Esame avvocato 2014: le soluzioni dei pareri di diritto penale

SECONDA GIORNATA: PARERI DI DIRITTO PENALE

di Avv. Valeria Marini

UnknownLa seconda giornata delle prove scritte di esame di abilitazione all’esercizio della professione di Avvocato richiede ai candidati la redazione un parere motivato, da scegliersi tra due questioni in materia regolata dal codice penale. Visto il profondo interesse che negli ultimi anni ho maturato verso il diritto penale (non me ne vogliano i colleghi civilisti!), non nascondo di aver costantemente monitorato la giurisprudenza penale più recente  -oltre che ai fini del mio esame orale- anche per tentare di individuare le questioni calde più appetibili  in vista del tanto temuto scritto di dicembre. La corsa al toto tracce che imperversava nei forum vedeva in pole position la responsabilità medica alla luce della legge Balduzzi e –udite udite- la nuova disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione: d’altronde è dalla entrata in vigore della legge anticorruzione che ci si attende una traccia in materia di concussione o corruzione!

La prima traccia è incentrata sulla modifica più rilevante apportata alla disciplina dei reati contro la P.A. dalla legge 6 novembre 2012 n. 190: la scissione delle due ipotesi di concussione, prima unitariamente contemplate dall’art. 317 c.p., nelle due autonome fattispecie criminose di concussione (circoscritta alla sola ipotesi costrittiva) ex art. 317 c.p. e induzione indebita a dare o promettere utilità ex art. 319-quater c.p.

Tizio viene condannato per il delitto di concussione di cui all’art. 317 c.p., commesso nell’anno 2010, con sentenza pronunciata nell’ottobre 2012 e depositata in data 30 novembre 2012: trattasi di indicazioni temporali inserite nella traccia non solo e non tanto a scopo narrativo, visto che l’entrata in vigore della legge n.190/2012 si colloca esattamente nell’intervallo che separa le due date. In un evidente tentativo di porre all’attenzione del candidato l’ulteriore tema della successione delle leggi penali nel tempo ex art. 2 c.p., chi ha redatto la traccia precisa, chiaramente allo scopo di assicurare al cliente la possibilità di essere  ancora in termini per proporre appello, che il condannato si reca dall’avvocato subito dopo l’avvenuto deposito della sentenza. Ne deriva che il candidato che svolge la prova d’esame nel dicembre 2014, assumendo le vesti del legale di Tizio, deve mentalmente andare indietro nel tempo di due anni, essendo il legale investito del parere in questione nel mese di dicembre 2012. A questo punto un dubbio sorge spontaneo (dubbio che, se io fossi stata una candidata, di certo avrei sciolto indirizzandomi verso la seconda traccia, per quanto io ami particolarmente il connubio tra diritto penale e pubblica amministrazione): che ruolo deve avere -o meglio che ruolo i commissari si aspettano debba avere- nella redazione del parere lo sviluppo giurisprudenziale successivo all’entrata in vigore della legge anticorruzione, di certo centrale ai fini della soluzione del problema posto dal cliente? Stando all’interpretazione letterale della traccia, la giurisprudenza relativa agli anni 2013 e 2014 non andrebbe citata, ma tutt’al più immaginata, intuita da un legale (spiccatamente visionario!) investito della questione alla fine del 2012.

Ma tralasciando i rilievi metodologici e cronologici, il candidato che assume le vesti del legale di Tizio deve prospettare al cliente la possibilità (peraltro fruttuosa, alla luce di un sicuro successivo sviluppo giurisprudenziale!) di proporre appello avverso la sentenza del Tribunale che lo ha giudicato colpevole del delitto di concussione, chiedendo la derubricazione del reato dalla fattispecie di cui all’art. 317 c.p. a quella più mite di cui all’art. 319-quater c.p., introdotta dalla novella legislativa entrata in vigore anteriormente al deposito della sentenza di primo grado.

La linea di demarcazione tra la fattispecie di concussione e quella di induzione indebita a dare o promettere utilità costituisce il problema interpretativo centrale posto dalla legge n. 190/2012, che di fatto si risolve nella distinzione tra la condotta costrittiva e quella induttiva; sul punto si sono registrati tre differenti orientamenti giurisprudenziali, superati poi dall’intervento delle Sezioni Unite con la sentenza n. 12228/2013. Da suddetta paradigmatica pronuncia si evince che il criterio discretivo tra le due diverse fattispecie va individuato nella dicotomia minaccia (relativa alla concussione) – non minaccia (relativa all’induzione). Nel primo caso il soggetto privato, cui non residua alcun significativo margine di scelta, cede alla minaccia del pubblico agente che gli ha prospettato di scegliere tra subire un male ingiusto o il dare/promettere denaro o altra utilità. Nel secondo caso invece il soggetto privato, la cui libertà di autodeterminazione non è del tutto coartata, è persuaso e dunque indotto ad un indebito vantaggio per sé: la vicenda che ha visto come protagonista Tizio nella veste di pubblico ufficiale rientra a pieno titolo in quest’ultima fattispecie, in quanto a Caio è stato prospettato l’indebito vantaggio di scongiurare la contestazione delle sanzioni derivanti dall’irregolare assunzione di lavoratori dipendenti in nero, e non già un male o danno ingiusto per il tramite di una minaccia.

