La vaccinazioni degli operatori sanitari

QUANDO UN NO PUO’ METTERE A RISCHIO LA SALUTE DEGLI ALTRI

del dottor Giorgio Rossi

unknownNon solo genitori che dicono no ai vaccini. A contribuire alla diffusione di malattie prevenibili ci sono anche gli operatori sanitari.

I dati emergono da un’indagine condotta su 2.250 operatori sanitari (42,4% infermieri, 28,5% medici) e presentata nel corso della Conferenza “ Medice, cura te ipsum” organizzata dalla Società Italiana Multidisciplinare per la Prevenzione delle Infezioni nelle Organizzazioni Sanitarie (SIMPIOS).

 

I risultati sono lo spaccato di una realtà per niente rassicurante: un operatore sanitario su tre è in disaccordo con l’affermazione secondo cui i benefici dei vaccini sono certi e teme la possibilità di effetti avversi gravi; quasi la metà non si è sottoposta al richiamo per il tetano negli ultimi 10 anni; il 13% non è vaccinato contro epatite B e morbillo e il 6% non ha mai contratto queste malattie.

 

Le cose non vanno meglio per la vaccinazione antinfluenzale: solo il 31,4% ha dichiarato di averla effettuata nella stagione appena conclusa ( la metà dei medici e meno di uno su quattro tra infermieri e altri operatori).

 

Con i vaccini il concetto è semplice, più aumentano le persone che vi si sottopongono e maggiori sono le probabilità di eradicare la malattia.

 

Dal momento però che molte delle infezioni transitano per ambulatori e ospedali è fondamentale che gli operatori sanitari siano immunizzati per non propagare ulteriormente la malattia.

 

Nella realtà dei fatti, invece, una buona parte dei casi di contagio vede coinvolti medici e infermieri; infatti la possibilità che un operatore contagi altre persone è assai elevata.

 

É quanto stiamo osservando in queste settimane per il morbillo : in Toscana, nei primi due mesi dell’anno, degli 82 casi di morbillo notificati ben il 33% riguardano operatori sanitari.

Analizzando le due provincie più colpite -Pisa e Firenze- la percentuale sale al 50%

 

Non migliore è la situazione in Piemonte: da dicembre 2016 al 22 marzo 2017 le segnalazioni di morbillo sono state 334. Tra queste 30 sono avvenute in ambito ospedaliero: 23 sono operatori sanitari e 7 sono pazienti ricoverati.

Ma il dato che lascia più perplessi è quello relativo alla copertura vaccinale: solo 2 degli operatori sanitari coinvolti erano vaccinati (con una sola dose di vaccino), tutti gli altri non lo erano affatto.

 

Più in generale, confrontando i dati raccolti negli anni, circa il 10% di tutti i casi riguardano operatori sanitari. Ecco perché, numeri alla mano, se da un lato è necessario e doveroso vaccinare i bambini affinché il morbillo venga eradicato, lo è altrettanto per chi lavora in ospedale.

 

Studi dimostrano, infatti, che questi ultimi hanno una probabilità 13 volte maggiore di contrarre la malattia rispetto al resto della popolazione.

 

I medici e gli operatori sanitari, se non vaccinati, possono alimentare la catena del contagio e mettere a serio rischio la vita dei loro pazienti, specie di quelli più fragili : neonati, bambini malnutriti, persone immunocompromesse, come nel caso dei reparti di onco-ematologia.

 

Si tratta di una vera sconfitta per la sanità pubblica che riguarda, ovviamente, tutte le malattie prevenibili con vaccino.

 

Che fare quindi?

Un’ipotesi è introdurre l’obbligo di vaccinazione per i medici e gli operatori.

Ma è possibile?

 

L’unico caso in cui è lecito limitare la libertà di un individuo è quando questa mette in pericolo l’incolumità di altri.

Ed effettivamente un medico o un infermiere non vaccinato costituisce sicuramente un rischio per il paziente, che per di più è rappresentante di una popolazione fragile, e in alcuni casi, come i pazienti anziani o immunodepressi, di una sottopopolazione fragilissima.

 

Di certo, se anche fosse efficace, l’obbligo rappresenterebbe un fallimento e la prova che qualcosa si è rotto nella formazione e nell’informazione dei medici e degli operatori sanitari.

 

Queste categorie professionali risentono dei falsi allarmi riportati dalla cronaca, esattamente come accade nella popolazione generale.

 

Non è accettabile che un medico o un infermiere sia vittima della disinformazione come un qualunque altro cittadino.

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *

Back To Top