Dopo Calciopoli e Moggi si riforma la prescrizione 

LE NOVITA’ IN MATERIA DI PRESCRIZIONE E LE PRIME CRITICHE

di Barbara Fuggiano



Settimana faticosa per l’istituto della prescrizione.

Vince la sua battaglia nel processo Calciopoli, dopo nove lunghi anni. Per Moggi e Giraudo, rispettivamente ex dirigente della Juventus e amministratore delegato bianconero, il reato più grave contestato (l’associazione a delinquere) è stato dichiarato prescritto dalla terza sezione della Cassazione. Ciò a conferma del fatto che “un’associazione a delinquere finalizzata a condizionare i risultati delle partite, le disegnazioni arbitrali, le carriere dei direttori di gara e l’elezione dei vertici della Lega calcio” esisteva, dal momento che il Giudice dichiara la prescrizione solo se è impossibile addivenire ad un’assoluzione nel merito. E Moggi ha coloritamente commentato: “Prescrizione? Io mi sento innocente e non sono stato dichiarato colpevole. In nove anni non sono riusciti a provare la colpevolezza e l’associazione a delinquere con un arbitro e poche persone è ridicola. Il tempo l’hanno fatto passare loro, non noi.. L’Inter non vinceva perché erano un po’ pippe e incapaci”. Dichiarato colpevole no, ma neanche innocente.

Sempre il 25 marzo, la prescrizione vince anche la sua battaglia contro quello che veniva definito l’incapace eternamente giudicabile. La Corte Costituzionale (sent. n. 45/2015) ha, infatti, dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 159 comma 1 c.p. nella parte in cui, “ove lo stato mentale dell’imputato sia tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento e questo venga sospeso, non esclude la sospensione della prescrizione quando è accertato che tale stato è irreversibile”. In parole povere, mentre prima l’imputato affetto da una patologia psichica tale da impedirne la cosciente partecipazione al procedimento sarebbe stato eternamente giudicabile poiché la sospensione del procedimento stesso andava di pari passo con la sospensione dei termini della prescrizione, ad oggi, nel rispetto dei diritti inviolabili della persona (in primis, del diritto alla salute e di difesa), accertata l’irreversibilità della patologia e sospeso il procedimento, la prescrizione riprende la sua corsa cosicché l’imputato – al pari di qualsiasi altro – possa giovare del decorso di un termine proporzionato alla gravità del reato e astrattamente godere della sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione del reato.

Ma la novità è ben altra. Il 24 marzo 2015 la Camera ha approvato il disegno di legge n. 1844 (di iniziativa dell’On. Ferranti e altri) con 264 sì, 121 astenuti (tra Ncd, Lega, Psi e M5S) e 26 no. Il disegno di legge rivisita l’istituto della prescrizione sotto diversi aspetti. 

Innanzitutto, all’elenco dei reati per i quali i tempi di prescrizione sono raddoppiati (art. 157 comma 6 c.p., tra cui l’omicidio colposo aggravato, i maltrattamenti in famiglia e i reati in materia di violenza sessuale) verrebbero aggiunti gli artt. 318 (corruzione per l’esercizio della funzione), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio) e 319 ter (corruzione in atti giudiziari) c.p.

Ancora, sulla falsariga degli altri ordinamenti europei e in linea con le convenzioni internazionali, per i reati più gravi contro i minori, il termine di prescrizione inizierebbe a decorrere dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l’azione penale sia stata già precedentemente esercitata (in questo caso, il termine decorrerà invece dal momento dell’acquisizione della notizia di reato).

Le modifiche sistemiche e sostanziali più rilevanti, tuttavia, riguarderebbero le cause di sospensione del corso della prescrizione, ossia l’art 159 c.p. In particolare, a parte alcune precisazioni e la previsione di nuove cause di sospensione di “scarsa” rilevanza (rogatorie all’estero, perizie su accertamenti di particolare complessità, dichiarazione di ricusazione), la prescrizione rimarrebbe sospesa dal momento del deposito della sentenza di condanna di primo grado al deposito della sentenza di secondo grado (per un periodo massimo di due anni) nonché dal deposito della sentenza di secondo grado (anche in sede di rinvio) sino al deposito della sentenza del grado successivo (per un periodo massimo di un anno). Poiché la sospensione opererebbe solo in caso di condanna dell’imputato, nel caso in cui la sentenza del grado successivo sia di assoluzione o di riforma della condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità, il periodo di sospensione sarebbe comunque computato ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere.

