Le mutilazioni genitali femminili: una battaglia per le donne e la civiltà

SECONDO L’”EVENING STANDARD” IN TRE ANNI PIU’ DI 2000 VITTIME DI MUTILAZIONI GENITALI IN CERCA DI AIUTO PRESSO GLI OSPEDALI LONDINESI

di Avv. Valentina Copparoni (Studio Legale Associato Rossi-Papa-Copparoni di Ancona) e Clarissa Maracci

mgf15 settembre 2013- E’ di qualche giorno fa la diffusione da parte dell’Evening standard ( e di Amnesty International) di un dato davvero allarmante: in tre anni più di duemila vittime delle mutilazioni genitali femminili che hanno cercato assistenza medica in ospedali di Londra. Nel Regno Unito la mutilazione genitale è un reato ma spesso la legge è raggirata attraverso operazioni clandestine o trasferimenti nei paesi d’origine. Almeno 298 ragazze operate per ritornare alla normalità mentre le altre hanno chiesto medicine per ridurre il dolore. Le statistiche si sono basate sui dati di sette ospedali londinesi dove ci sono specialisti per le mutilazioni femminili e dove tra l’estate del 2010 a quella del 2013 ci sono state, secondo i dati dell’Evening standard, 2.115 le pazienti curate.

Il 6 febbraio di ogni anno si celebra la Giornata internazionale per la tolleranza zero nei confronti delle mutilazioni dei genitali femminili (cosidette “MGF”).
Una stima ufficiale dei dati è sempre molto difficile perché spesso il muro di silenzio delle donne nasconde numeri più grandi di quelli già drammaticamente enormi: secondo l’Organizzazione mondiale per la  Sanità 130 milioni di donne e bambine che nel mondo avrebbero già subito mutilazioni di questo genere e per sempre ne subiranno le conseguenze fisiche e psicologiche.
Amnesty International conta che ogni giorno 8000 donne e bambine vengono sottoposte a tali pratiche. Le zone maggiormente interessate sono i paesi africani e alcuni della zona asiatica ma i flussi migratori hanno fatto conoscere questo fenomeno anche in Europa e nel resto del mondo. Spesso l’uso di tali pratiche viene associato esclusivamente alla religione islamica ma non è cosi: infatti le MGF vengono praticate anche in popolazioni africane cristiane e animiste e trovano fondamento per lo per lo più nelle società di tipo fortemente patriarcali.

IN ITALIA: L’Italia considera le mutilazioni dei genitali femminili una grave e inaccettabile violazione del diritto alla salute e all’integrità fisica previsto e tutelato dalla nostra Costituzione. Prima dell’emanazione della legge n. 7 del 2006, il nostro paese puniva tali pratiche sulla base degli articoli 582 e 583 del codice penale ovvero considerandole lesioni personali gravi o gravissime oppure ricorrendo, nel caso di pratiche compiute su bambine, con il ricorso a provvedimenti di decadenza o sospensione della potestà genitoriale.

In attuazione dell’art. 32 della Costituzione, è stata emanata la legge n. 7/2006, con lo scopo “di prevenire, contrastare e reprimere le pratiche di MGF quali violazioni dei diritti fondamentali all’integrità della persona ed alla salute delle donne e delle bambine”.  In particolare la legge ha introdotto una specifica fattispecie criminosa che punisce tali pratiche ovvero l’art. 583-bis. – (Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili) che stabilisce :

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, cagiona una mutilazione degli organi genitali femminili è punito con la reclusione da quattro a dodici anni. Ai fini del presente articolo, si intendono come pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili la clitoridectomia, l’escissione e l’infibulazione e qualsiasi altra pratica che cagioni effetti dello stesso tipo.

Chiunque, in assenza di esigenze terapeutiche, provoca, al fine di menomare le funzioni sessuali, lesioni agli organi genitali femminili diverse da quelle indicate al primo comma, da cui derivi una malattia nel corpo o nella mente, è punito con la reclusione da tre a sette anni. La pena è diminuita fino a due terzi se la lesione è di lieve entità. La pena è aumentata di un terzo quando le pratiche di cui al primo e al secondo comma sono commesse a danno di un minore ovvero se il fatto è commesso per fini di lucro.
La condanna ovvero l’applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per il reato di cui al presente articolo comporta, qualora il fatto sia commesso dal genitore o dal tutore, rispettivamente:

1) la decadenza dall’esercizio della responsabilità genitoriale;

2) l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente alla tutela, alla curatela e all’amministrazione di sostegno.

Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì quando il fatto è commesso all’estero da cittadino italiano o da straniero residente in Italia, ovvero in danno di cittadino italiano o di straniero residente in Italia. In tal caso, il colpevole è punito a richiesta del Ministro della giustizia.
Art. 583-ter  (Pena accessoria). – La condanna contro l’esercente una professione sanitaria per taluno dei delitti previsti dall’articolo 583-bis importa la pena accessoria dell’interdizione dalla professione da tre a dieci anni. Della sentenza di condanna è data comunicazione all’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri».

L’INFORMAZIONE  E LA PREVENZIONE– Siccome la conoscenza dei propri diritti inviolabili è il primo, e forse più importante, strumento in mano alle donne per impedirne la violazione, con la medesima legge del 2006,  proprio allo scopo di prevenire e contrastare le pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili, si prevede che il Ministro per le pari opportunità, d’intesa con i Ministri della salute,dell’istruzione, dell’università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali, degli affari esteri e dell’interno e con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, predispongano appositi programmi diretti a:

a) predisporre campagne informative rivolte agli immigrati dai Paesi in cui sono effettuate le pratiche di cui all’articolo 583-bis del codice penale, al momento della concessione del visto presso i consolati italiani e del loro arrivo alle frontiere italiane, dirette a diffondere la conoscenza dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle bambine, e del divieto vigente in Italia delle pratiche di mutilazione genitale femminile;

b) promuovere iniziative di sensibilizzazione, con la partecipazione delle organizzazioni di volontariato, delle organizzazioni no profit, delle strutture sanitarie, in particolare dei centri riconosciuti di eccellenza dall’Organizzazione mondiale della sanità, e con le comunità di immigrati provenienti dai Paesi dove sono praticate le mutilazioni genitali femminili per sviluppare l’integrazione socio-culturale nel rispetto dei diritti fondamentali della persona, in particolare delle donne e delle

bambine;

c) organizzare corsi di informazione per le donne infibulate in stato di gravidanza, finalizzati ad una corretta preparazione al parto;

d) promuovere appositi programmi di aggiornamento per gli insegnanti delle scuole dell’obbligo, anche avvalendosi di figure di riconosciuta esperienza nel campo della mediazione culturale, per aiutarli a prevenire le mutilazioni genitali femminili, con il coinvolgimento dei genitori delle bambine e dei bambini immigrati, e per diffondere in classe la conoscenza dei diritti delle donne e delle bambine;

e) promuovere presso le strutture sanitarie e i servizi sociali il monitoraggio dei casi pregressi già noti e rilevati localmente.

La repressione di tali pratiche criminose passa anche attraverso la punizione (con sanzioni pecuniarie e in alcuni casi anche interdizioni dall’esercizio dell’attività) di quegli enti, società o comunque persone giuridiche all’interno delle quali vengono praticate tali operazioni illegali. Infatti la legge del 2006 ha esteso la responsabilità penale-amministrativa degli enti di cui al D. lgs. 231/2001 anche alle ipotesi di reato di cui all’art 583bis c.p.

NUMERO VERDE DI ASSISTENZA– La legge n. 7/2006 ha previsto anche l’istituzione di un numero verde gratuito: 800.300.558 contro le pratiche di mutilazione genitale femminile. Il servizio, disponibile dal lunedì al venerdì dalle 8.00 alle 14.00 e dalle 15.00 alla 20.00, è gestito dalla Direzione Centrale Anticrimine del Dipartimento della pubblica sicurezza e le telefonate sono ricevute da personale specializzato del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato che, oltre all’assistenza, ha il compito di comunicare le eventuali notizie di reato.

