Strage di Denver: chiesta la pena di morte per 25enne che uccise 12 persone alla prima di Batman

DENVER, 2 APRILE ’13 – Slitta all’anno prossimo il verdetto sulla strage di Denver. Il processo è stato rinviato al prossimo mese di febbraio. Sul banco degli imputati siede James Holmes, il 25enne che uccise 12 persone alla prima del film Batman nel luglio del 2012. Per lui la pubblica accusa ha chiesto la pena di morte, nonostante il giovane si sia dichiarato colpevole per evitare la pena capitale. Al cinema Aurora di Denver Holmes si era recato in occasione dell’uscita dell’ultimo capitolo della saga che ha come protagonista l’uomo pipistrello. L’antagonista di “Batman Dark Knight Rises” è Bane e probabilmente per ispirarsi a questo personaggio il 25enne era entrato al cinema con una maschera antigas provocando una vera e propria strage, uccidendo 12 persone e ferendone oltre 50. Al centro del processo, a quanto pare, ci sarà l’esito dell’incontro che Holmes ebbe con uno psichiatra dell’Università del Colorado, dove studiava, il giorno prima della sparatoria. Non si esclude che i legali del ragazzo nel processo puntino sulla salute mentale dell’autore della strage visto che è evidente che sia stato lui a sparare. La strage di Denver e quella alla scuola di Newton, in Connecticut,lo scorso dicembre, hanno riaperto il dibattito sulle armi negli Stati Uniti. A breve il presidente Barack Obama farà visita a Denver proprio per rilanciare il dibattito sulle armi da fuoco.

ELEONORA DOTTORI

D: In casi di totale infermità mentale, la giustizia italiana come si comporterebbe di fronte a un’accusa del genere?

R: In tema di capacità di intendere e volere, gli artt. 88 e 89 del nostro codice penale richiedono ai fini della esclusione della imputabilità l’esistenza di una e vera propria malattia mentale, ossia di uno stato patologico che incida sui processi intellettivi e volitivi della persona oppure di anomalie psichiche che, seppur non classificabili secondo precisi schemi medico-legali, risultino tali per la loro intensità ad escludere o scemare grandemente la capacità di intendere e volere dell’autore di un reato.
Nel nostro sistema penale è previsto che in caso di riconoscimento della totale incapacità di intendere e volere al momento in cui l’autore del reato ha agito, lo stesso venga dichiarato non imputabile con la conseguenza che non viene applicata la pena ma la misura di sicurezza del ricovero in un ospedale psichiatrico giudiziario- o in altro luogo di cura- laddove il soggetto sia considerato socialmente pericoloso. Nel caso, invece, di un riconoscimento di parziale incapacità di intendere e volere il soggetto risponde del reato compiuto, ma la pena viene diminuita. Il raptus, invece, chiamato anche “reazione a corto circuito” ossia una situazione spesso ricollegata a condizioni di turbamento psichico transitorio non dipendenti da una causa patologica bensì emotiva o passionale, non viene considerato dal nostro sistema penale quale causa di esclusione o diminuzione della capacità di intendere e volere in quanto non è considerato un fattore in grado di diminuire o limitare la capacità di rappresentazione della realtà e di autodeterminazione di un soggetto. In ogni caso, qualora le c.d. reazioni a corto circuito risultino manifestazioni di una vera e propria patologia in grado di incidere negativamente sulla capacità di intendere e volere, l’imputabilità del soggetto autore del reato potrà essere esclusa oppure diminuita con le diverse conseguenze sanzionatorie anzidette.

AVV.TOMMASO ROSSI

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