Aung San Suu Kyi, la Birmania e una piccola donna conquistano la libertà

STORICA VITTORIA DEL PREMIO NOBEL PER LA PACE ALLE ELEZIONI IN MYANMAR

di Tommaso Rossi

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Non è il potere che corrompe, ma la paura. Il timore di perdere il potere corrompe chi lo detiene e la paura del castigo del potere corrompe chi ne è soggetto.” Una celebre frase del premio nobel Aung San Suu Kyi, quando negli anni combatteva da imprigionata e imbavagliata la sua battaglia per liberare le menti del popolo birmano. Primo passo verso la conquista della democrazia agognata per anni, una vita dedicata a questo sogno dalla piccola donna che ora ce l’ha fatta.

La Commissione Elettorale ha annunciato l’esito definitivo delle elezioni che si sono svolte domenica scorsa. La leader della lega Nazionale per la Democrazia ha sconfitto in maniera roboante il partito dell’Unione dello Sviluppo e della Solidarietà (Udsp), formazione politica al potere, espressione della giunta militare che ha strappato al popolo birmano prima il nome, cambiandolo in Myanmar, poi l’identità e la libertà.

Aung San Suu Kyi, figlia del mitico e amatissimo Aung San che liberò la Birmania dalla dominazione inglese,  raggiunge il potere conquistato democraticamente con 25 anni di ritardo. La “Lady” aveva vinto le elezioni nel 1990, ma la Giunta militare, con un colpo di coda, le annullò e imprigionò la piccola donna. Da quel momento la sua forza politica divenne ancora più forte, varcò i confini del Burma e divenne un’icona di forza, ideali e libertà che fece il giro del mondo, grazie anche all’amore che hanno di lei in Inghilterra, dove visse per anni e sposò l’uomo della sua vita, che la affiancò silenzioso nella lotta finchè un cancro non lo uccise. Nei giorni scorsi “Amay” (“Madre”) Suu, come viene chiamata in Birmania, ha fatto sapere avrà un ruolo istituzionale  “sopra il presidente” , ciò in quanto la leader democratica non può diventare presidente, in base alla carta (pseudo-) costituzionale fatta approvare dai militari, che impedisce a chi ha un congiunto – coniuge o figli – con cittadinanza straniera di salire alla più alta carica del Paese.  Come detto suo marito era inglese, cose come cittadini inglesi sono i suoi due figli.

La piccola donna straordinariamente forte e determinata, a 70 anni, di cui 15 passati imprigionata agli arresti domiciliari dal regime, è riuscita a compiere il miracolo di portare al voto l’80% dei birmani, sconfiggendo le loro paure contro i militari, sconfiggendo l’ignoranza che nelle campagne portava al non voto o al voto “pilotato”

Sono state queste le prime elezioni veramente democratiche in Birmania, o Myanmar (come si chiama ora il Paese dopo il Golpe militare del 1962), la Aung San Suu Kyi ha stravinto, sbaragliando gli avversari e conquistando una maggioranza assai forte, nonostante quel 25% di seggi garantiti in ogni caso per legge agli esponenti della giunta militare.

Il presidente dell’Usdp, il Partito dei militari, ha ammesso la sconfitta sostenendo di accettare il risultato delle elezioni, le prime libere in venticinque anni. «Abbiamo perso», ha dichiarato Htay Oo, stretto alleato del presidente Thein Sein. «Dobbiamo capire le ragioni per cui abbiamo perso», ha aggiunto Htay Ooo. «In ogni caso accettiamo il risultato senza alcuna riserva»

«La gente è molto più vigile rispetto a ciò che succede, c’è la rivoluzione della comunicazione, che ha fatto una differenza enorme: tutti vanno sulla Rete e informano tutti gli altri su quello che succede. Quindi è molto più difficile per coloro che vogliono commettere irregolarità farla franca», dice Aung San alla BBC.

«Dobbiamo procedere con cautela»ammonisce poi “The Lady” Suu Kyi; «Stiamo sereni e calmi. Il vincitore deve rimanere umile ed evitare di offendere gli altri. La vera vittoria è del Paese, non di un gruppo o di singoli». Ma in Birmania è festa, gioia pura: 10 mila sostenitori della piccola donna hanno danzato, dopo la diffusione dei risultati, tutta la notte sotto la piogga. Una pioggia catartica, come nel miglior finale di un film drammatico, che lava il dolore di anni di vessazioni, torture, rinunce, paura e fa nascere tutto a nuova vita.

La vita nuova di una speranza democratica per un intero Paese, un paese pieno di contraddizioni e disuguaglianze, dove la città assume i caratteri caotici della modernità orientale, mentre le campagne restano lontane anni luce dal progresso e dalla dignità che questo può come minimo portare.

Fogne a cielo aperto, bambini che giocano nudi per terra nella polvere in mezzo ai cani randagi, mosche che condiscono il piatto di riso che con mani sporche e occhi affamati costituisce di molti l’unico pasto, ricordano quotidianamente alla Leader Aung San e al Mondo intero, quanto ancora sia la strada che la Birmania deve fare per consentire a una larga parte di popolazione di accedere ad un livello di vita quantomeno dignitoso.

 

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