La vicenda IOR: Papa Francesco deciso ad una svolta

BREVE VIAGGIO NELLE VARIE VICENDE CHE HANNO INVESTITO LO IOR DAGLI ANNI ’70 AD OGGI

– di Mosè Tinti

 IORCittà del Vaticano, 16 giugno 2013 – “La Chiesa se cede alla burocrazia rischia di trasformarsi in una ong. La Chiesa non è una ong. È una storia d’amore…Lo Ior  come altri organismi vaticani, è necessario come aiuto a questa storia d’amore ma quando l’organizzazione prende il primo posto, l’amore diventa una Ong e diventa un po’ burocratico, perde la sua principale sostanza”.  Così parlava Papa Francesco ad aprile e pare che il Pontefice ad oggi non abbia cambiato idea e voglia dare seguito concreto a queste parole.

Lo Ior, la cui sede si trova nelle mura medievali di Torrione Niccolò V, è l’Istituto per le Opere Religiose e viene erroneamente qualificato come la banca vaticana, ruolo invece svolto dalla APSA (Associazione del Patrimonio della Sede Apostolica). Stando al suo statuto, ha lo scopo di “provvedere alla custodia e all’amministrazione dei beni mobili e immobili trasferiti o affidati allo IOR medesimo da persone fisiche o giuridiche e destinati a opere di religione e carità.

L’Istituto pertanto accetta beni con la destinazione, almeno parziale e futura, di cui al precedente comma. L’Istituto può accettare depositi di beni da parte di Enti e persone della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano”.

Solo recentemente, il 17 dicembre 2009, il Vaticano ha firmato la convenzione monetaria con l’Unione Europea ed ancora più recentemente, il 30 dicembre 2010, il Vaticano si è impegnato a dare piena applicazione alla convenzione stessa, introducendo leggi volte alla lotta al riciclaggio, entrate in vigore il 1° aprile 2011.Proprio la non adesione ai patti internazionali antiriciclaggio e le conseguenti opacità e scarsa trasparenza in tema di movimenti e gestione hanno reso possibili i vari scandali che si sono succeduti nel tempo ed hanno attratto capitali, investimenti di dubbia provenienza. Si pensi che il bilancio e tutti i movimenti fatti dall’Istituto fino al 2013 erano noti solo ed esclusivamente al Papa, al collegio dei cardinali che lo gestiscono, al Prelato dell’Istituto, al Consiglio di sovrintendenza, alla Direzione generale ed ai revisori dei conti. Poco meno di un mese fa, il 15 maggio 2013, è stata annunciata la prossima apertura di un sito internet, dove sarà pubblicato il bilancio.

Non sono pochi coloro che ritengono che le tortuose vicende dello IOR costituiscano le reali motivazioni che hanno spinto Benedetto XVI alle dimissioni, ma di certo c’è che il Papa emerito ha lasciato a Francesco lo spinoso risanamento dell’Istituto.

Si ricorda che sotto la gestione del cardinale statunitense Paul Casimir Marcinkus (1971-1989), vari furono gli episodi che gettarono discredito sullo IOR e sulla Chiesa.

Michele Sindona, cassiere di Cosa Nostra e nominato finanziere di Paolo VI già nel 1968, dirottò all’estero svariati miliardi della Santa Sede, grazie ad una serie di società schermate dello Ior, attuando la più grande sottrazione di capitali vaticani al fisco italiano nella storia. Sindona era socio in affari con Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, e creò un sodalizio con Marcinkus, che venne confermato da Giovanni Paolo II al timone dello IOR. I loschi giri d’affari di Marcinkus e dell’accoppiata Calvi-Sindona, massoni della P2 di Licio Gelli, avrebbero comportato per il Banco Ambrosiano, di cui lo Ior era uno dei maggiori azionisti, un buco di 2 miliardi di lire (Sindona morì per avvelenamento da cianuro nel 1986). Dagli interrogatori risultò che “parte della Democrazia cristiana e degli ambienti conservatori vaticani appoggiavano la strategia della tensione, come confermato dagli atti della Commissione P2”, racconta Imposimato, presidente onorario della Corte di Cassazione, che ha indagato sulle vicende vaticane e sul Banco Ambrosiano.

