DIRITTO ALLA CULTURA- Quando le parole non servono, la vita e l’arte di Charlie Chaplin

I capolavori del cinema muto (Seconda Parte)

Luci della città (1931) potrebbe essere considerata la produzione che più di altre consacra Chaplin al successo. Oltre due anni di intenso lavoro, 190 giorni di riprese e uno sforzo incredibile da parte dello stesso Chaplin visto che con la fine degli anni Venti nelle sale arriva il sonoro. Una scommessa, insomma, che il cineasta decide di giocare alla vecchia maniera, con coraggio e facendo Luci della Città un film muto accompagnato dalla musica, il primo di Chaplin. Memorabile la scena in cui la fioraia cieca, interpretata da Virginia Cherrill, una volta guarita diventa proprietaria di un negozio di fiori e riconosce il protagonista toccandogli la mano per dargli l’elemosina. La colonna sonora è composta dallo stesso Chaplin che alla prima di Los Angeles venne accompagnato da Albert Einstein. Anche Tempi Moderni (1936) contiene tratti sonori ma mai un dialogo vero e proprio, impossibile non ricordare la scena in cui Chaplin, cameriere in un locale, improvvisa una canzone in una lingua inventata. Parole che allo spettatore sembra di capire. Tempi Moderni, stracolmo scene memorabili, è l’ultimo film in cui vive il personaggio di Charlot: visto che ormai il sonoro impera, il cineasta si vede costretto ad adeguarsi e lo fa con Il Grande dittatore(1940), il primo film sonoro diretto e interpretato da Chaplin. Nel pieno della Seconda Guerra Mondiale Chaplin interpreta Adolf Hitler (d’altronde Charlot aveva i baffetti) e prende in giro il nazifascismo. Dopo l’uscita del film Chaplin avrebbe detto che se avesse conosciuto prima la realtà dell’olocausto non avrebbe mai fatto ironia sul personaggio. Indimenticabile la scena del discorso del dittatore improvvisato e girato in un’unica scena.

La presa di posizione di Chaplin contro la follia nazista gli costò non poche critiche da parte di alcune frange della società americana. Il cineasta non manca di far capire le proprie idee anche sul capitalismo e porta sul grande schermo Monsieur Verdoux (1947). L’ispirazione del personaggio arriva dalla vicenda di Henri Landru, impiegato bancario giustiziato nel 1922 per aver ucciso dieci donne e un ragazzo. Con Luci della ribalta (1952) Chaplin prende le distanze dalla realtà che lo circonda. Nella pellicola recitano numerosi familiari del cineasta sposato con Oona O’neill dalla quale ha avuto otto figli. Proprio mentre era in nave per la premiere londinese del film viene a sapere che il suo pass per gli Stati Uniti era stato revocato con l’accusa di aver portato avanti attività anti-americane. Il maccartismo lo costringe a trasferirsi in Svizzera. Proprio in Europa gira Un re a New York (1957), censurato negli Stati Uniti per quasi vent’anni. Questo è l’ultimo film in cui recita: ne La contessa di Hong Kong (1966), unico suo film a colori, interpreta una piccola parte. Nonostante un cast di tutto rispetto, il film viene sommerso dai giudizi negativi della critica e del pubblico.

Ha saputo emozionare e divertire con la mimica, con le parole ha sputo fare altrettanto: “Pensiamo troppo e sentiamo poco. Più che macchinari, ci serve umanità.
Più che abilità, ci serve bontà e gentilezza” (Discorso all’umanità de Il Grande Dittatore).

ELEONORA DOTTORI Fine Seconda Parte

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