Luigi Manconi, Giorgio Napolitano e “La prigione dei bambini”

LE DIMISSIONI ANTICIPATE DAL PROPRIO MANDATO RENDONO IMPOSSIBILE IL CONVEGNO PROGRAMMATO A REBIBBIA

di Barbara Fuggiano (praticante avvocato)

Luigi Manconi, presidente della Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani nonché portavoce di numerose battaglie per il miglioramento delle deplorevoli condizioni delle carceri italiane, nei giorni scorsi aveva scritto una lettera al Presidente della Repubblica uscente per esprimere il suo rammarico per l’impossibilità di svolgere il convegno “La prigione dei bambini” – incontro di natura scientifica, politica e culturale di quello che lo stesso Manconi definisce essere l’elemento “più olttraggioso di quell’oltraggio che è il sistema penitenziario italiano” – previsto, di concerto con la Presidenza della Repubblica e alla presenta di Giorgio Napolitano, per questo mese di Rebibbia femminile.
Il presidente dell’associazione “A buon diritto” aveva ricordato a Napolitano che “mediamente tra i 45 e i 60 bambini tra 0 e 3 anni (e talvolta oltre) si trovano a vivere in una cella per l’impossibilità delle loro madri di ottenere gli arresti o la detenzione domiciliare. Una situazione intollerabile, che rende ancora più oltraggiosa la condizione già profondamente iniqua del nostro sistema penitenziario” e, in un’intervisa resa a Radio Radicale, suggestivamente così concludeva: “nella miseria del sistema penitenziario italiano, punto terminale di caduta della crisi dell’intero sistema della giustizia, penso che questa rappresenti la più iniqua delle iniquità”
Questa rivista si è già occupata del problema dei c.d “figli del carcere” in occasione della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis o.p. nella parte in cui non esclude dal divieto di concessione dei benefici penitenziari la misura alternativa di cui all’art. 47 quinquies o.p. (detenzione domiciliare speciale) e, in applicazione dell’art. 27 della legge 87/1953, anche la misura di cui all’art. 47 ter comma 1 lett. a) e b) (detenzione domiciliare ordinaria), ferma restando la condizione dell’insussistenza di un concreto pericolo di commissione di ulteriori delitti. L’articolo è consultabile al seguente link: https://www.fattodiritto.it/detenute-madri-e-figli-del-carcere/.
Sperando che la forzata rinuncia a quello che poteva essere un proficuo incontro incentrato su un tema così delicato e sentito sia solo temporanea, riportiamo la risposta di Giorgio Napolitano al senatore:
“Caro Manconi, rispondo alla tua lettera del 10 dicembre e sono anch’io molto rammaricato per l’impossibilità di realizzare l’iniziativa che avevi meritoriamente ideato di un Convegno in carcere sul tema della “reclusione dei bambini”. Si tratta di un problema grave e delicato e sono al corrente delle difficoltà incontrate nell’attuazione della legge n. 62 del 2011 che ha previsto gli istituti a custodia attenuata, per la quale non vi è forse stato un sufficiente investimento strutturale ed una visione integrata di assistenza e sostegno per i figli dei detenuti. E’ mancato, come purtroppo spesso accade, un lungimirante impegno di tutte le Istituzioni per dare all’innovazione legislativa le caratteristiche concrete che l’avevano motivata. Le strutture destinate ad accogliere i bambini per non allontanarli dalle mamme detenute sono poche e mal attrezzate e non consentono sempre di raggiungere lo scopo di garantire una continuità del legame familiare offrendo, nel contempo, la possibilità di recuperare la dignità del detenuto anche attraverso il rapporto affettivo. Eppure, anche salvaguardando la continuità del rapporto familiare si favorisce il riequilibrio dell’individuo durante la detenzione. E’ un obiettivo che, se ben attuato, consentirebbe di aumentare le opportunità di recupero, sia per la crescita equilibrata dei bambini che per il reinserimento sociale della persona adulta ristretta in carcere. La questione della “prigione dei bambini” è evocativa del tema più grande della condizione carceraria sulla quale ti soffermi diffusamente. Al riguardo non posso che ribadire il contenuto del messaggio inviato alle Camere l’8 ottobre 2013. Mi fa piacere rilevare che, successivamente al mio messaggio, sono stati adottati