Il processo a Marco Cappato per la morte di Dj Fabo: la Corte Costituzionale dovrà decidere sul fine vita

PUO’ L’ART. 580 c.p. ESSERE CONSIDERATO OGGI COSTITUZIONALMENTE LEGITTIMO?

di Avv. Gabriella Semeraro

wpid-1493739539720.jpg-morte_di_dj_fabo_in_svizzera__chiesta_l_archiviazione_per_marco_cappato_.jpgIn data 14/02/2018, la Corte di Assise di Milano, nel procedimento penale celebrato nei confronti di Marco Cappato per il reato di cui all’art. 580 c.p., ha pronunciato ordinanza di rimessione delle questioni di costituzionalità rappresentate in vario modo dalle parti sin dalle prime fasi del procedimento e riproposte in sede di discussione, facendo ordine sulle medesime e reputandole rilevanti ai fini della decisione.

In particolare, la Corte d’Assise interroga la Corte Costituzionale sul possibile vulnus all’offensività recato dall’art. 580 c.p. nella parte in cui incrimina indistintamente tutte le condotte di aiuto al suicidio, senza distinguere quale sia stata nel concreto la portata del contributo alla determinazione o al rafforzamento del proposito suicidario, nonché sulla probabile compressione arrecata dal medesimo reato, così come attualmente previsto, alla libertà di autodeterminazione dell’individuo che può legittimamente decidere “come e quando morire”, dal momento che “solo le azioni che pregiudichino la libertà della sua decisione possono costituire offesa al bene tutelato dalla norma in esame”.

Nell’ordinanza in parola, la Corte afferma che dall’attività istruttoria è emerso che il Cappato ha con tutta certezza agevolato le azioni dell’Antoniani, avendolo accompagnato presso la struttura “Dignitas”, ma la sua opera non ha rafforzato il proposito suicidario di quest’ultimo che era già ben presente e forte, frutto di un’acquisita consapevolezza.

L’Antoniani ha infatti agito in piena autonomia, supportato dall’affetto dei suoi cari, informato dell’irreversibilità della propria condizione dai plurimi consulti medici ottenuti.

Dal canto suo, il Cappato aveva prospettato a Dj Fabo non solo la strada svizzera ma anche la possibilità di interrompere in Italia le terapie che lo tenevano in vita e, una volta giunti oltralpe, aveva verificato se fosse tutt’ora presente quella ferma volontà di andare fino in fondo, assicurandogli che in caso contrario lo avrebbe riportato a casa.

La Corte, dopo un breve excursus sul diritto vivente e le pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo, richiama inoltre, nella propria ordinanza, la legge 219/2017 sul testamento biologico, elevandola a espressione di un diritto a lasciarsi morire, la quale, sebbene non abbia riconosciuto la liceità del suicidio assistito, chiarisce che non è possibile sindacare le ragioni per cui un soggetto perviene a tale decisione; sono infatti preclusi tramite tale legge interventi inutili e sproporzionati rispetto alle condizioni patologiche di un paziente, seppur preordinati alla tutela di un’indistinta sacralità del bene vita, venendo in primo piano piuttosto il bene della dignità della fase ultima della propria esistenza.

Concludendo, parimenti solleva dubbi di costituzionalità il fatto che l’art. 580 c.p. preveda la stessa (elevata) pena tra le condotte di istigazione e di aiuto al suicidio, nonostante le prime siano molto più incisive sul piano causale e si crei così di fatto una sproporzione rispetto alla lesione arrecata ed un contrasto con il principio di rieducazione del reo.

Pertanto, alla luce delle questioni di costituzionalità sollevate, il processo subisce una sospensione in attesa della pronuncia della Corte adita.

Per approfondimenti sul procedimento penale leggi anche su questo sito “Caso Cappato: esercizio o abuso di un diritto?”

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