La riforma Boschi in discussione al Senato: presentati oltre 500.000 emendamenti

++ Lavoro: governo preannuncia fiducia in Senato ++CALDEROLI PROPONE UN BARATTO: STOP ALL’OSTRUZIONISMO IN CAMBIO DELLA GRAZIA A MONELLA

di Dott.ssa Barbara Fuggiano

Lo scorso luglio Palazzo Madama ha avviato l’iter di discussione del disegno di legge n. 1429 recante “disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione” (c.d. riforma Boschi), dopo l’approvazione della Camera dei deputati con rilevanti modifiche rispetto alla proposta originaria.

La riforma costituzionale si concentra soprattutto sul ruolo e sulla struttura del Senato. In particolare, il numero dei senatori sarà ridotto di più di due terzi (da 315 a 100, di cui 95 eletti dai Consigli Regionali e 5 nominati dal capo dello Stato) e le funzioni del ramo parlamentare verranno drasticamente azzerate, dal momento che  solo la Camera dei deputati sarà titolare del rapporto di fiducia con il Governo e dell’esercizio della funzione legislativa, di indirizzo politico e di controllo sull’operato del Governo (“Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali. Concorre, nei casi e secondo modalità stabilite dalla Costituzione, alla funzione legislativa ed esercita la funzione di raccordo tra l’Unione europea, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi dell’Unione europea . Valuta l’attività delle pubbliche amministrazioni, verifica l’attuazione delle leggi dello Stato, controlla e valuta le politiche pubbliche . Concorre a esprimere pareri sulle nomine di competenza del Governo nei casi previsti dalla legge” secondo il nuovo art. 55 Cost.).

Il testo di riforma presentato dal premier Renzi e dal Ministro Boschi, così come approvato dalla Camera, è stato oggetto di aspre critiche da parte del Servizio Studi di Palazzo Madama in tre dossier (agevolmente consultabili su www.senato.it) che ne hanno seguito (e ne seguono) l’iter di approvazione. L’ultimo dossier presentato si compone di 80 pagine e tutti i dubbi circa l’utilità di un nuovo Senato praticamente privo di funzioni autonome (Montecitorio, infatti, ha spazzato via la funzione in via esclusiva di intrattenimento dei rapporti con la Commissione UE e di controllo sui curricula delle authority, le competenze sui temi di bioetica, famiglia, diritti, etc.) nonché le sorti dei senatori-sindaci nel caso di prematura decadenza dal mandato nelle città di provenienza e la dichiarazione dello “stato di guerra”.

Il Servizio Studi, sottolineando che “esclusivamente i deputati, dunque, rappresentano la Nazione, non già i senatori i quali sono – rectius, l’assemblea del Senato è – rappresentanza delle <istituzioni territoriali>” (ossia, di elezione popolare indiretta), così conclude: “Le modifiche di questo articolo intervenute nella prima lettura nell’altro ramo del Parlamento paiono prevedere per il Senato funzioni esercitate solo in concorso con la Camera dei deputati. Non paiono previste né funzioni esercitate dal solo Senato, né, si direbbe, funzioni esercitate dal Senato autonomamente rispetto alla Camera”.

La riforma costituzionale ha animato l’area politica, da sempre divisa tra chi fermamente sostiene la necessità di un bicameralismo perfetto e chi, invece, milita per il superamento irreversibile dello stesso.

Anna Finocchiaro, presidente della Commissione Riforme nonché relatrice del disegno di legge presentato, ha fatto presente che tornare a ragionare su un Senato elettivo “significa oggettivamente e fuori da ogni giudizio di valore rimettere la riforma costituzionale di nuovo sulla linea di prima partenza”.