provvedimenti che hanno contribuito a far diminuire sensibilmente il numero dei detenuti. Esso rimane comunque maggiore della capienza massima degli istituti, ed è sempre elevata la quota dei detenuti in attesa del giudizio di primo grado. Molto rimane da fare, ma si è comunque avuto il segno di una maggiore attenzione verso il problema della condizione carceraria che deve convincere a perseverare ed a migliorare affinando gli obiettivi. Nel ringraziarti per le parole di riconoscimento che mi hai voluto tributare, auspico che, nell’interesse del nostro Paese, il tuo infaticabile impegno su questi temi solleciti la sensibilità e la volontà del Parlamento e del Governo per raggiungere ancora maggiori e più ambiziosi risultati”.
Luigi Manconi, commentando il messaggio del Presidente su Radio Radicale, ribadise la necessità di una “terapia d’urto” contro la “febbre da cavallo” degli istituti di pena italiani.
“Ancora una volta Giorgio Napolitano – sostiene Manconi – trova le parole che in Italia pochissimi sanno trovare per parlare di questa atroce condizione in cui si trova il sistema penitenziario italiano e, partendo dalla condizione dei bambini prigionieri, afferma che qualche passo avanti è stato fatto ma tantissimo ancora resta da realizzare”.
“Il Governo ha escluso qualunque ipotesi rispetto a quel provvedimento che io continuo a ritenere essenziale, l’amnistia-indulto. Sappiamo tutti che fino a un anno fa anche il Capo dello Stato aveva ritenuto necessario questo provvedimento. Ho troppo rispetto e affetto per Giorgio Napolitano per forzare il contenuto del suo recente messaggio, che non parla di un provvedimento di clemenza, ma posso afferamare e testimoniare che fino a non molto tempo fa aveva ribadito che questo provvedimento fosse indispensabile. Io continuo a ritenerlo tale”.
“I passi avanti fatti sono altrettanto utili quanto insufficienti. Il sistema penitenziario italiano appare come un “corpaccione” abnorme e enfiato affetto da un febbrone da cavallo, quindi da una sorta di patologico affollamento che le misure adottate hanno solo in parte limitato e, per poter applicare tutte le riforme di struttura, prima va restituito a questo “corpaccione” febbricitante un po’ di normalità. Quella febbre va abbattuta attraverso una terapia d’urto, che è appunto un provvedimento di amnistia-indulto. Fino a che la dimensione del carcere rimane così alterata dalla presenza di almeno 10.000 persone in più rispetto alla capienza regolamentare, comunque le misure adottate, anche le più sagge, non hanno l’effetto che dovrebbero e potrebbero avere”.
“Il capitolo atroce dei bambini presuppone due considerazioni da fare. La prima, è questa: è mai possibile che un Paese che conta più di 60 milioni di persone e che vanta una tradizione giuridica così nobile non è in grado di porre mano alla realizzazione di altre quattro strutture a custodia attenuata (ICAM) che, anche solo provvisoriamente, possano accogliere le madri detenute con i propri bambini tra i 0 e i 3 anni?”.
“La seconda, invece, è che ci sono due strutture funzionanti, una a Milano e una Venezia, un’altra dovrebbe essere aperta a Torino, ma basterebbe che altre strutture simili, tipo appartamenti in città, accogliessero queste detenute con propri figli per risolvere il problema. Sarebbe una soluzione provvisoria, perché la legge parla di “case famiglia protette” dove, dunque, queste madri possono vivere coi lori bambini in una situazione che non evochi per i minori il carcere. Le ristrettezze del carcere. La violenza del carcere. I rumori del carcere. Gli odori del carcere”.
“Il carcere ha un odore e l’idea che questi bambini vivano in quell’odore, in quella dimensione, tra quelle divise, tra quelle sbarre, in quell’angustia.. Io penso che sia un’idea intollerabile sotto il profilo dei diritti fondamentali della persona. Guai ad affrontare questo tema in termini filantropici o di buon cuore, perché non c’entra nulla. Si tratta di diritti fondamentali della persona e pensiamo che dei bambini fino ai tre anni e, ahimè, in un futuro fino ai sei anni possono crescere in una struttura che li rende nemici della società poiché la prima infanzia viene trascorsa in quelle celle”.

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