Ghostbusters (2016), la recensione

PENSATO PER LE NUOVE GENERAZIONI, STRIZZA L’OCCHIO ALL’ORIGINALE, SI DISTINGUE PER LA BIZZARIA MA NON TROVA LA SUA STRADA

di Alessandro Faralla (Responsabile Cultura e Spettacoli F&D)

Ghostbusters femminile

Alla fine si sono mostrate al pubblico le nuove acchiappafantasmi. Perché poi questo conta: al di là delle polemiche, del sabotaggio, dell’essere prevenuti un prodotto come l’opera cinematografica deve essere vista e giudicata.
Di certo, dicevamo, non è stato facile per questo Ghostbusters l’avvicinamento alla sala: su YouTube il trailer del film è quello con il maggior numero di non mi piace.

Il regista Paul Feig (Spy, Le Amiche della Sposa) oltre ad assemblare il team con due attrici di fiducia come Melissa McCarthy e Kristen Wiig tenta di dare una rinfrescata al mito inserendo gli elementi classici dell’originale: la presenza della caserma dismessa dei pompieri e naturalmente New York, città quasi per copyright sede di avvistamenti e sventure.
Se pensate che la presenza di
un team al femminile possa in qualche modo essere l’immagine di un’affermazione di parità dei sessi nella società e nel lavoro siete fuori strada: Paul Feig gioca molto con gli stereotipi e i luoghi comuni: l’accademica Erin Gilbert sbava letteralmente dinanzi al faccino e al corpo statuario del loro segretario palesemente tontolone interpretato buffamente (riuscito) da Chris Hemsworth.

Il Ghostbusters del 2016 si fonda sul bizzarro: dalle situazioni più ordinarie come le consegne del cibo d’asporto al rapporto con le istituzioni, rappresentati in modo grottesco da profili altrettanto grotteschi. Paul Feig non cerca di imitare il cult di Ivan Reitman ma nemmeno trova il proprio percorso: forse ci prova basando tutto su sketch esilaranti ma troppo spesso fine a sé stessi. Non è un difetto, specie per le commedie, prendersi poco sul serio: il problema è non avere una direzione, una sinergia nel farlo.
Ecco, Ghostbusters più che costruire si lascia trasportare dall’estemporaneo, contraddistinto da momenti spassosi e frizzanti identificabili nel personaggio di
Jillian Holtzmann, l’acchiappafantasmi ingegnere nucleare decisamente effervescente e con una personalità intrigante interpretato dalla vera sorpresa del film: Kate McKinnon. Anche l’altro componente del team, Patty Toland (Leslie Jones) fa il proprio dovere aderendo senza sussulti al ruolo; altro appunto: manca proprio la componente trascinante, una sana irriverenza in pieno stile Paul Feig.

Persino i camei di Bill Murray, Ernie Hudson e Dan Aykroyd sono piatti, sbiaditi (ok non farli diventare più di semplici omaggi ma neanche fantasmi).

Il cuore del nuovo Ghostbusters è identificabile nelle figure e nel rapporto tra Abby Yates (Melissa McCarthy) e Erin Gilbert (Kristen Wiig); due donne, due scienziate, studiose del paranormale da tempo in cerca di un riconoscimento, sempre sfuggito perché, seppur con percorsi diversi, il mondo le ha giudicate fondamentalmente come inadatte, un po’ losers, ai margini di una piena realtà. Troveranno quell’unione, quell’affermazione di sé anche attraverso l’altra in un finale apprezzabile anche dal punto di vista visivo.

In sintesi evitando inutili paragoni col mitico e inarrivabile Ghostbusters del 1984, il film di Paul Feig è una discreta evasione estiva con svariati tentennamenti.
Staremo a vedere se ci sarà spazio per nuove avventure.

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