RISOLUZIONE ONU- Nel dicembre 2012 è stata approvata anche dall’Assemblea Generale dell’ONU una risoluzione contro le mutilazioni genitali femminili. Il testo, il primo dedicato specificamente al tema, è stato presentato dal gruppo dei Paesi africani con il sostegno dell’Italia, ed è stato approvato all’unanimità ( anche se non ancora vincolante). La risoluzione esorta gli Stati membri a condannare la pratica a cui sono state sottoposte 70 milioni di giovani donne solo nel 2010, 6 mila ragazzine ogni giorno. Sebbene non sia ancora vincolante, la Risoluzione dell’Assemblea Generale è stata sostenuta da più di 100 paesi e adottata all’unanimità. Definisce la pratica della mutilazione come pericolosa ed una seria minaccia alla salute mentale, psicologica e sessuale delle donne e delle ragazze. Si rivolge ai 193 membri delle Nazioni Unite al fine di condannare questa pratica e lanciare programmi educativi per sradicarla. Richiede con urgenza che tutti i paesi adottino una legislazione che proibisca la mutilazione genitale femminile e punisca chi la viola. Richiede di adottare tutte le misure necessarie affinché vengano avviati programmi di informazione ed educazione sul tema nei paesi dove questa viene ancora praticata.

Secondo quanto spiegato dall’OMS, la mutilazione genitale include “tutte quelle procedure che alterano intenzionalmente o causano un danno agli organi genitali femminili per ragioni non mediche. Queste operazioni possono causare un sanguinamento eccessivo, problemi ad urinare, cisti successive, infezioni, infertilità e aborti. Solitamente, le donne sono sottoposte al cd. Cutting in un’età compresa fra l’infanzia e i 15 anni. Solo in Africa, 92 milioni di bambine di 10 anni hanno subito la mutilazione. La circoncisione, è una violazione dei diritti umani.” – conclude l’OMS. Ed in vero, la circoncisione femminile è riconosciuta internazionalmente come una violazione dei diritti delle donne, poiché riflette la disuguaglianza ancestrale tra uomo e donna, è la forma estrema di discriminazione nei confronti della donna, nonché dei bambini (poiché spesso viene praticata nell’età dell’infanzia). L’OMS spiega anche che ci sono quattro tipi di mutilazione genitale femminile: circoncisione (o infibulazione al-sunna), escissione al-wasat, infibulazione (circoncisione faraonica o sudanese) e altre tipologie varie, in base al tipo di operazione che viene praticata. Anche l’età può variare da stato a stato: nel sud della Nigeria si praticano sulle neonate, in Somalia sulle bambine, in Uganda sulle adolescenti.

Le credenze religiose e sociali – Le ragioni della mutilazione affondano nella religione, nella cultura tribale, nella comunità stessa che è alla base della società. Laddove la mutilazione è una convenzione sociale, si tratta di una tradizione da portare avanti, come di un “passaggio” che la donna deve attraversare nella propria vita per essere degna di sposarsi e condurre la vita matrimoniale. In altri casi invece, è volta ad assicurare la fedeltà della moglie al proprio marito, poiché viene rimossa la parte di lei che si considera “impura”, quindi portatrice di tradimento. Questo accade nel terzo tipo di mutilazione ( l’infibulazione), in cui la donna non ha la possibilità di avere rapporti sessuali senza subire un dolore atroce, relativo al distaccamento della cucitura praticata con l’operazione. Anche se non vi sono scritti che possano ricondurre questa pratica ad alcuna religione, chi la pratica, spesso un soggetto stimato nella comunità, è convinto di agire nell’ossequio della propria fede.

Pur nel doveroso rispetto delle diversità culturali, sono convinta che non sia possibile accettare pratiche che proprio in nome di queste diversità culturali, violano l’integrità fisica della donna e con essa ne reprimono in modo permanente anche la dignità.
Come detto, Amnesty International conta che ogni giorno nel mondo 8000 donne e bambine  subiscano mutilazioni dei propri genitali.
Spero che nei giorni a venire, passo dopo passo,  anche una sola donna alla volta di quelle 8000 riesca a reagire di fronte a tale violenza fisica e psicologica e acomprendere che la conoscenza è in grado di renderle veramente libere.

Sul tema delle MGF riproponiamo anche, al seguente link (http://www.fattodiritto.it/arte-e-cultura-contro-le-mutilazioni-genitali-femminili/), la lettura dell’approfondimento di Francesco Mazzanti “Arte e cultura contro le mutilazioni genitali femminili” pubblicato sul nostro Fatto & Diritto Magazine e tratto dal mensile Urlo.

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