Le multinazionali tifano per Anonymous

27 APRILE ’13, ROMA – E’ già capitato, capita e capiterà di nuovo. Quando nascono movimenti  di portata mondiale, è facile che questi scelgano dei simboli distintivi ed è altrettanto facile che questi simboli diventino dei veri marchi, dei veri brand, con tanto di diritti e copyright, in capo a chi li produce. Niente si strano, ma l’ironia la fa da padrona e non si capisce bene come muoversi né da che parte stare se il movimento in questione parla di cambiare l’ordine esistente, di scardinare i sistemi, di ribellarsi e trovare un’alternativa alla macchina del capitalismo.

Ci troviamo di fronte ad una situazione simile nel caso della maschera antisistema del film “V per vendetta”, fatta propria da Anonymous e da quelli del 99 per cento, gruppi che tentano tramite il web e tramite manifestazioni di piazza ad eliminare la censura e fare in modo che tutti possano esprimere liberamente ciò che pensano, anche con l’utilizzo di attacchi informatici.

Le proteste degli attivisti si sono attuate in precedenza con la tecnica dell’ Occupy, l’occupazione di luoghi simbolo del sistema economico e statuale con addosso sempre la stessa maschera, in modo da rendersi irriconoscibili e dare un segno di anarchismo antisistemico. Gli hacker di Anomynous sono famosi per aver mandato in tilt i siti web di imprese globali, a cominciare da Visa e Mastercard. La maschera venne usata per la prima volta in un’azione contro Scientology, a Londra ed in altre città del mondo. Le manifestazioni continuano numerose negli anni dello scoppio della Grande Crisi, fino al 2011, per poi vedere una flessione nel 2012.

I rumors che vogliono da qui a breve tempo un ritorno delle manifestazioni di questi gruppi, che alzeranno la voce contro Wall Street, la city di Londra, le banche e le grandi multinazionali, stanno facendo venire l’acquolina in bocca non solo a coloro che ne prenderanno parte, ma soprattutto a tre grandi colossi imprenditoriali, contro i quali, in teoria, i due movimenti si schierano.

I tre colossi che non vedono l’ora di azzannare l’osso sono la famiglia Beige, a New York, nel Queens, imprenditori da quarant’anni,la TimeWarner, nel cuore di Manatthan, e Amazon, a Seattle.

I Beige hanno una grandissima azienda di famiglia, con più di 3.000 dipendenti e siti in 14 paesi del mondo,la Rubie’s Costume Company, e sono i più grandi produttori al mondo di oggettistica per la festa di Halloween, oltre ad avere 150 licenze per produrre maschere e costumi da film come Superman, Batman, Harry Potter ed il Signore degli Anelli…e, ovviamente, “V per Vendetta”. E i prodotti realizzati dalla Rubie’s Costume Company sono distribuiti da Amazon e, se ben ricordate,la Warnerè la casa produttrice del film simbolo di una protesta mondiale.

La maschera dal volto bianco, le guance rosate, il pizzetto, le ciglia sottili e nere, le labbra a metà tra un sorriso ironico ed un ghigno semimalefico è proprio ciò che contraddistingue i migliaia di militanti di Anonymous. Tuttavia, ogni volta che una di queste maschere viene venduta (da sei dollari fino a oltre cinquanta ciascuna), una parte del ricavato va alla famiglia Beige, un’altra alla Time Warner, una ad Amazon. Il movimento anticapitalista ha finanziato e finanzia una parte di quel mondo contro il quale è nato: sembra di rivedere la scena di Guerre Stellari quando Dart Fender dice a Luke Skywalker di essere suo padre. In realtà, come detto in apertura, è un paradosso che si ripete spesso: come ha sottolineato il giornalista Danilo Taino del Corriere della Sera, si tratta della famosa capacità del capitalista di produrre la corda cui sarà impiccato, se la si vede secondo Marx, oppure è la ugualmente famosa capacità del capitalista di rigenerarsi in tutte le circostanze, ragionando alla Schumpeter. Il famoso volto ha quasi sostituito la foto di Che Guevara fatta da Albero Korda, quale simbolo di lotta contro uno Stato autoritario, diventando anche citazione di Guy Fawkes, che nel 1605 tentò di far saltare il palazzo di Westminster a Londra, senza però riuscirci ed essere poi condannato a morte.

C’è chi scende in piazza e chi conta…i soldi.

MOSE’ TINTI

 

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