Il nuovo Ddl Cirinna’: riconoscimento delle unioni civili e delle convivenze di fatto.

ANALISI GIURIDICA DELLE PRINCIPALI NOVITA’

di dott.ssa Amii Caporaletti

UnknownCon lo stralcio dello Stepchild adoption e dei riferimenti diretti al matrimonio, l’accordo dei partiti politici in merito al ddl Cirinnà è stato raggiunto, tanto che il Senato ha approvato il maxiemendamento, che tra manifestazioni e giochi politici di ogni tipo, ha ricoperto negli ultimi mesi le prime pagine dei giornali nazionali.

Ma cosa prevede in particolare il nuovo disegno di legge?

In via principale, due sono gli aspetti “innovativi” introdotti: il riconoscimento delle convivenze di fatto per le coppie eterosessuali e l’introduzione delle unioni civili per le coppie omosessuali.

A tal riguardo, giova preliminarmente precisare che, se da un lato il Parlamento ha fatto grandi passi normativi in merito alle unioni civili, per ciò che riguarda il riconoscimento delle convivenze di fatto, l’intervento è stato piuttosto “timido”.

Per conviventi di fatto si intendono “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile”.Il riconoscimento normativo operato dal Parlamento consiste nella previsione in capo ai conviventi, di una serie di diritti civili riguardanti prevalentemente diritti assistenziali nei confronti del partner detenuto o ricoverato in ospedale (ossia la possibilità di assistere e ricevere informazioni personali e sullo stato di salute dello stesso). I diritti riconosciuti nei confronti dei conviventi in materia sanitaria non finiscono qui, con il nuovo disegno di legge il convivente potrà prendere decisioni relative alla salute del partner infermo, o incapace di intendere e di volere, decidere sulla donazione di organi, nonché sulle celebrazioni funerarie.

Novità anche sul fronte del dritto di abitazione e sulla casa comune, riguardo al quale il Parlamento ha stabilito come, in caso di morte del convivente – proprietario di casa, il convivente superstite ha il diritto di vivere nella stessa per un tempo non minore ai due anni, termine che può tuttavia essere prorogato in proporzione al periodo di convivenza intercorso con l’ex convivente, che non dovrà comunque superare i 5 anni. Nel caso in cui invece, i conviventi abitino nella casa in virtù di un contratto di locazione, spetta al convivente superstite il diritto / facoltà, di subentrare al contratto di locazione stipulato in precedenza dal partner deceduto.

Diversa è l’ipotesi in cui nell’abitazione sia presente anche il figlio minore o disabile di uno dei due, al convivente superstite spetterà il diritto di abitare nella stessa per un termine non inferiore ai tre anni.

Il legislatore con il ddl in esame ha inoltre esteso ai conviventi, sempre in merito al diritto di abitazione, la possibilità, a parità di condizioni con i nuclei familiari presenti in graduatoria, di poter ottenere le case popolari predisposte a livello comunale.

Per quanto riguarda invece l’impresa familiare, viene previsto il diritto, in capo al convivente di fatto che presti abitualmente la propria opera nell’ambito della stessa, di concorrere agli utili, incrementi nonchè di utilizzare i beni acquistati nell’ambito dell’attività, diritto che tuttavia viene meno laddove tra i conviventi vi sia un rapporto di società o di lavoro subordinato.

L’instaurazione della convivenza di fatto non necessiterà di particolari formalità, salvo che sia volontà dei conviventi disciplinare i loro rapporti patrimoniali, in questo caso il legislatore ha predisposto un nuovo negozio giuridico, quello del “contratto di convivenza” (che può essere redatto sottoforma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata da notaio o avvocato) con il quale i conviventi avranno la possibilità di stabilire i loro reciproci rapporti patrimoniali.

Anche il contratto di convivenza potrà chiaramente essere risolto: per recesso unilaterale, accordo delle parti, matrimonio o unione civile tra i conviventi o tra un convivente ed un’altra persona o morte del convivente.

Idonea tutela viene poi prevista in merito agli obblighi assistenziali e di mantenimento: nel caso di cessazione della convivenza di fatto, spetterà al convivente economicamente non autosufficiente, il diritto di ricevere un assegno di mantenimento dall’altro, volto a garantirne un’idonea sopravvivenza.

Diversa è la disciplina delle Unioni Civili, che vengono in tutto e per tutto equiparate ai matrimoni civili, se non per un’unica e discutibile differenza, la mancanza dell’obbligo di fedeltà reciproca, previsto dall’art. 143 del Codice Civile.

Cos’è l’Unione civile? “E’ una specifica formazione sociale tra due persone maggiorenni appartenenti allo stesso sesso”.

L’unione civile si costituisce mediante dichiarazione dinanzi ad un ufficiale civile autorizzato ed alla presenza di due testimoni, a cui seguirà la regolare iscrizione presso l’archivio dello stato civile.

Per la durata dell’unione le parti potranno scegliere di avere lo stesso cognome ( o di mettere il cognome scelto al seguito del proprio) ed assumeranno l’obbligo di reciproca assistenza morale e materiale derivanti dalla coabitazione, nonché l’obbligo (già previsto per coloro che contraggono il matrimonio civile), di provvedere, in misura alle reciproche sostanze ed alle capacità lavorative, ai bisogni comuni.

Le parti concorderanno un comune indirizzo familiare, nonché il regime patrimoniale da applicarsi. In caso di mancata scelta, con l’unione civile verrà applicata in automatico, il regime della comunione dei beni.

L’unione gay potrà sciogliersi nei medesimi casi previsti per lo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, con l’unica differenza che non sarà necessario un periodo di separazione ai fini dell’applicazione del divorzio; basterà infatti far presente, congiuntamente o disgiuntamente all’ufficiale di stato civile, la propria volontà di ottenere la cessazione degli effetti civili.

Tuttavia, l’unione potrà sciogliersi anche nel caso in cui uno dei due partner cambi sesso.

Una particolarità può invece ravvisarsi nel caso opposto, ossia il disegno di legge stabilisce che, nel caso in cui nell’ambito di un matrimonio eterosessuale, uno dei due coniugi decida di cambiare sesso, l’unione diverrà – sia che i coniugi lo vogliano o meno – unione civile.

Relativamente ai diritti successori e sulla reversibilità, con il ddl Cirinnà la pensione di reversibilità e il TFR spettano al partner, al quale si applicheranno altresì, le stesse norme previste per i matrimoni civili in merito alla successione del coniuge deceduto.

Questi sono i punti salienti del nuovo ddl, dal quale tuttavia è stato stralciato, per motivi politici, l’art. 5 sulle adozioni. Il Parlamento ha infatti ritenuto la decisione in merito all’estensione dell’istituto dello “Stepchild adoption”, in favore delle coppie omosessuali, ancora prematura, rimettendo tuttavia la decisione sull’accoglimento della richiesta di adozione del “figlio dell’altro” ai singoli Tribunali Civili i quali potranno decidere autonomamente.  

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