Violenza sulle donne: approvata dalla Camera la legge di ratifica della Convenzione di Istanbul

 ROMA, 09 giugno 2013- Il 28 maggio scorso la Camera dei deputati ha approvato in modo unanime (545 voti favorevoli) la proposta di legge per la ratifica della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla “prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica“, siglata a Istanbul l’11 maggio 2011. Ora l’iter procedurale prevede il passaggio del testo al Senato per l’approvazione definitiva.

Si tratta di un passo avanti molto importante per la creazione di un sistema giuridico il più possibile completo e vincolante anche a livello internazionale, per proteggere soprattutto le donne contro qualsiasi forma di violenza, fisica e psicologica, dallo stupro allo stalking, dai matrimoni forzati e dalle mutilazioni genitali e per aumentare l’impegno per la prevenzione eliminando ogni forma di discriminazione e promuovendo “la concreta parità tra i sessi, rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne“.
La Convenzione interviene specificamente anche nell’ambito della violenza domestica che non colpisce però solo le donne, ma anche altri soggetti, ad esempio bambini ed anziani che vengono tutelati allo stesso modo.
La Convenzione di Istanbul, approvata dal Comitato dei Ministri dell’UE il 7 aprile 2011 e firmata dall’Italia dall’allora Ministro Elsa Fornero nel settembre scorso a Strasburgo, è il punto di arrivo di una politica intrapresa già dall’inizio degli anni ’90 dal Consiglio d’Europa e finalizzata a sensibilizzare gli Stati membri ad adottare tutte le misure possibili per contrastare la violenza contro le donne.
La prima strategia globale per la prevenzione della violenza e la protezione delle vittime risale al 2002 quando viene approvata una Raccomandazione -Rec(2002)5- che invita gli Stati membri ad adottare una serie di misure fra le quali quelle di rivedere le proprie politiche nazionali, garantire la protezione delle vittime di violenza ed elaborare strumenti alla loro tutela.

L’applicazione di questa Raccomandazione viene osservata attraverso monitoraggi periodici, l’ultimo dei quali nel 2010, subito dopo l’istituzione della Commissione ad hoc (Ad Hoc Committee on Preventing and Combating Violence against Women and Domestic Violence – CAHVIO) per la stesura della Convenzione divenuta nota con il nome di “Convenzione di Istanbul (fonte Camera dei Deputati, www.camera.it).
Gli Stati firmatari sono ad oggi 29 e l’Italia è la quinta nazione a ratificare il testo della Convenzione dopo Montenegro, Albania, Turchia e Portogallo ma per diventare applicativa a tutti gli effetti dovranno essere almeno 10 gli Stati a sottoscriverla (di cui almeno 8 del Consiglio d’Europa).

Il contenuto- Il testo è composto da un preambolo, 81 articoli raggruppati in dodici capitoli ed un allegato.

Nella premessa si legge che “il raggiungimento dell’uguaglianza di genere de jure e de facto è un elemento chiave per prevenire la violenza contro le donne” e che “la violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione“.
Viene riconosciuta “la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere” e che “la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini“.

Importanti gli obiettivi che ci si pone con la Convenzione:

predisporre un quadro globale di politiche e misure di protezione e di assistenza a favore di tutte le vittime di violenza contro le donne e di violenza domestica;

promuovere la cooperazione internazionale;

sostenere e assistere le organizzazioni e autorità incaricate dell’applicazione della legge in modo che possano collaborare efficacemente

L’espressione “violenza nei confronti delle donne” viene riferita ad “una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne” che comprende “tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata“.
L’espressione
‘violenza domestica‘ è riferita a “tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso l a stessa residenza con la vittima“.

