Reddito di cittadinanza: difetti e opportunità

L’ANALISI DELL’ESPERTO

di Chiara Capici (Consulente del Lavoro)

unknownIl Consiglio dei Ministri il 17 gennaio 2019 ha approvato il decreto collegato alla Legge di Bilancio 2019 che disciplina il “Reddito di Cittadinanza”.

Reddito di cittadinanza e quota 100 non sono ancora legge, ma il decreto che li istituisce, avrà effetto non appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale.

Il presente articola si pone l’obiettivo di analizzarne le caratteristiche attuali principali, premettendo che fino alla data di pubblicazione in Gazzetta del decreto lo stesso è suscettibile di modifiche.

Il R.d.C. è una misura di inserimento o reinserimento nel mondo del lavoro, di contrasto alla povertà, alle disuguaglianze e all’esclusione sociale, come in precedenza il SIA (supporto per inclusione attiva – L. 208/2015) e il REI (reddito di inclusione sociale – D.Lgs. 147/2017).

Il reddito di cittadinanza sarà riconosciuto a tutti i nuclei familiari che, al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata dell’erogazione del beneficio, risulteranno in possesso di una serie di requisiti.

Il richiedente dovrà essere un soggetto maggiorenne del nucleo familiare e che dovrà essere necessariamente in possesso di cittadinanza Italiana o di quella di un paese dell’Unione Europea.

Il richiedente potrà anche essere un familiare del possessore della cittadinanza purché titolare di permesso di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ma anche in possesso della cittadinanza di un Paese terzo che abbia un permesso di soggiorno dell’Unione Europea per soggiornanti di lungo periodo.

Inoltre, il componente del nucleo familiare che presenterà domanda di RdC dovrà essere residente sul territorio italiano da almeno 10 anni, di cui almeno gli ultimi 2 in maniera in continuativa, sia al momento della domanda sia durante tutto il periodo di erogazione del beneficio.

Vediamo quali sono invece i requisiti reddituali e patrimoniali, sicuramente molto dettagliati:

L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) del nucleo familiare dovrà avere un importo che risulti inferiore a 9.360 euro.

l patrimonio immobiliare, definito a fini ISEE e diverso dalla casa di abitazione, non dovrà essere superiore a 30.000 euro;

Il patrimonio mobiliare, definito a fini ISEE, non dovrà superare i 6.000 euro, accresciuto di:

– 2.000 euro per ogni componente del nucleo familiare successivo al primo, per un massimo di 10.000 euro;

– 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo;

– 5.000 euro per ogni componente del nucleo con disabilità, definita a fini ISEE.

Il reddito familiare non dovrà essere superiore a 6.000 euro annui, da moltiplicare per il corrispondente parametro della scala di equivalenza (1 per il primo componente del nucleo familiare, incrementato di 0,4 per ogni altro componente maggiorenne e di 0,2 per ogni altro componente minorenne, fino ad un massimo di 2,1). Questo importo sarà pari a:

– 7.560 euro nel caso della pensione di cittadinanza, prevista per i nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di almeno 67 anni, da adeguare agli incrementi della speranza di vita;

– 9.360 euro qualora l’abitazione di residenza del nucleo familiare sia in locazione.

Infine, nessun componente del nucleo familiare dovrà risultare intestatario, o avere piena disponibilità di:

– autoveicoli che siano stati immatricolati per la prima volta nei sei mesi precedenti la presentazione della domanda;

– autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc o motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, che siano stati immatricolati per la prima volta nel corso dei due anni precedenti la presentazione della domanda;

– navi e imbarcazioni da diporto.

Restano esclusi da quest’ultimo requisito tutti quegli autoveicoli e motoveicoli per i quali sia prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità.

Sottolineiamo infine che il decreto legge prevede espressamente un caso di esclusione dal beneficio, ossia il caso di componenti del nucleo familiare che abbiano presentato dimissioni volontarie, tranne nel caso di dimissioni per giusta causa.

In tal caso il beneficio non potrà essere richiesto nei 12 mesi successivi alle dimissioni stesse.

L’importo della misura è compreso tra un minimo di Euro 480 e 9.360 Euro per un periodo non superiore a 18 mesi.

Al fine del riconoscimento del RdC il beneficiario dovrà sottoscrivere il “Patto per il lavoro” o per l’inclusione sociale, partecipare alle iniziative formative proposte e non potrà rifiutare almeno una delle offerte di lavoro ritenute congrue e proposte dai Centri per l’Impiego o da soggetti privati autorizzati.

I soggetti beneficiari di RdC saranno aiutati nella ricerca del lavoro dai così detti “navigator”.

Ma quando l’eventuale offerta di lavoro si può ritenere congrua?

Una prima definizione di congruità si può rinvenire partendo dalla normativa sull’assegno di ricollocazione.

Il decreto ha in parte modificato ed in parte integrato le disposizioni dell’art. 25 D.Lgs. 150/2015 che affermava si dovesse provvedere alla definizione di offerta congrua basandosi sui seguenti criteri:

  • Coerenza con esperienza e competenza maturata;

  • Distanza dal domicilio e tempi di trasferimento;

  • Durata della disoccupazione;

  • Retribuzione superiore almeno il 20% rispetto all’indennità del mese precedente (senza considerare eventuali erogazioni dei fondi di solidarietà).

Il decreto legge collegato alla Legge di Bilancio 2019 ha previsto che la congruità è definita “anche con riferimento alla durata di fruizione del beneficio del reddito di cittadinanza”.

Inoltre è definita congrua un’offerta come riassumibile nella Tabella predisposta dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Il processo di attuazione vera e proprio del reddito di cittadinanza, in tutti i suoi aspetti si potrà dire concluso una volta che tutti gli attori interessati avranno portato a termine tutto ciò che viene demandato loro dal decreto legge e saranno pienamente operativi e coordinati tra loro.

Sicuramente un’operazione che può essere soggetta a molti rischi, solo per citarne alcuni quello di comportamenti opportunistici da parte di imprese che potrebbero abbassare i salari reali, magari illecitamente, rassicurate dal fatto che lo Stato ripianerà la differenza con il RdC, oppure il rischio di persone che percepiscono il RdC pur avendo un lavoro magari trovato con il percorso di reinserimento lavorativo.

Infine un’attenzione particolare al paradosso degli incarichi di collaborazione per i navigator, ossia, come anticipato sopra, i tutor che avranno il compito di guidare verso il lavoro chi percepisce il nuovo aiuto economico.

Per questa nuova figura le norme prevedono una selezione pubblica con le professionalità necessarie da parte dell’ANPAL.

Le assunzioni dei navigator sono stimate in circa 10.000 divisi tra ANPAL e Centri per l’Impiego.

La difficoltà dei tempi tecnici necessari per l’invio della domanda, la selezione, i corsi di formazione fanno sì che sia difficile ipotizzare il loro ruolo, ritenuto così cruciale nella misura, sia operativo sin da maggio prossimo come previsto e soprattutto, i Centri per l’Impiego sono pronti a questa rivoluzione?

Concludiamo dicendo che la strada verso il RdC è una strada tortuosa e ricca di insidie e che per questo andrà fortemente monitorata e corretta nel caso in cui ne si rivelino le criticità.

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