Negata la cresima al figlio del boss Graviano

MICHELE, 17 ANNI, LICEALE NON POTRA’ RICEVERE IL SACRAMENTO IN NOME DI DON PUGLISI

di avv. Tommaso Rossi (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni)

UnknownÈ notizia di un paio di giorni fa, ma solo oggi sulla bocca di tutti i Tg,
che l’Arcivescovo di Palermo Paolo Romeo avrebbe negato il sacramento della Cresima a Michele Graviano.

Michele Graviano è un ragazzetto di 17 anni che va a scuola, va a scuola in un liceo diretto dai Gesuiti. Michele è un figlio che non ha mai avuto un papà in casa, che lo crescesse e gli insegnasse la strada. Per sua fortuna.

Il papà di Michele è Giuseppe Graviano, boss all’ergastolo in regime di 41 bis da prima che Michele nascesse, riconosciuto dalla giustizia italiana come boss mafioso mandante dell’uccisione di Don Pino Puglisi, il prete antimafia che pagò con la vita le sue battaglie.

Ieri Michele avrebbe dovuto fare la Cresima assieme a tutti i suoi compagni. Ma un paio di giorni prima il parroco gli ha spiegato che, no, per lui  non c’era posto tra il gruppetto dei cresimandi. L’arcivescovo è preoccupato di fare entrare il figlio di Graviano nella cattedrale dove è sepolto don Puglisi. Si rischia lo scandalo. Magari verrai comunque cresimato, ma meglio da solo. Nulla di scritto, ovviamente. Nulla di ufficiale. Non si può mettere nero su bianco che “le colpe dei padri ricadono sui figli”, ma mettere alla gogna un ragazzino che magari cerca di crescere diverso da suo padre, questo sì, si può fare.

Una Chiesa che troppo spesso ha offerto protezione o connivenza o comprensione ai mafiosi, ricevendo denari e inchini durante le processioni, ora- forse per compiacere in maniera un po’ rozza un Papa che davvero crede alla battaglia che ha lanciato contro le mafie- prende una posizione così sciocca e arrogante e incomprensibile contro un ragazzino.

Non è questa l’antimafia che serve. Non è questa la Chiesa nelle strade che ha in mente Papa Francesco, né la Chiesa in trincea che aveva nel cuore Don Pino Puglisi, in nome del quale oggi si uccide un anima pulita di un ragazzino con un cognome infame.

 

Vi lascio con due frasi di Don Puglisi, tanto per capire quanto lontano fosse il suo credo dalla demogogica gogna cui è stato esposto Michele.

“E’ importante parlare di mafia, soprattutto nelle scuole, per combattere contro la mentalità mafiosa, che è poi qualunque ideologia disposta a svendere la dignità dell’uomo per soldi. Non ci si fermi però ai cortei, alle denunce, alle proteste. Tutte queste iniziative hanno valore ma, se ci si ferma a questo livello, sono soltanto parole. E le parole devono essere confermate dai fatti”.

“Le nostre iniziative e quelle dei volontari devono essere un segno. Non è qualcosa che può trasformare Brancaccio. Questa è un’illusione che non possiamo permetterci. E’ soltanto un segno per fornire altri modelli, soprattutto ai giovani. Lo facciamo per poter dire: dato che non c’è niente, noi vogliamo rimboccarci le maniche e costruire qualche cosa. E se ognuno fa qualche cosa, allora si può fare molto…”.

 

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