Dal dogma consumeristico al “principio di autoresponsabilità” del consumatore

COMMENTO ALLA PRONUNCIA DELLA CASSAZIONE CIVILE N. 14257/2020

di Matilde D’Ottavio**

consumatoreMentre con l’introduzione del Codice del consumo, emanato con il Decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, il nostro Legislatore nazionale promuoveva, sulle orme di quello europeo, il c.d. dogma consumeristico, nel recentissimo 8 luglio 2020 la pronuncia della Corte di Cassazione civile, Sezione III, n. 14257, vertente su una causa turistica, sembra farsi promotrice di un orientamento opposto, a favore del principio di autoresponsabilità del consumatore. Quest’ultimo, ovvero “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta” ha nel tempo assorbito propria linfa vitale all’interno del diritto contrattuale, in virtù della naturale debolezza nella quale versa rispetto al professionista, c.d. parte “forte” in grado di predisporre autonomamente ed unilateralmente un dato regolamento negoziale. È così che, per affievolire tali incongruenze negoziali, sotto gli impulsi dell’Unione Europea ed in ossequio ai principi costituzionali di solidarietà sociale, tutte le libertà contrattuali tradizionalmente intese dal Codice civile sono state assoggettate a nuovi vincoli giuridici in capo al professionista, quali -per esempio- gli obblighi informativi, di trasparenza e buona fede. Eppure, una normativa così attenta all’equilibrio contrattuale delle parti, che arma il consumatore di rinnovate tutele, non significa che a quest’ultimo “tutto sia concesso”. Infatti -al netto delle garanzie consumeristiche, sempre inderogabili ex lege– secondo il recente orientamento giurisprudenziale, il consumatore è ora gravato da nuove forme di responsabilità. Nel caso di specie, due turiste adivano la Suprema Corte al fine di ottenere il risarcimento del danno da “vacanza rovinata” per non essere state correttamente informate in merito agli oneri amministrativi da adempiere sulle frontiere estere, quando in realtà erano state prontamente rese edotte dall’agenzia circa i rischi incombenti l’itinerario di viaggio, con la chiara conseguenza che il comportamento omissivo facesse capo al viaggiatore e non al tour operator. Il principio che ha mosso la riforma resta, certamente, la tutela informativa del consumatore debole, ma sotto una prospettiva differente: nel momento in cui all’aderente venga garantito uno strumentario di informazioni idoneo a calibrare una scelta ponderata, allora la debolezza che lo caratterizzava all’origine del rapporto risulterà affievolita. È vero che scelta “informata” non significa necessariamente “scelta consapevole”, essendo l’informazione -almeno in prima face- un mero “dato grezzo”; ma è anche vero che, nel momento in cui v’è assicurata la conoscenza di un’informativa completa, chiara ed inequivoca, la lacuna informativa potrà essere addossata alla negligenza del consumatore, se –colpevolmente– non ha usufruito delle disposizioni correttamente fornitegli. Ciò non vuole, chiaramente, erodere il concetto di favor consumatorise tanto meno addossare al consumatore un onere eccessivo in termini di “caveat emptor!” (“stia in guardia il compratore!”) ma vuole, piuttosto, rinnovare la concezione del pregiudizio effettivo: se la violazione del precetto precontrattuale da parte del professionista è rimasta confinata ad un livello meramente formale, allora le pretese del contrante debole di vedersi reintegrato nel danno “da mancata informativa” saranno pretestuose ed infondate; se invece la violazione ha colorato di antigiuridicità sostanzialeil contratto predisposto, allora la parte “forte” avrà l’obbligo legale di rispondervi. In altre parole: nel momento in cui, a livello sostanziale, il debitore è stato adeguatamente tutelato, perché informato correttamente non soltanto sui caratteri del bene e/o servizio offerto, ma anche sulle possibilità rimediali in caso di pentimento, una pretesa di tutela successiva non sarà giustificata alla luce degli interessi che permeano la funzione del rapporto giuridico e finirebbe per palesarsi come una “deviazione abusiva” del proprio potere contrattuale. Le opportune tutele informative, infatti, hanno l’obiettivo ultimo di far confluire nella sfera giuridica del consumatore una rinnovata “capacità di discernimento”, tale da elevarlo a vero “arbitro” consapevole delle proprie scelte, anche qualora non operate con prudenza e cautela per causa propria. Ciò su cui si poggia, allora, il nuovo paradigma di autoresponsabilità è la rivalutazione del c.d. “interesse meritevole”: viaggiando le situazioni giuridiche soggettive sulla nozione imprescindibile di rapporto giuridico, non potranno mai essere valutate alla stregua di categorie a sé stanti, quanto piuttosto alla luce di un “equilibrio d’insieme”. Il rapporto obbligatorio deve, dunque, essere volto ad una compensazione degli interessi in causa, affinché si possa valutare se un determinato potere abbia perseguito interessi “non meritevoli di tutela” a danno della controparte, oppure se abbia interagito con altre sfere di interessi, secondo i principi di correttezza e buona fede. Comprendere dove giaccia l’”interesse meritevole” sarà l’arduo compito dell’interprete, che dovrà armarsi di una capacità ermeneutica tutt’altro che scontata: sempre salvaguardando la certezza del diritto, il principio di ragionevolezza –grazie all’elasticità e alla flessibilità che lo connotano- potrebbe essere una delle uniche soluzioni ad un bilanciamento storicizzato dell’esigenze in causa, che tenda ad un equilibrio tra la garanzia della persona e la tutela del mercato.

Bibliografia e sitografia:

-Vicenzo Roppo, Il contratto del duemila, III edizione, Torino, 2011, pag. 35.

-F. CASTRONOVO, La responsabilità da false informazioni comparata: special relationship nel diritto anglosassone, species della responsabilità da contatto sociale nel nostro sistema, in Banca Borsa Titoli d Credito, fasc. 3, 2019, pag. 291.

-L. DI NELLA e G. PERLINGIERI, A proposito della traduzione italiana de l’abus des droits di Louis Josserand, in Edizioni scientifiche italiane, pag. 11-12.

-G. PERLINGIERI, L’inesistenza della distinzione tra regole di comportamento e di validità nel diritto italo-europeo, in Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2013.

S. PATTI, Secondo la Corte di Cassazione il consumatore non è sempre la parte debole, in Riv. Cammino Diritto, ISSN 2421-7123 Fasc. 03/2021.

**ARTICOLO SELEZIONATO COME VINCITORE  DELLA CATEGORIA “DIRITTO CIVILE” del progetto di Law Review realizzato in collaborazione tra Associazione Culturale Fatto&Diritto e ELSA Macerata 

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