No Tav, 30 persone incappucciate assaltano il cantiere. Per Alfano “Potevano e forse voleva uccidere”

TORINO, 15 MAGGIO ’13 – “Lo Stato non si fa fermare da alcuni delinquenti che stanotte potevano uccidere e che forse volevano uccidere” parola del ministro dell’Interno Angelino Alfano al termine del vertice sulla Tav in prefettura. Alfano ha commentato così l’assalto dell’altra notte all’area di scavo della Tav di Chiomonte. Una trentina di persone incappucciate avrebbero lanciato molotov contro gli agenti che presidiano il cantiere ma sul posto sarebbero stati trovati anche un compressore incendiario, lucchetti dei cancelli chiusi per impedire la fuga a chi controlla il cantiere dall’interno, e un mortaio artigianale. I danni devono ancora essere valutati. L’assalto sarebbe durato un quarto d’ora, le persone incappucciate si sarebbero materializzate nei boschi e avrebbero lanciato razzi, molotov e fumogeni. Alcuni sarebbero riusciti ad entrare e dare fuoco ad un compressore prima di sparire nella boscaglia. Secondo gli inquirenti il blitz è stato messo a segno da anarchici ambientalisti, che si battono anche contro il passaggio di treni con scorie nucleari. In diversi da tutta Italia avrebbero raggiunto la Valle e messo a segno due azioni, quella del 13 maggio scorso e un’altra il 7 maggio lanciando pietre contro un operaio che usciva dal cantiere. Nessuno è stato ancora individuato. In prefettura Alfano ha detto che sono tre le decisioni prese: “Si amplia l’area di rispetto per proteggere il cuore dell’opera; ci sarà un potenziamento della vigilanza per lavoratori e maestranze e infine, sarà costituita immediatamente una task force comune governo nazionale-territori”.

ELEONORA DOTTORI

D: Quali reati potrebbero configurarsi?

R:La resistenza a pubblico ufficiale, prevista dall’art. 337 c.p., punisce con la reclusione da sei mesi a 5 anni chiunque usa violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale, o ad un incaricato di un pubblico servizio, mentre compie un atto d’ufficio o di servizio. Viene punita anche la resistenza passiva.
Il reato di 
violenza o minaccia a pubblico ufficiale, previsto dall’art. 336 c.p., punisce chiunque usa violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri, o ad omettere un atto dell’ufficio o del servizio, con la reclusione da sei mesi a cinque anni.
La pena è della reclusione fino a tre anni, se il fatto è commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque, su di essa.

Il reato contravvenzionale di getto pericoloso di cose, previsto dall’art. 674 c.p., punisce con l’arresto fino ad un mese o con l’ammenda fino a € 206, chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo.
Da ultimo, il reato di
 fabbricazione o detenzione di materiale esplodente, previsto dall’art. 435 c.p., punisce con la reclusione da uno a 5 anni chiunque, al fine di attentare alla pubblica incolumità, fabbrica, acquista o detiene dinamite o altre materie esplodenti, asfissianti, accecanti, tossiche o infiammabili.

D: Quali elementi devono emergere perché possa configurarsi il reato di associazione con finalità di terrorismo?
R: L’associazione con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico è disciplinata dall’art. 270bis c.p. Viene punito con la reclusione da sette a 15 anni chiunque promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti terroristici o di sovvertimento dell’ordine democratico. Il partecipe invece viene punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Viene punita la messa in pericolo per l’ordinamento democratico dello Stato. La stessa finalità di terrorismo viene considerata anche quando gli atti di violenza sono rivolti verso uno stato straniero o un organismo internazionale.
D: Quale condotta caratterizza il reato di tentato omicidio e quali sono le differenze fra reato tentato e reato consumato? Potrebbe configurarsi in questo caso almeno nelle forme del dolo eventuale?
R:
  L’omicidio volontario, previsto dall’art. 575 c.p., punisce genericamente chi cagiona la morte di un uomo con la reclusione non inferiore ad anni 21. Sono poi previste una serie di aggravanti che comportano l’applicazione dell’ergastolo.
Il reato si dice doloso quando l’evento che è il risultato dell’azione o dell’omissione è previsto dall’agente e voluto come conseguenza della sua azione o omissione. Questo è il dolo intenzionale o diretto. Vi sono poi ipotesi più sfumate di responsabilità punita a titolo di dolo, cui in genere corrisponde un trattamento sanzionatorio diverso, come il dolo eventuale, ove si punisce l’aver accettato il rischio del verificarsi di un determinato evento ipotizzato dall’agente come possibile conseguenza della sua azione.
Il reato si dice consumato quando giunge a compimento rispetto a tutti i suoi elementi caratterizzanti.
Il tentativo consiste nel compiere atti idonei a portare a compimento un fatto delittuoso, laddove però l’azione non si compie nella sua interessa o l’evento non si verifica (ad esempio si colpisce una persona con un coltello al cuore per ucciderla, ma la stessa non muore). Per il tentativo la pena del reato principale viene ridotta da un terzo a due terzi.

AVV.TOMMASO ROSSI

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