Genesi di un diritto: l’automatico accesso al gratuito patrocinio per le vittime di violenza

LA NUOVA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE

di Jessica Di Biase**

148988756_2859013777666795_8834820921919850757_n88 donne al giorno. 1 donna ogni 15 minuti.

Questi sono i numeri delle donne vittime di violenza secondo i dati del 2019, diffusi nel report della Polizia di Stato “Questo NON è amore”.

Il quadro non sta di certo migliorando nell’ultimo periodo: tra le notizie del giorno, almeno una riguarda un nuovo episodio di violenza sulle donne.

E’ da un lunghissimo periodo che assistiamo a questo fenomeno ed in tali proporzioni ma sono dovuti passare anni prima che il legislatore adottasse misure in contrasto al suo dilagare. Misure che per essere davvero efficaci, spesso, avrebbero richiesto maggiore coraggio da parte del Legislatore.

Una di queste misure ha riguardato l’estensione dell’istituto del gratuito patrocinio, realizzata con la modifica del comma 4-ter dell’articolo 76 DPR 115/2002 (T.U. in materia di spese di giustizia) introdotta nel 2009: tale modifica ha previsto che “la persona offesa da uno dei reati nel comma elencati”, tra i quali troviamo, per citarne alcuni, maltrattamenti contro familiari o conviventi (572 c.p.), violenza sessuale (609-bis), violenza sessuale di gruppo (609-ocities), atti persecutori (612-bis), “PUO’ essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto”. Ed è proprio nella deroga ai limiti di reddito che sta l’estensione: se la regola generale è che per l’accesso al gratuito patrocinio si debba avere un reddito inferiore a quello previsto dalla Legge, le persone offese dai reati ivi elencati possono invece accedervi anche in mancanza del requisito reddituale. Questo intervento però non aveva istituito un vero e proprio diritto per le persone offese in questione al gratuito patrocinio a prescindere dal proprio reddito (che si sarebbe potuto ottenere formulando “la persona offesa deve accedere”), quanto uno spazio di discrezionalità per il giudice (una sua facoltà, letteralmente “la persona offesa può”) nel valutare caso per caso se estendere il beneficio del gratuito patrocinio o meno anche in mancanza del requisito reddituale. L’elemento di debolezza dell’intervento è proprio il verbo “può” che, lasciando alla valutazione del giudice l’ammissione al gratuito patrocinio, non garantiva a priori a tutte le vittime di questi reati un sicuro accesso facilitato alla tutela giurisdizionale, obiettivo invece dichiarato dell’intervento legislativo. A questa mancanza di coraggio del Legislatore ha posto rimedio, come quasi sempre accade, la Giurisprudenza: la Cassazione Sez. IV Penale, con la sentenza 13497 del 2017, ha sancito il diritto della persona offesa ad accedere automaticamente al patrocinio a spese dello Stato, annullando così lo spazio di discrezionalità in merito del Giudice e quindi qualificando come superflua la dichiarazione sostitutiva attestante la sussistenza dei requisiti reddituali per le persone offese dai reati in questione, prevista invece normalmente a pena di inammissibilità dell’istanza, non essendo qui condizione dell’accesso al gratuito patrocinio. La Cassazione ha infatti affermato che il giudice deve limitarsi ad un controllo formale perché tale lettura è imposta dalla ratio della norma e cioè deve solo verificare la sussistenza dei presupposti fissati dal comma 4-ter (solo persona offesa, solo per i reati elencati) al ricorrere dei quali dovrà ammettere la persona offesa al beneficio; potrà quindi rigettare l’istanza solo ed esclusivamente se tale controllo formale dovesse avere esito negativo.

Questo orientamento, diventato diritto vivente, è stato oggetto di recente del vaglio di costituzionalità: nella sentenza 1/2021, la Corte Costituzionale ha affermato che è costituzionalmente legittimo il comma 4-ter dell’art. 76 DPR 115/2002 per come interpretato dalla Cassazione, cioè nel senso dell’automatica ammissione al gratuito patrocinio, sulla base del seguente ragionamento: dato che per costante giurisprudenza costituzionale l’istituto del gratuito patrocinio afferisce alla disciplina processuale e che in tale disciplina è riconosciuta ampia discrezionalità al legislatore -con gli unici due limiti della manifesta irragionevolezza e dell’arbitrarietà dell’intervento- la scelta del Legislatore di reprimere il fenomeno della violenza con lo strumento della deroga dei limiti reddituali per le persone offese da reati inquadrabili in tale fenomeno (in modo da incentivarne le denunce e quindi la partecipazione alla emersione della verità) è pienamente legittima, essendo infatti l’intervento ragionevole, in quanto la tutela differenziata delle persone offese in questione è giustificata dalla loro vulnerabilità, data la particolare natura dei reati dei quali sono vittime, e dalle dimensioni allarmanti e generalizzate del fenomeno in oggetto (clausola dell’id quod plerumque accidit) e quindi rientrando nell’ambito della discrezionalità propria del Legislatore.

BIBLIOGRAFIA/SITOGRAFIA:

  • Cass. Sez. IV Penale, sentenza 13497/2017
  • Corte Costituzionale, 1/2021
  • “Violenza sulle donne: nel 2019 registrate 88 vittime al giorno” di Felicia Buonomo, Osservatorio Diritti
  • “L’Italia garantisce asssistenza legale gratuita a tutte le vittime di violenza” di Camilla Soldati, LIFEGATE
  • “Gratuito patrocinio per vittime di violenze sessuali e in famiglia” di Eleonora Pergolari, Edotto**ARTICOLO SELEZIONATO COME VINCITORE  DELLA CATEGORIA “DIRITTO COSTITUZIONALE” del progetto di Law Review realizzato in collaborazione tra Associazione Culturale Fatto&Diritto e ELSA Macerata

per approfondimento sulla pronuncia: https://www.fattodiritto.it/gratuito-patrocinio-e-vittime-di-violenza-la-sentenza-n-12021-della-corte-costituzionale/

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