Sport e Diritti, 41^ puntata- Un anno tramonta all’insegna della fiamma olimpica.

Anche quest’anno sta finendo, all’insegna di emozioni e delusioni, gioie e dolori. Sportivi, e come tali vanno commisurati, anche se a volte si perde la percezione della realtà e lo sport diventa vita. O emblema di essa. Quest’anno il calcio ci ha lasciato un senso assoluto di impotenza e sconfitta: scommesse, tradimenti della propria maglia, denaro, e il tifoso che diventa solo una vittima predestinata di un sistema troppo più grande di quello che è l’amore per la squadra del cuore. Purtroppo. La Nazionale di Prandelli chi ha riportato un po’ di sorriso, bello come quello di Balotelli dopo il gol alla Germania. Ragazzo triste simbolo di un’Italia che cerca l’integrazione tra i colori con ancora troppe difficoltà e un’equilibrio tra radici e benessere. Troppo.

Di campioni che hanno lasciato il segno nel nostro cuore di tifosi italiani quest’anno ce ne son stati pochi. Il ciclismo sembra annichilito da anni di abuso di aiuti chimici, anche l’ultima traccia di campione- Lance Armstrong, che sembrava toccare la Luna a colpi di pedale- si è discolta per osmosi tra le mille tracce di doping di un sangue contaminato.

Il rosso della passione e dell’amore ha vissuto di trepidanti attimi di attesa e speranza, la Rossa Ferrari a un passo, o forse meno, dal tetto del mondo col suo campione spagnolo gentile e professionalissimo. Cuore e cervello.

E’ stato l’anno del declino di campioni che sembravano indistruttibili e indissolubili, con fisici granitici scolpiti nella pietra. Rafa Nadal, appena ventisei anni e una carriera appesa ad un tendine rotuleo sfilacciato.

Ma forse il ricordo più bello dell’anno sportivo sono state le Olimpiadi di Londra. Modernità, tradizione, organizzazione e tanti attimi indissolubili da imprimere nella memoria.

Usain Bolt, l’imperatore nero della velocità, tre medaglie d’oro nei 100, 200 e staffetta 4 x 100, la dimostrazione vivente che i limiti sono fatti per essere superati.

E poi Oscar Pistorius, uno che con i limiti da superare ci convive da quando è bambino. Le sue gambe metalliche che si librano in mezzo a tanti muscoli di fibra sono il migliore inno alla vita e all’integrazione. E poi lui, il re delle acque, lo squalo Micheal Phelps che raggiunge il traguardo delle 22 medaglie olimpiche.

E poi gli azzurri: il crollo di un mito giovane e dal volto pulito, Alex Shwazer, fermato per EPO alla vigilia della partenza per Londra. Tania Cagnotto, la piccola figlia di papà che sembra un angelo sul trampolino, si ferma ad soffio dalla medaglia inseguita una vita e tra le lacrime dice di voler smettere.

Federica Pellegrini, una campionessa che si dimostra molto più fragile dei suoi muscoli e che affoga nell’acqua in cui ha il trono di regina.

Jessica Rossi, la ragazzina di 19 anni che con la carabina in mano sembrava un cecchino infallibile. Le ragazze meravigliose del fioretto.

E poi l’immagine più struggente ed emozionante: il pugile Roberto Cammarelle, muscoli d’acciaio e occhi da buono, sul ring della finale dei supermassimi nella giornata conclusiva della splendida Olimpiade londinese. Forza, coraggio e cuore di un campione, ma un giudice partigiano gli toglie la gioia della vittoria.

L’ingiustizia finale che lascia un po’ di amarezza per un inno alla vita a cinque cerchi.

E rimanda tutti gli amanti dello sport all’Anno che verrà, alle vittorie e alle sconfitte che porterà, alle lacrime di gioia e di delusione, alle urla di esultanza e di dolore.

Ma che resti sempre stampato nella mente che lo sport è e deve restare innanzitutto divertimento e felicità.

T.R.

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