Chi ha rubato le terre ai Masaai?

UN CASO CENTENARIO DI INGIUSTIZIA AMBIENTALE

di Clarissa Maracci masaai

Quando si dice Kenya, il primo pensiero va ai Masaai, la tribù pastorale più famosa del mondo. I loro abiti tradizionali,  le stupende danze cerimoniali, l’indiscusso feeling con gli occidentali. In realtà, i Masaai sono solo una delle 42 tribù presenti in Kenya, ma una delle poche – insieme ai cugini Samburu – ad aver conservato uno stile di vita tradizionale. Moltissimi Masaai vivono ancora nei villaggi, badando al bestiame, loro unica fonte di sostentamento. Tuttavia, prima la colonizzazione inglese, poi il governo Kenyota, hanno estremamente impoverito questa tribù, privandola delle sue terre e costringendola a spostarsi sempre più ad ovest. Tutta l’area di Nairobi un tempo apparteneva ai Masaai, che si spostavano continuamente in cerca di nuove terre per il bestiame. Nairobi, nella lingua Maa, parlata dalla tribù, significa “il posto delle acque fredde” per via del fiume che scorre nella città e del clima relativamente rigido rispetto al resto del Paese. Lo spossessamento delle terre Masaai iniziò nel 1890, a seguito di una guerra interna alla tribù stessa: i capoclan Senteu e Lenana volevano entrambi diventare i leader spirituali della comunità Masaai (cd. Laibon ). Gli inglesi, già presenti sul territorio, aiutarono Lenana. Così, la Guerra Civile Morijo terminò con la vittoria di quest’ultimo, conosciuto come Leibon Lenana. A quel punto, Leibon Lenana dovette concedere la provincia di Nairobi e l’intera Rifty Valley agli inglesi, una concessione di 99 anni siglata con due trattati del 1904 e 1911. Sembra che il leader Lenana abbia avuto in cambio un cappello ed una torcia. Da quel momento in poi, i Masaai furono confinati nelle riserve, prima a nord e poi a sud, in una terra secca e poco fertile. Il trattato riporta testualmente “Noi sottoscritti, in qualità di Laibons dei clans dei Masai, decidiamo liberamente che il Nostro miglior interesse sia quello di spostare il nostro popolo, il nostro bestiame nelle riserve circoscritte, lontano dalla linea ferroviaria e dagli insediamenti degli Europei”. Così, i Masaai furono confinati nella provincia di Narok, una terra arida dove è difficilissimo sopravvivere. Cento anni dopo quegli accordi intercorsi tra i Masai e i coloni inglesi, questi ultimi avevano già lasciato il paese, cacciati dal movimento dei Mau Mau, capitanato da Jomo Kenyatta, che divenne 1° presidente del Kenya indipendente nel 1963. Kenyatta però, anziché restituire le terre agli originari proprietari, li trasferì alla sua famiglia e ai suoi sostenitori ( appartenenti alla sua tribù, Kikuyu ). Alcuni raccontano che per delimitare i terreni di sua proprietà, Kenyatta facesse il pieno di benzina alla sua auto “picchettando i confini della proprietà” fin dove riusciva ad arrivare con quel pieno. Dopo 100 anni, allo spirare del termine di quegli accordi, nel 2004 e 2011 i Masaai si trovarono quindi a dialogare con il Governo Kenyota, anziché gli originari sottoscrittori di tali accordi. Il Sig. in questione era Amos Kimunya Ministro dei Terreni, nominato dal Presidente Kibaki. Ovviamente, Kimunya si rifiutò di restituire le terre ai Masaai. Non c’è da stupirsi, visto che il primo e il secondo Presidente del Kenya, rispettivamente Kenytta e Kibaki, sono i due più grandi proprietari terrieri del paese, il primo con 500.000 acri (come la Provincia di Nyanza), mentre la famiglia di Kibaki possiede il 17,2% delle terre coltivabili del Kenya. Una cifra considerevole, dato che l’80% delle terre del Kenya sono aride o semiaride. Secondo la Kenya Land Alliance peraltro, il 65% delle terre coltivabili appartiene ad una ristretta cerchia di persone: il 20% della popolazione composta da 35 milioni di persone. Questo ha lasciato milioni di persone senza alcun terreno e fonti alternative di sostentamento. Il che ha costretto molte tribù a lasciare il villaggio per agglomerarsi nei pochi centri urbani in condizioni a dir poco precarie. Molti Masaai, ridotti alla povertà, hanno dovuto abbandonare la vita pastorale per cercare un salario in città: a Nairobi, i guerrieri vengono chiamati “watchi” lo slang per dire “guardiani”. Moltissimi sono infatti impiegati nella sicurezza delle abitazioni e dei posti pubblici, visto l’alto tasso di furti e rapine. Un lavoro che mette continuamente a repentaglio la loro vita, non potendo il loro arco, nonostante il coraggio, competere con un’arma automatica. Gli altri, dediti al turismo, rappresentano comunque la tribù più affidabile e responsabile del Kenya. I Masaai non sono dediti al crimine, all’alcool e alle droghe. Lavorando come guide turistiche, i giovani guerrieri Masaai accompagnano i turisti nei loro villaggi per vedere la tradizionale danza e le cerimonie durante le quali si beve il sangue bovino. Attualmente, i Masaai sono appena 1 milione di persone: 500.000 in Kenya e 600.000 in Tanzania. Vivono in un’area compresa al confine di questi due Paesi. Hanno cercato di manifestare per ottenere le loro terre in diverse occasioni, a partire dal 1962 durante la Conferenza Costituzionale del Kenya presso la Lancaster House e durante la stesura della nuova Costituzione del Kenya ( appena entrata in vigore). In ogni occasione, i Masaai sono stati ignorati.   foto di Luca Burattini

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