Monsignor Marcinkus, nel 1978, riuscì a sfuggire all’arresto per concorso in bancarotta fraudolenta grazie al passaporto diplomatico vaticano, opposto alle autorità italiane. Giovanni Paolo I, eletto sempre nel 1978, avrebbe voluto riformare lo IOR e fare pulizia di massoni e mafiosi, ma venne stroncato da un infarto 33 giorni dopo il suo insediamento. I complottisti ritengono che sia stato avvelenato per mano dello stesso Marcinkus, il quale si sentiva minacciato dal successore di Paolo VI.

Gli scandali continuarono.

Roberto Calvi,il “banchiere di Dio” all’epoca di Giovanni Paolo II, presidente del Banco Ambrosiano, controllato negli anni ’70 dalle affiliate estere dello IOR, ritrovato morto il 17 giugno 1982 a Londra; nel 1987 l’istituto ospitò anche un conto segreto di Giulio Andreotti; negli anni ’90 il millantatore Martin Frankel attraverso la fondazione San Francesco d’Assisi fece sparire oltre 2 miliardi di dollari, sottratti alle compagnie assicurative grazie all’eccellente passaporto vaticano. Grazie a questo processo, durato 10 anni, negli Usa lo IOR ha conquistato il nomignolo di maxi ingranaggio internazionale dell’off-shore; la maxi tangente Enimont ai partiti di almeno 140 miliardi di lire ai tempi di Mani Pulite.

Si arriva così al maggio 2012 quando si sono nuovamente  allungate sul Vaticano le ombre della mafia a seguito della scoperta del memoriale segreto dell’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi, cacciato proprio in quel mese dalla Commissione di vigilanza della banca di San Pietro dopo essere stato bollato come disturbato da una perizia psichiatrica ad hoc. Il dossier ha messo all’erta il procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, artefice dell’arresto di Provenzano, e il colonnello dei carabinieri Sergio De Caprio, che ammanettò Totò Riina. Nello scritto si legge che, mentre la procura di Trapani indagava su presunti conti cifrati del boss dei boss Matteo Messina Denaro nella banca vaticana, Gotti temeva per la propria vita. Si crede anche che in esso possano essere contenute informazioni utili sui conti cifrati di sacerdoti in odore di mafia come Ninni Treppiedi, oggi sospeso dalle sue funzioni, nonostante la Santa Sede abbia negato tutto. Con Vatileaks, altri teatrini vengono svelati: documenti in grado di testimoniare la scorrettezza e la truffa mossa dallo Ior nell’applicazione delle norme sulle trasparenze bancarie e nel riciclaggio del denaro sporco.

In realtà, la verità è occultata nei 25mila conti correnti cifrati dello IOR, ai quali solo il direttore generale Paolo Cipriani sembra abbia avuto accesso dalla sua nomina nel 2007. Cipriani, dal canto suo, ha sempre smentito la presenza di conti anonimi nell’istituto, ma dati i precedenti è difficile non pensare che la paura di Gotti Tedeschi fosse quella di fare la stessa fine di Roberto Calvi.

 Prima della consacrazione al soglio pontificio di Papa Francesco, durante il periodo di vacanza del papato, vi sono state delle nomine nella banca vaticana che sembrano aver blindato, anziché rivoluzionato, il futuro dello IOR. Oggi presidente è l’avvocato tedesco Ernst von Freyberg, uomo più vicino al cardinale Tarcisio Bertone che a Ratzinger, che tentò di modificare le dinamiche dello IOR senza successo; nel gruppo di sorveglianza, poi, è entrato un altro fedelissimo di Bertone, il cardinale ligure Domenico Calcagno.