La norma transitoria del ddl, inoltre, prevede che la nuova disciplina si applichi esclusivamente ai fatti commessi successivament all’entrata in vigore della stessa.

Il ddl – ad oggi al vaglio del Senato – ha scatenato gli animi non solo della politica ma anche dei tecnici. 

In Parlamento, il Ministro della giustizia Orlando, pur affermando che “sulla impostazione della prescrizione non si torna indietro”, ha cercato di mediare sostenendo che in Senato sono possibili modifiche al testo approvato per “coordinare le nuove norme sulla prescrizione con interventi che devono incidere sulla ragionevole durata del processo”. Il Ncd, infatti, ha criticato il ddl perché l’aumento dei tempi della prescrizione disincentiva i giudici ad accelerare i tempi dei processi, pertanto ha votato contro l’approvazione dell’art. 1 ddl sulla prescrizione dei reati di corruzione. Mentre, però, sulla scelta della Camera pesa la sostanziale ininfluenza del gruppo di Angelino Alfano, in Senato, dove gli alfaniani possono essere decisivi, le cose potrebbero andare diversamente, tant’è che il Ncd ha già preannunciato di voler abbassare l’aumento dei termini di prescrizione dei reati di corruzione fino a un quarto.

Lo scontro è aperto sull’art. 1 ddl, ma non tocca il “congelamento” del corso della prescrizione dopo la sentenza di primo grado nonché la postergazione di quello per i reati commessi nei confronti di minori.

L’Unione Camere Penali – per voce del Presidente Beniamino Migliucci – invece non risparmia nessun articolo del nuovo ddl, criticandone integralmente il testo e, anzi, convocando una manifestazione per il prossimo 31 marzo. Dal momento che la Magistratura ha chiesto che la prescrizione venisse bloccata perché spesso le prove di una corruzione non sono evidenti né immediatamente acquisibili, “c’è un Governo smentito in corso d’opera dalla elaborazione di una proposta del tutto diversa da quella originaria – dice Migliucci – il tutto per un cedimento della politica alle richieste della Procura, e non dell’Europa, come invece vengono fatte passare […]Anziché far sì che un processo si tenga in tempi ragionevolmente brevi, si interviene allungando la sua durata “sine die”, in eterno […] L’Europa non ha mai chiesto di allungare la prescrizione ma, letteralmente, ci ha chiesto che la pronuncia giudiziale di merito sui reati contro la P.A. pervenga in tempi ragionevoli […] La prescrizione, oltretutto, è un istituto che ragionevolmente deve essere previsto in uno Stato perché non si può esercitare la giustizia dopo decenni dai fatti”.

Allungare i tempi della prescrizione, inoltre, non serve a scongiurare il pericolo della corruzione tanto avvertito dalla società.

Se è vero, infatti, che la prescrizione è spesso vista dall’opinione pubblica come un’escamotage difensivo posto a vantaggio dell’accusato e del suo difensore, una riforma di tale istituto, lungi dal rispondere a logiche demagogiche, dovrebbe partire dal presupposto secondo il quale la ragion d’essere della prescrizione sta nell’esigenza di uno Stato sociale di diritto per cui, trascorso un sensibile lasso di tempo, l’interesse punitivo dello Stato va scemando tanto quanto la necessità di rieducare – dando per buona l’idea che la pena detentiva possa realmente rieducare – l’eventuale condannato, che potrebbe essere una persona ormai diversa rispetto a quella che ha commesso il fatto. 

Lo stesso Migliucci ricorda che “il 70 per cento delle prescrizioni matura in fase di indagini preliminari [pertanto] noi penalisti diciamo che se dopo la condanna di primo grado si sospende la prescrizione, va previsto allora anche un termine perentorio per le indagini, entro cui va celebrato il processo”.

La prescrizione e il principio costituzionale della ragionevole durata del processo rispondono alla medesima logica garantista e il primo non è che un riflesso del secondo: un processo giusto è quello nel quale la decisione interviene in tempi ragionevoli, ossia prima che l’interesse punitivo statale venga meno e il reato si prescriva. Più che l’allungamento dei tempi di prescrizione dei reati di corruzione, mi fa storcere il naso la sospensione – generalizzata, per qualunque reato – del corso della prescrizione tra i diversi gradi di giudizio, perché verrebbe inevitabilmente leso il principio “gemello” dell’istituto (la ragionevole durata del processo) e graverebbe sul presunto innocente la disorganizzazione di un sistema che non permette di addivenire ad una sentenza definitiva in tempi ragionevoli

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