Anche Giorgio Napolitano, replicando all’editoriale di Eugenio Scalfari su Repubblica, ha sostenuto che “superare il bicameralismo paritario è essenziale per il funzionamento delle nostre istituzioni”, altrimenti “rimarrebbero intatti i fattori di fragilità e debole capacità deliberativa dell’esecutivo, si lascerebbe il paese in quell’assoluta incertezza e tortuosità dei percorsi di approvazione delle leggi, che ha offerto spinte e alibi al degenerativo precipitare del rapporto Governo-Parlamento nella spirale dei decreti legge, dei voti di fiducia, dei maxiemendamenti e articoli unici”.

Scalfari condivide, senza indugio alcuno, la necessità di una riforma del bicameralismo perfetto italiano, avanzando l’alternativa tra la privazione del potere del Senato di votare la fiducia al Governo, ferme restando tutte le altre competenze legislative dell’organo parlamentare, e un sistema monocamerale – come in gran parte d’Europa – ove, però, le elezioni alla Camera siano totalmente libere e fedelmente rappresentative del popolo sovrano. Secondo Scalfari, la riforma Boschi non risponde a nessuna delle due alternative, poiché snatura tutte le funzioni di rilievo del Senato e si accompagna all’Italicum di Renzi, dunque ad un sistema monocamerale “di “nominati” dal governo in carica; la conseguenza è evidente: il potere legislativo è declassato e subordinato all’esecutivo, il presidente del Consiglio diventa così il personaggio che “comanda da solo” esattamente il contrario della democrazia parlamentare”.

Per gli oltre 500.000 emendamenti presentati nella Commissione Affari Costituzionali del Senato, il primato va sicuramente alla Lega Nord, il che non sarebbe particolarmente degno di nota se non fosse per quel “baratto” proposto dal vicepresidente del Senato. Queste le parole di Calderoli: “La smetto con l’ostruzionismo se il ministro Orlando trasmette gli atti per il provvedimento di clemenza a Mattarella”. Dunque, la Lega si dichiara disposta a ritirare gli emendamenti presentati al d.d.l. approvato dalla Camera, che riguarderebbe il funzionamento dell’organo principe della democrazia italiana (il Parlamento), in cambio della clemenza ad un singolo e, in particolare, all’imprenditore Monella – guarda caso, bergamasco – condannato in via definitiva dalla Cassazione alla pena detentiva di sei anni e due mesi di reclusione per aver volontariamente ucciso a colpi di fucile il diciannovenne Ervis Hoxa che si era introdotto nella sua villa per rubargli il Suv parcheggiato in cortile. Hoxa era stato colpito al petto da un proiettile e, successivamente, abbandonato dai suoi complici nei pressi di un pub, sotto uno dei tavoli di legno del locale.

Per i Giudici non si è trattato di legittima difesa, dato che l’arma era stata usata dal balcone dell’abitazione contro tre ladri in fuga nel giardino; ma per Calderoli e Salvini si tratta di una vera e propria ingiustizia perpetrata nei confronti di un innocente, che va salvato, costi quel che costi.

Interrogato su Repubblica  circa la correlazione tra la riforma in discussione e la grazia ad un condannato, Calderoli ha plasticamente così risposto: “Non c’entra nulla. Però c’entra il fatto che Orlando fa parte di un governo impegnato nelle riforme. Il mio atteggiamento negativo rispetto al d.d.l. costituzionale resta, non do certo il via libera a quel testo. Ritiro solo gli emendamenti in commissione, evito l’ostruzionismo. E dunque penso che sia interesse di Renzi e della Boschi esercitare pressione su Orlando affinché trasmetta a Mattarella la domanda”. Ebbene sì: l’interesse collettivo alla democrazia e all’approvazione di riforme condivise e condivisibili è posto sullo stesso piano dell’interesse (certamente non disincantato) di un condannato che, al pari di qualunque altro, potrebbe “ricevere giustizia” e clemenza seguendo l’iter ordinario.

Se Monella è “solo un bergamasco” e “tutto questo non c’entra nulla con la politica” – per usare le stesse parole del vicepresidente del Senato – è evidente allora che, all’era delle leggi ad personam (in corso), si affianca quella delle trattative ad personam.

 

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