Obama in Birmania: ‘San Suu Kyi è la prova che la speranza rende liberi’.

RANGOON (BIRMANIA), 20 NOVEMBRE ’12 – Il presidente degli Stati Uniti Barack Obama in Birmania per incontrare il premio Nobel Aung San Suu Kyi. Un momento importante, soprattutto perché al rendez-vous istituzionale ha fatto seguito una speciale lezione all’università di Rangoon di fronte a centinaia di studenti. In un bel reportage del corrispondente in Birmania del Corriere.it vengono raccontati i momenti salienti della visita di Obama.
Il presidente degli Usa ha condensato in una giornata, in poche ore, tutte le tappe salienti della sua visita in Birmania. Prima l’incontro col “dittatore ravveduto” Thein Sein, poi la visita a casa del premio Nobel per la Pace Aung San Suu Kyi (una residenza-prigione ora divenuta simbolo di democrazia) e infine, il discorso agli studenti dell’università di Rangoon. “San Suu Kyi è la prova vivente che nessun essere umano può essere davvero imprigionato se nel suo cuore brucia la fiamma della speranza”, con queste toccanti parole Barack Obama ha concluso la sua speciale lezione in cattedra a Rangoon.
La visita di Obama in Birmania – Paese che esce da mezzo secolo di miseria e isolamento, deciso ad affermare con forza quell’indipendenza dalla Cina conquistata nel 1948 – è stata accolta da una folla in festa. Il Presidente, l’uomo della speranza, della rinascita, venuto “a sporcarsi le mani” come ha detto lui stesso, pur di accelerare le tappe dell’uscita dalla dittatura. Un leader che si prende i suoi rischi nella battaglia per far avanzare i diritti umani.
Nella Birmania ancora dilaniata dai conflitti etnici, ha destato commozione il discorso del presidente agli studenti. Obama ha parlato di quattro diverse libertà: di parola, di religione, libertà dalla paura, libertà dal bisogno. Una vera lezione di democrazia durante la quale il Presidente ha invocato la riconciliazione nazionale e chiesto più potere per i cittadini. Ha descritto Aung San Suu Kyi come un esempio e ha sollecitato tolleranza, comprensione e pari diritti per tutte le componenti della società birmana, citando in modo particolare il popolo Rohinghya e chiedendo il diritto di cittadinanza per questa comunità musulmana.
Importante la visita di Obama per la costruzione della democrazia in Birmania, un Paese dove bisogna innanzitutto ricostruire il tessuto sociale e anche la classe dirigente, dopo che per mezzo secolo i militari non solo hanno represso tutti i movimenti politici, ma hanno distrutto i sistemi formativi, prosciugando i canali che devono formare i nuovi professionisti nel timore che diventassero veicoli del dissenso. Obama ha anche parlato dell’esempio della democrazia a stelle e strisce, “un’esperienza che dimostra che odio e razzismo possono essere fatti indietreggiare, che in conflitti tra gruppi etnici e tribù diversi possono essere temperati. Che le diversità possono trasformarsi in un’unità più ricca che fa la forza di un Paese”.
TALITA FREZZI

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