Alla medesima pronuncia delle Sezioni Unite si deve far riferimento per affrontare la seconda questione posta dalla traccia, relativa al rapporto di continuità normativa tra la precedente concussione per induzione e la nuova figura delittuosa di cui all’art. 319-quater c.p.: il giudice di legittimità espressamente richiama l’art. 2 comma 4 c.p., e dunque la necessaria applicazione della nuova fattispecie qualora –come nel caso in esame- essa risulti più favorevole.

Va inoltre precisato che la derubricazione da richiedere in sede di appello è volta non solo alla riduzione della pena principale, ma anche alla revoca della pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici, poiché l’art. 317-bis c.p. esclude dal novero dei reati cui si applica la pena accessoria in questione proprio l’induzione indebita a dare o promettere utilità.

Nel secondo parere di diritto penale Tizio si rivolge al proprio legale in quanto è stato sottoposto a procedimento penale per aver eluso più volte, con diverse condotte, il pagamento del pedaggio autostradale. Al candidato si richiede di analizzare la fattispecie o le fattispecie configurabili nelle condotte prescritte.

L’elusione (peraltro reiterata) del pagamento del pedaggio autostradale integra senza dubbio un delitto contro il patrimonio commesso mediante frode: le fattispecie nel cui alveo normativo può astrattamente essere ascritta la condotta tenuta da Tizio -e alle quali occorre far riferimento ai fini della redazione di motivato parere- sono la truffa ex art. 640 c.p., l’insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. nonché l’art. 176 comma 17 del codice della strada, che punisce con la sanzione pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale. Analizzati i delitti di truffa e di insolvenza fraudolenta, entrambi caratterizzati dall’atto di disposizione patrimoniale e dalla cooperazione del soggetto passivo, risulta utile mettere in luce l’elemento distintivo tra le due fattispecie: mentre nel caso dell’insolvenza il fine illecito viene conseguito esclusivamente con la dissimulazione di una circostanza reale (quale è appunto lo stato di insolvenza), nel reato di truffa la frode viene perpetrata con artificiosa simulazione di fatti non veri, prospettati per indurre la vittima in errore. Nel caso di specie, tuttavia, entrambi i reati risultano configurabili a carico di Tizio: questi, infatti, accodandosi ad altri veicoli sulla corsia telepass e riuscendo a transitare prima dell’abbassamento della sbarra di blocco ha posto in essere una condotta truffaldina; d’altro lato ha integrato il delitto di insolvenza fraudolenta omettendo il pagamento con la mendace dichiarazione, rivolta all’addetto del casello, di aver smarrito il tagliando di ingresso ed essere inoltre sprovvisto di denaro (in questo senso si è espressa la giurisprudenza di legittimità con riferimento a vicende similari: cfr., ex plurimis, Cassazione pen. n. 44140/2012).  Ne consegue che a Tizio potranno essere contestati entrambi i reati, previa verifica in merito alla procedibilità dell’avvenuta proposizione della querela da parte della società avente diritto. Il legale è comunque tenuto ad informare il suo cliente che il reato di insolvenza fraudolenta potrà essere estinto nella misura in cui egli adempia alle proprie obbligazioni prima del dibattimento. Se tuttavia ciò non avvenisse, può risultare utile in un’ottica difensiva (onde beneficiare del cumulo giuridico)  ritenere sussistente il vincolo di continuazione ex art. 81 comma 2 c.p. tra le diverse violazioni di legge poste in essere dal soggetto attivo.

Occorre da ultimo domandarsi se la condotta di Tizio configuri altresì un illecito amministrativo per violazione dell’art. 176 comma 17 C.d.s. In realtà lo stesso articolo in questione stabilisce espressamente, con la clausola di riserva “salvo che il fatto costituisca reato”, la propria sussidiarietà rispetto alle fattispecie penali eventualmente concorrenti: tale assunto è ampiamente confermato dalla giurisprudenza di legittimità, la quale ha più volte escluso un rapporto di specialità tra l’illecito amministrativo e i reati con lo stesso eventualmente concorrenti.

 

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