Non possiamo andare oltre.

contributo a cura di Natalino Pierpaolimarkus-spiske-r1bs0pzlr1m-unsplash

Per oltre 3 miliardi di anni le interazioni tra la geosfera e biosfera, ossia tra la materia inerte non vivente, il flusso di energia della Terra (il clima) e tutti gli organismi e ecosistemi viventi, hanno controllato le condizioni ambientali globali. Lo stato del sistema Terra cambiava quindi in risposta alle forzanti generate da perturbazioni sia esterne che interne, come ad esempio il flusso della radiazione solare, l’impatto di asteroidi, la tettonica e il vulcanismo oppure per effetto dei processi evolutivi nella biosfera, come la fotosintesi e la comparsa e diffusione delle piante vascolari.
Sebbene il nostro pianeta abbia quindi attraversato molti periodi di significativi cambiamenti ambientali nel corso della sua lunga storia, l’ambiente degli ultimi 10.000 anni è rimasto tutto sommato stabile. Questo insolito periodo di stabilità, che i geologi conoscono come Olocene, l’epoca in cui viviamo (che caratterizza la seconda parte del periodo Quaternario), ha  innegabilmente visto la nascita, lo sviluppo e la prosperità delle civiltà umane. Difatti, durante l’Olocene, i cambiamenti ambientali si sono verificati in modo naturale e la capacità di regolamentazione della Terra ha mantenuto quelle condizioni che hanno poi consentito lo sviluppo umano. Le temperature regolari (dal Neolitico, ossia da 9.000 anni dal presente, fino al periodo industriale la temperatura media superficiale globale è variata di ±0,5°C), la disponibilità di acqua dolce e i flussi bio-geochimici sono rimasti tutti entro un intervallo relativamente ristretto.
Tutti questi dati permettono di stabilire, a ragion veduta, come l’Olocene rappresenti uno stato di riferimento dei cosiddetti “confini planetari” per un pianeta stabile e adattivo. Questi confini definiscono una sorta di livello di sicurezza per la sopravvivenza e la prosperità della nostra e di altre specie rispetto al sistema Terra. Essi sono naturalmente associati ai sottosistemi e ai processi biofisici del pianeta. Sebbene i complessi insiemi del nostro pianeta a volte rispondano agevolmente ai cambiamenti di pressione, sembra che questa non sia una regola quanto piuttosto un’eccezione.
Difatti molti sottosistemi reagiscono in modo non lineare, spesso in maniera brusca e non prevedibile, essendo particolarmente sensibili quando sono vicini ai livelli di soglia di alcune variabili chiave. Se questi livelli di soglia venissero superate, importanti sottosistemi, come ad esempio un sistema monsonico, potrebbero passare a un nuovo stato, con conseguenze deleterie o potenzialmente disastrose per gli esseri umani. Come detto, per miliardi di anni le forme di vita hanno contribuito a modellare il proprio ambiente. Il bilancio energetico della Terra e le sue interazioni con trilioni di specie viventi sono il principale determinante delle condizioni ambientali.
Sappiamo benissimo che una specie, la nostra, è stata ed è estremamente brava a modificare il proprio ambiente per adattarlo alle proprie esigenze. Il problema è che ormai è diventata fin troppo brava. Abbattiamo foreste, “smontiamo” montagne per raggiungere giacimenti minerari, cementifichiamo il suolo a velocità pazzesche, consumiamo quantità enormi d’acqua, peschiamo interi mari, creiamo e facciamo largo uso di sostanze chimiche e immettiamo nel nostro sistema Terra imponenti quantità di nutrienti provenienti dai fertilizzanti. Queste e molte altre “modifiche” da noi operate stanno minando il nostro stesso “supporto vitale” su cui
facciamo affidamento.
I confini planetari individuati sono 9 e sono stati descritti per la prima volta da Johan Rockstrom (università di Stoccolma – Stockholm Resilience Centre) e da un nutrito gruppo di ricercatori al suo seguito, in uno studio pubblicato nel 2009 sulla rivista scientifica Nature.
Nello specifico, questo è l’elenco:

  • Cambiamenti climatici;
  • Integrità della biosfera;
  • Uso del suolo;
  • Uso dell’acqua dolce;
  • Ciclo biogeochimico (azoto e fosforo);
  • Acidificazione degli oceani;
  • Rilascio di aerosol in atmosfera;
  • Perdita dell’ozono stratosferico;
  • Nuove entità (prodotte dall’uomo)

