DALLA CAPPELLA DI S.MARIA DI VICO – ANCONA – di Giampaolo Milzi – La devozione dei Ferretti per Santa Valeria martire, di cui le reliquie sono state trafugate due volte e infine sparite, affonderebbe le radici in un passato lontanissimo, forse al XIII secolo. Nel 1255 infatti Antonio Ferretti – riconosciuto come capostipite di una casata antichissima originaria dell’Alsazia – venne dalla Germania in Italia al servizio di papa Gregorio IX, dal quale fu ricompensato con il dono di ampi possedimenti terrieri tra Falconara e Chiaravalle, ed elesse come proprio domicilio Ancona. Successivamente un ramo della famiglia della “Gente Ferretta” sarebbe passato per Ravenna, dove si stabilì, stando a un ipotesi del nostro consulente Barbone.
A Ravenna, nel III secolo d.C., fu ucciso e martirizzato San Vitale, marito di Santa Valeria. Secono il sito web www.santodelgiorno.it, la pia Valeria – celebrata il 28 aprile –
“avrebbe desiderato portare con sè il marito morto alle porte di Ravenna, ma i cristiani del luogo glielo impedirono. Quindi si mise in viaggio per Milano. Ma incontrati dei contadini pagani e rifiutatasi di rimanere con loro facendo sacrifici agli dei, venne così violentemente percossa che morì dopo qualche giorno”.
La frazione di Varano non è nuova ad episodi legati all’occultismo. Alla fine degli anni ’80 fu ritrovata la testa di un animale mozzata, abbandonata ai margini di una strada dopo essere stata usata in un rito satanico. Alcuni varanesi riferiscono casi frequenti di strani riti e pratiche di sortilegio in una vecchia casa colonica immersa in un boschetto, nei pressi di altre case di campagna e lungo la strada che da Varano porta alla località Angeli.
Un altro capitolo oscuro riguarda i reiterati furti e atti di vandalismo e danneggiamento commessi dai soliti igniti all’interno del palazzo genitilizio. In una occasione è stata completamente divelta la bella pavimentazione in coccio della sala da pranzo al pian terreno. Quattro anni fa ancora una denuncia, relativa all’impossessamento da parte dei ladri di alcune vecchie armi. La signora Iolanda: “Abbiamo segnalato ai carabinieir tutti i vari episodi di microcriminalità, con l’elenco e la descrizione dei beni sottratti e dei danni. Ho passato le pene dell’inferno, per anni e anni, e così, mi pare nel 2004, abbiamo decido di portar via con noi gli oggetti e gli arredi più preziosi, soprattutto mobili”. E di vendere il palazzo. Ben chiuso, ancora bellissimo, valutato circa 800mila euro, la sorella della signora Iolanda ha contattato varie agenzie. Ma senza alcun esito. Fabrizio Antonielli, marito di Iolanda: “Continuiamo a tenerlo sul mercato, ma vista la crisi che c’è, e i soldi da spendere per rimetterlo in sesto, abbiamo poche speranze di trovare un compratore. Noi non abbiamo risorse per ristrutturarlo, nè per mettere in sicurezza la chiesa, dove per tante estati abbiamo sostituito lucchetti e serrature all’ingresso. Uno sforzo inutile, perché, come ci avete confermato, il portone è semisfondato e aperto da mesi. Ogni volta che torniamo, lo faremo questa estate, ci si spezza il cuore – proseguono nel loro moderato sfogo i coniugi con la moglie – Lì ci sono i nostri nonni e bisnonni…”.
(articolo tratto da Urlo-mensile di resistenza giovanile)