’anno prossimo l’iter del percorso Chayim riguardante la zona del Deposito inizierà a riprendrere vita col ripristino delle visite guidate e dell’attività didattica”.

(tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

 

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