La rottura col passato è difficile da immaginare con uomini fedeli a Bertone perché se, come accennato prima, il 30 dicembre 2010 Papa Ratzinger aveva varato la legge pontificia antiriciclaggio n. 127, per allineare il Vaticano agli altri stati europei, con la quale istituiva anche l’Autorità di informazione finanziaria (Aif) per rendere effettiva la trasparenza dello IOR, Bertone, in seguito ad uno studio commissionato al giurista Giuseppe Dalla Torre, fece varare dal governatorato di Città del Vaticano il decreto legge 159 con il quale sono stati scavalcati i poteri assoluti papalini e aggirate le restrizioni della legge 127/10 di Benedetto XVI.

Nonostante questo, per estirpare l’erba marcia dalla banca, il cardinale viennese Christoph Schonborn ha proposto un rimedio netto: “Chiudere lo IOR e stipulare una convenzione con una banca etica”.

Ad oggi è in corso il piano rivoluzionario di Bergoglio per portare alla riforma della Curia Romana entro la fine dell’anno. Oltre a quella di Schonborn, altre voci (anonime) ventilano la possibile chiusura dello IOR: “la banca sarà preda di una grande riforma e non se ne esclude la chiusura. Anzi, non mi sorprenderei se il Papa decidesse proprio questo”. Ma insomma cosa è successo al rapporto tra Chiesa e Ior? Ha contribuito il rapporto segreto lasciato da Benedetto XVI al suo successore? La Chiesa vuole chiudere lo Ior o entrare a far parte attivamente della sfera alta di controllo?

Con ogni probabilità, Papa Francesco interverrà entro il 31 luglio, quando l’Istituto terminerà l’indagine interna sui conti dei suoi clienti. Bergoglio si sta convincendo sempre più che lo IOR, così com’è, toglie molto più alla Chiesa di quanto non le dia, in termini di immagine, credibilità internazionale, sospetti sul modus operandi. Da quanto emerge, il problema è quello di capire se sia meglio sostituire i vertici dello IOR con un sacerdote fedelissimo del Pontefice o con un manager esterno di peso, senza prima cambiare il governo vaticano e senza essere certi che un commissariamento di fatto dell’Istituto provochi per reazione una nuova ondata di rivelazioni velenose, a sfondo finanziario. Se Papa Francesco non ha ancora ricevuto il capo dello IOR dall’inizio del pontificato, è probabile che non voglia dare una legittimazione prima di aver deciso che fare della “banca”.

Un’altra fonte anonima dice: “Questa storia è finita. Il Papa interverrà, e presto. Lo IOR rischia di apparire un marchio scaduto. E siccome rappresenta il crocevia dei rapporti fra Vaticano e Stato italiano, e fra Chiesa e comunità finanziaria internazionale, diventa un problema da risolvere. E rapidamente”. Tremano i vertici finanziari vaticani alle parole di Papa Francesco che dice che Pietro non aveva un conto in banca. C’è da considerare anche che la nomina di Freyberg prima dell’esito del Conclave è traduzione di una “strategia del fatto compiuto” che non poteva non suonare indigesta a Bergoglio e ai suoi elettori, ed evidenzia ancora di più la distanza tra la strategia del Papa e quella dei vertici dello IOR. Infatti, Bergoglio non sembra interessato a nobiltà dinastiche, né tantomeno vuole assecondare a scatola chiusa nomine fatte da altri, a maggior ragione quando rappresentano quella parte della Curia, “umiliata” in Conclave. E tutto questo mentre sullo sfondo rimane un versante giudiziario minaccioso. Negli ultimi mesi i rapporti fra autorità vaticane e italiane sono stati molto intensi e l’attenzione sull’operato di alcuni personaggi dello IOR rimane altissima. In più, pare che questa volta ci sia un Papa deciso a fare pulizia e giustizia. E Papa Francesco, forte del mandato ricevuto dal Conclave, non ha paura del prezzo e dei rischi che una simile svolta comporta.

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