Già da allora era emerso che tre dei nove confini planetari erano stati superati.
Nel settembre 2023 è stato pubblicato un nuovo studio che rappresenta il terzo aggiornamento del quadro generale nel quale vengono quantificati tutti e nove i processi che regolano la stabilità e la capacità di rimanere in equilibrio del sistema Terra. Se i confini sono stati ormai superati e la pressione sta aumentando su tutti i processi che
portano ai limiti di soglia, ad eccezione dell’ozono, che è in controtendenza grazie ad una efficace e rapida risposta (l’annullamento ad esempio delle emissioni di CFC, i
clorofluorocarburi, fortemente dannosi per l’ozonosfera).

Nuove prove scientifiche hanno consentito agli scienziati di quantificare il limite di soglia per questi confini tra i quali anche quelli che, secondo lo studio, non sono stati ancora superati nonostante l’aumento della pressione. In questo nuovo documento è stato inoltre utilizzato un nuovo approccio per valutare l’integrità della biosfera, dal quale è emerso che questo confine è stato già oltrepassato alla fine del XIX, con un sostanziale incremento a partire dalla seconda metà del secolo scorso. Difatti a partire dagli anni ’60, la crescita della popolazione globale e quella dei consumi ha ulteriormente accelerato l’uso del territorio (consumo di suolo e agricoltura industriale), spingendo il sistema ulteriormente oltre la zona di crescente rischio.
Occorre pertanto ricordare che le posizioni dei confini planetari non delimitano né prevedono spostamenti di soglia singolari nello stato del sistema Terra, mentre invece sono posti a un livello in cui le prove disponibili suggeriscono che un’ulteriore perturbazione del processo individuale potrebbe potenzialmente portare a un cambiamento planetario sistemico, alterando e rimodellando radicalmente le dinamiche e i modelli spaziotemporali delle interazioni geosfera-biosfera e i loro feedback.
Attualmente, le perturbazioni antropiche dell’ambiente globale vengono ancora affrontate principalmente come se fossero questioni separate, ad esempio il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità o l’inquinamento. Questo approccio, tuttavia, ignora le interazioni non lineari di queste perturbazioni e i conseguenti effetti aggregati sullo stato complessivo del sistema Terra.

I confini planetari portano una comprensione scientifica degli impatti ambientali globali di origine antropica in un quadro che richiede di considerare lo stato del sistema Terra nel suo insieme. Insomma, un mondo complesso e soprattutto intimamente relazionale senza alcuno schema lineare, quindi dovremo del tutto abbandonare l’idea di considerarlo come formato da “compartimenti” singolari e non interagenti.
È arrivato il momento di fermarci e riflettere a fondo e agire di conseguenza, cambiando radicalmente il nostro approccio di interazione col sistema Terra.
Riprendendo la frase di un post che ho recentemente scritto sui social-media, l’uomo non può soggiogare la Terra, né può dominare “sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e sopra ogni animale che si muove sulla terra”, giacché siamo né più né meno che un piccolo tassello in questo straordinario e complesso puzzle relazionale che è la vita nel nostro pianeta.

Per la nostra specie e per il nostro ecosistema è assolutamente una questione vitale. Questa riflessione ci permette inoltre di affermare chiaramente che, sul piano politico, il capitalismo nella sua ultima accezione neoliberista non può che essere un sistema deleterio per il nostro sviluppo futuro, avendo pienamente dimostrato il suo ruolo devastante nell’accelerare la spinta verso i punti critici dei confini planetari.
Per questo considero innovative le seguenti parole, pur se scritte in tempi in cui la questione non era nemmeno conosciuta, citandole ogni volta quasi fossero profetiche:
«L’essenza umana della natura esiste soltanto per l’uomo sociale: infatti soltanto qui la natura esiste per l’uomo come vincolo con l’uomo, come esistenza di lui per l’altro e dell’altro per lui, e così pure come elemento vitale della realtà umana, soltanto qui essa esiste come fondamento della sua propria esistenza umana.»

 

Riferimenti:

https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.adh2458
https://www.stockholmresilience.org/planetary-boundaries
https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.est.1c04158
https://www.nature.com/articles/461472a
https://www.nature.com/articles/s41586-021-03984-4
https://www.nature.com/articles/s41893-023-01064-1
https://www.nature.com/articles/s41586-023-06083-8

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