Climate Change. Facciamo il punto con il VI Report dell’IPCC (II Parte)

IMPORTANTE AGIRE SUBITO!

di Dott.ssa LAURA FRANCESCHI (Scienze e Tecnologie dell’ambiente e del territorio Università Bicocca di Milano) 

ssssLa scorsa settimana è stata rilasciata dall’IPCC la seconda parte del sesto Assessment Report (AR6). In particolare, il percorso cominciato il 14 febbraio scorso si è concluso domenica 27 febbraio con l’approvazione, avvenuta in un’apposita sessione tenuta per la seconda volta nella storia dell’IPCC a distanza, del “Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability”.

Le premesse del documento

La prima parte dell’AR6, che ha preceduto di sette mesi quella della scorsa settimana, aveva lo scopo di raccogliere tutte le nuove conoscenze scientifiche in materia di climatologia e si era conclusa con un tremendo verdetto finale: tutti i più importanti indicatori delle componenti del sistema climatico stanno cambiando in una maniera mai osservata prima e non può più essere negata la natura antropica di tale cambiamento.

Nell’ultima parte della precedente pubblicazione tutti gli esperti sottolineavano quanto fosse importante agire subitoed è proprio sulle azioni possibili che si è concentrato il secondo working group. Hoesung Lee, presidente dell’IPCC, ha affermato che “Questo rapporto è un terribile avvertimento sulle conseguenze dell’inazione” – e prosegue poi – “Dimostra che il cambiamento climatico è una minaccia grave e crescente per il nostro benessere e per un pianeta sano. Le nostre azioni di oggi danno forma al modo in cui le persone si adatteranno e al modo in cui la natura risponderà ai crescenti rischi climatici”.

Le fila della seconda parte

Mentre la prima parte si è concentrata sulle conseguenze dell’azione antropica sul clima, la seconda ha illustrato quali sono le ripercussioni che il climate change ha sulla vita del Pianeta. L’IPCC parla di una visione olistica dei sistemi biotici e abiotici, in cui l’innalzamento della temperatura media globale coinvolge ogni cosa, vivente e non, in uno straordinario e spaventoso effetto domino non troppo democratico. Infatti, ancora una volta, è stato sottolineato come spesso a pagare il prezzo più alto degli sconvolgimenti del clima sia la frazione della popolazione che meno ha contribuito all’ecocidio: secondo i dati presenti all’interno del rapporto sul pianeta sono 3,6 miliardi di persone a essere vulnerabili agli effetti del cambiamento climatico.

Sottolineata, o meglio ribadita, la necessità di un’azione immediata, il lavoro del secondo working group si è soffermato su quali possano le vie da percorrere. Tra queste vi sono sia le misure di adattamento sia le misure di mitigazione. In particolare, si considera la mitigazione come un modo per mantenere i cambiamenti climatici moderati anziché estremi mentre l’adattamento è considerato come una strategia di risposta per anticipare e far fronte a impatti che non possono essere (o non sono) evitati nei diversi scenari di cambiamento climatico.

Purtroppo si è già in ritardo circa l’azione climatica e per questo è solo attraverso l’attuazione sinergica di adattamento e mitigazione che si può tracciare la strada maestra per un nuovo tipo di sviluppo, nel report definito come sviluppo resiliente, che permetterà un’adeguata gestione dei rischi legati al cambiamento climatico.

Il futuro dell’Europa

La seconda parte del report si compone di un numero elevatissimo di documenti e tra questi vi è anche una serie di fogli informativi in cui gli scienziati, in maniera puntuale, hanno analizzato le situazioni presenti nelle varie regioni del pianeta. In particolare, per l’Europa sono stati individuati ben quattro categorie di “key risks” ossia: il calore, la gestione e la produttività dei suoli, la scarsità di acqua e l’allagamento e innalzamento dei mari. Dopo una breve ma esaustiva analisi di ciascuno di questi fenomeni la scheda informativa europea riporta anche delle possibili soluzioni che sono seguite da un importante avvertimento: “Molto probabilmente, in molte parti d’Europa, le misure di adattamento esistenti e pianificate non saranno sufficienti a evitare il rischio residuo, specialmente se le temperature aumenteranno di oltre un grado e mezzo. Questo potrebbe comportare perdite di habitat e servizi ecosistemici, decessi dovuti al calore, danni delle colture, razionamento dell’acqua e perdita di terreno”.

Anche questa volta, come nella documentazione rilasciata precedentemente, l’IPCC non lascia mezze misure e intima di non voltarsi dall’altra parte anche se le priorità storiche in questo momento potrebbero essere altreNon saremo più in grado di cambiare le cose ma è necessario fare di tutto per imparare a gestire al meglio i rischi legati al cambiamento climatico in atto in modo tale che il numero di vittime sia il meno elevato possibile.

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