San Valentino e amore criminale

​QUANDO L’AMORE E’ OLTRE IL CONFINE DELL’ACCETTABILITA’
Di avv. Fabiana Latte
E’ appena passato il girono degli innamorati, in qualsiasi forma l’amore si manifesti non può essere mai violento. Può essere imponente, potente e irresistibile ma ciò che deve escludersi dall’amore è l’amore malato. Semplicemente non è amore.
Ci sono diverse forme per amare qualcuno, ma tutte portano ad un solo epilogo: avere cura della persona che è al nostro fianco senza imporgli il nostro egoistico volere. Che sia essa un genitore, un figlio o il proprio partner o marito.
Amore è quanto prima rispetto verso se stessi e, come conseguenza, rispetto verso l’altro. Quando una delle due componenti manca, questo non può chiamarsi amore. Si può chiamare dipendenza affettiva o possessione.
Entrambi gli estremi portano ad ulteriori condizioni esasperanti che spesso sfociano in situazioni fuori dalla logica, dal comune pensiero o dalla mera razionalità.
L’eros e la gelosia che può mutare in vera e propria ossessione. La convinzione e l’ossessione che il nostro fulcro del desiderio ci tradisca o che, in ogni caso, sfugga al nostro controllo.
Eros e thanatos, sono sentimenti e passioni che possono innescare e dare vita ai peggiori istinti umani. La malattia dell’altro. Chi uccide ama la sua vittima, la ama anche mentre la uccide. Questo è più logorante di qualsiasi altro dramma. Non si controlla la rabbia dopo un tradimento o la depressione dopo l’abbandono. Ci si sente impotenti e rifiutati.
Ma quando tutto questo diviene incontrollabile non può più definirsi amore, tantomeno genuino. E’ amore crudele, folle, estremo e disperato ove l’omicidio è l’estrema conseguenza. Tutti i giorni la cronaca nera è densa di queste notizie che lasciano basiti.
“L’amava e l’ha uccisa”. “L’amava e l’ha sfigurata per tutta la vita”. “Eppure l’amava”.
Sono solo alcuni esempi. Ma se ci soffermassimo a pensare che l’amore malato esiste da sempre, ci potremmo rendere conto che quello che stiamo vivendo è nient’altro che il ripetersi di storie già note.
L’amore malato non conosce età o epoca storica.
Otello era malato, così come lo sono tutti gli “Otello” dei nostri giorni e se ci pensate bene, anche la dinamica dei fatti si ripete. Come la storia. L’uomo (inteso come essere umano) che per raptus (per chi crede che esista) o con premeditazione, arriva a compiere atti diretti proprio verso la persona che si considera proprio compagno/a o proprio amato e si manifestano con violenze (di ogni tipo e grado) quasi a ristabilire l’equilibrio dell’ego ferito o frustrato.
L’amore malato, al pari dell’amore, non conosce sesso.
In passato si parlava solo e soltanto di “delitto di onore” compiuto dagli uomini per punire le condotte “disonorevoli” delle donne che nel Codice Rocco, costituiva (addirittura) una circostanza attenuante. Oggi, fortunatamente, da un lato le donne hanno trovato (seppur ancora con molta fatica) una tutela contro tali crimini o quanto meno un trattamento non discriminatorio. Ma allo stesso tempo e dall’altro lato, non sono solo le donne le vittime di queste violenze. Forse si sentono in percentuale inferiore ma tra i tanti episodi, continuano a risuonare nella mente i nomi di Pietro Barbini e William Pezzullo. Hanno in comune una storia d’amore finita e l’epilogo più terrificante: entrambi sfigurati con l’acido. Ne sentiamo parlare poco. Ma l’amore malato è anche donna.
Ricorre, ancora una volta, l’espressione “Eros e Thanatos” ma a parti invertite: la morte che riporta l’unità che si stava perdendo in vita o l’umiliazione e la violenza verso l’altro come trasposizione del dolore che prova l’aguzzino. Una sorta di compensazione, dunque.
Se è criminale, non è amore.
Ed è questo il vero significato. Quando l’amore sfocia in ossessione, gelosia eccessiva, possessione e trova le relative manifestazioni anche in atti di violenza, sappiate che ciò non può essere assolutamente amore. Non giustificate, non permettete che il vostro amore si trasformi in qualcosa che vi faccia dimenticare di quanto amore dovete riservare e sempre avere per voi stessi.
Vi lascio, come sempre, con una frase che sia da spunto di riflessione.
“Conosco un paio di coppie che funzionano. Ma funzionano sul serio, nel senso che vedi due persone felici, che condividono tutto, dalle preoccupazioni dal conto in banca al tovagliolo a tavola, pur mantenendo le rispettive identità, amicizie, passioni. Persone che si amano e che ridono molto, che vivono una vita insieme continuando a tifare l’uno per la vita dell’altro. Che non si sentono monche se l’altro non c’è, ma con un braccio in più se l’altro c’è. Io la felicità l’ho vista lì. Il resto, ossessioni, ansie, struggimenti, sono robe che hanno a che fare con l’affanno. L’amore felice non si affanna. L’amore felice respira lentamente, a pieni polmoni. Avrei dovuto capirlo, quando mi credevo felice col fiato corto”.

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