L’Italia, con l’approvazione delle legge di ratifica della Convenzione di Istanbul, si impegna ad adottare “le misure legislative e di altro tipo necessarie per promuovere e tutelare il diritto di tutti gli individui, e segnatamente delle donne, di vivere liberi dalla violenza, sia nella vita pubblica che privata condannano ogni forma di discriminazionenei confronti delle donne” ed anche ad adottare le misure legislative e di altro tipo necessarie per prevenirla. Ciò significa che se necessario deve essere inserito anche nella Costituzione il principio della parità tra i sessi garantendo l’effettiva applicazione del principio.
Gli Stati firmatari, inoltre, si impegnano a varare misure legislative destinate a “prevenire, indagare, punire i responsabili e risarcire le vittime di atti di violenza commessi da soggetti non statali che rientrano nel campo di applicazione” della Convenzione.
In particolare l’
articolo 4 della Convenzione sancisce il principio secondo il quale ogni individuo ha il diritto di vivere libero dalla violenza nella sfera pubblica e in quella privata e a questo scopo le parti si obbligano a tutelare questo diritto in particolare per quanto riguarda le donne, le principali vittime della violenza basata sul genere (ossia di quella violenza che colpisce le donne in quanto tali, o che le colpisce in modo sproporzionato).
L’articolo 5, invece, sancisce l’obbligo degli Stati di astenersi da qualsiasi atto che costituisca una forma di violenza nei confronti delle donne e di garantire che le autorità, i funzionari, i rappresentanti statali e tutti i soggetti pubblici si comportino in conformità di questo obbligo.
Ne consegue dunque che i funzionari e gli addetti delle forze dell’ordine e del settore giudiziario e medico debbano essere formati per affrontare tutte le forme di violenza contro le donne. Sempre l’articolo 5 prevede che le Nazioni che sottoscrivono la convenzione dovranno adottare le misure legislative e di altro tipo necessarie per esercitare concretamente tutti quegli atti utili a prevenire, indagare, punire i responsabili e risarcire le vittime di atti di violenza contro le donne.
E’ previsto anche un risarcimento delle vittime di atti di violenza commessi da soggetti non statali che può assumere forme diverse (riparazione del danno, indennizzo etc) ; in particolare l’indennizzo da parte dello Stato è disciplinato dall’art. 30, par. 2, della Convenzione ed è accordato alle vittime se la riparazione non è garantita da altre fonti.

L’impegno che deriva da questa ratifica comporta anche l’impegno alla promozione ed attuazione di “politiche efficaci volte a favorire la parità tra le donne e gli uomini e l’emancipazione e l’autodeterminazione delle donne” anche attraverso “uno o più organismi ufficiali responsabili del coordinamento, dell’attuazione, del monitoraggio e della valutazione delle politiche e delle misure destinate a prevenire e contrastare ogni forma di violenza“.
Consapevole dell’importanza che il cambiamento vero ed efficace può avvenire soltanto se si crea una cultura di parità, l’Europa richiedere di “
promuovere i cambiamenti nei comportamenti socioculturali delle donne e degli uomini, al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualsiasi altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna o su modelli stereotipati dei ruoli delle donne e degli uomini“.

Per la protezione delle vittime si prevede la creazione di strutture per il loro accoglimento ma anche di servizi di supporto che possono essere generali (es. servizi sociali o sanitari offerti dalla pubblica amministrazione) oppure specializzati; ad es.case rifugio o linee telefoniche di sostegno attive notte e giorno oltre a strutture ad hoc per l’accoglienza delle vittime di violenza sessuale (artt. 20-24).
La Convenzione di Istanbul individua anche una serie di condotte (violenza fisica e psicologica, sessuale, stupro, mutilazioni genitali, aborto forzato, molestie sessuali – artt. da 33 a 41) perseguibili penalmente e tra queste è inserito il c.d. stalking (art. 34) definito il comportamento intenzionale e minaccioso nei confronti di un’altra persona che la porta a temere per la propria incolumità.
Per quanto riguarda in particolare il
matrimonio forzato (art. 37), vengono distinti i casi nei quali una persona viene costretta a contrarre matrimonio da quelli nei quali una persona viene attirata con l’inganno in un paese estero allo scopo di costringerla a contrarre matrimonio; in quest’ultimo caso, è sanzionabile penalmente anche il solo adescamento, pur in assenza di celebrazione del matrimonio.
Il capitolo IX della Convenzione di Istanbul tratta in particolare i “Meccanismi di controllo “ con la previsione all’art. 66 della formazione di un “Gruppo di esperti” sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica con il compito di “vigilare sull’attuazione della Convenzione da parte delle Parti contraenti”; per quanto riguarda le sanzioni è previsto che le misure repressive “devono essere efficaci” comprendendo anche il carcere e l’estradizione. Previste aggravanti se il reato di violenza è commesso contro il coniuge o ex coniuge, partner o convivente e se è commesso in presenza di un bambino o su un bambino.

La Convenzione si chiude infine con l’indicazione dell’entrata in vigore “il primo giorno del mese successivo alla scadenza di un periodo di tre mesi dopo la data in cui 10 firmatari, di cui almeno otto Stati membri del Consiglio d’Europa, avranno espresso il loro consenso a essere vincolati dalla Convenzione”.

AVV.VALENTINA COPPARONI

 

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