CADUTO DALLA CITTADELLA – ANCONA – di Giampaolo Milzi – C’è anche la Magistratura a prendersi cura dell’elegante stemma papalino ottocentesco che da oltre due anni non fregia più il Bastione Gregoriano della Cittadella, ad Ancona. Merito dei carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale (Ntpc) che una ventina di giorni fa hanno presentato una denuncia all’ente Regione Marche, proprietario della preziosa scultura, confinata – dopo che nell’estate 2014 si era distaccata dalla imponente fortificazione del XVI secolo – in un locale a piano terra della sede istituzionale del massimo ente locale a Palazzo Raffaello. I carabinieri segnalano i nominativi di due funzionari della Regione, per violazione di ben due ordinanze emesse dalla Soprintendenza regionale alle Belle arti e paesaggio, una subito dopo la caduta dello scudo in pietra nell’erba sottostante, l’altra nell’estate scorsa. Il reato indicato nell’atto di denuncia è la reiterata violazione dell’art. 180 del decreto legislativo n° 42 del 2004, che punisce chi, in quanto appunto proprietario del bene culturale vincolato, non provvede a tutelarlo e, in questo caso, a riposizionarlo nella sua collocazione originale.
Ma torniamo all’inizio dell’estate 2014, quando l’opera in pietra era precipitata giù dalla parete del bastione della grande struttura militare, realizzata su progetto dell’architetto Antonio da Sangallo il Giovane a partire dal 1532 per volere di papa Clemente VII. Il fatto aveva attirato l’attenzione di alcuni cittadini, i quali avevano lanciato un sos, raccolto da Ntpc e Soprintendenza. Quest’ultima aveva ordinato alla Regione un suo preciso obbligo: ricollocare al più presto lo stemma sulle mura, quelle del bastione riedificato nel 1841 su ordine di papa Gregorio XVI (da qui il nome di Bastione Gregoriano), in sostituzione del precedente, più piccolo e danneggiato fin dal 1815, denominato “Cavaliere a Basso”. Ma tant’è. Il 14 agosto 2014 l’ente Regione si era limitato solo a recuperare il reperto artistico e a custodirlo “in casa”. Poi l’oblio. Un reperto di pregio, da salvaguardare e valorizzare per legge, questo grande scudo araldico bipartito: con a sinistra il simbolo della congregazione camaldolese, e a destra quello della famiglia del pontefice Gregorio, al secolo Bartolomeo Alberto Cappellari. Subito sotto campegga ancora sulla murata la targa che in latino commemora, appunto, il diffuso restauro della rocca anconetana, con il ripristino di cunicoli e terrapieni e la ricostruzione del bastione, cui sovraintese nel XIX secolo il cardinale Aloisio Lambruschini.
“Lo conosco quello stemma, è come se ci guardasse per stimolarci ad intervenire”, aveva confessato al nostro Urlo l’assessore regionale al Patrimonio, Fabrizio Cesetti (vedi n° 232/giugno 2016, ndr.). L’assessore aveva poi concluso con la promessa di farlo tornare al suo posto storico. Ma senza sbilanciarsi sui tempi dell’operazione.
Tempi evidentemente considerati troppo lunghi dai carabinieri. Con conseguente denuncia. Va sottolineato che l’atto giudiziario contiene una sorta di pre-ipoesi sul tipo di violazione d’ordine penale. Starà infatti al sostituto procuratore che ha aperto il relativo fascicolo coordinare eventuali nuovi accertamenti, definire e formalizzare ipotesi di reato e probabili soggetti indagati.
(articolo tratto da Urlo-mensile di resistenza giovanile)