La finale della (coppa) Italia

imagesdi Mosè Tinti

Ieri sera a casa, appena finito di cenare, ho pensato di guardare il primo tempo della finale di Coppa Italia tra Napoli e Fiorentina.

Sono da poco passate le 20:30 e su Rai Uno c’è già la diretta del pre-partita, con giornalisti, opinionisti ed ex calciatori vari, che discutono sul percorso delle due squadre fino alla finale, sulle formazioni, sul modulo. Vengono ricordati l’appello fatto da Papa Francesco ai giocatori di essere un esempio, il clima sereno e disteso tra i due allenatori, l’azzurro Benitez ed il viola Montella. Sembra essere una bella serata di sport, con molti bambini sugli spalti, senza nessun problema, tanto che addirittura parte una clip con Pasqual, giocatore e capitano della Fiorentina, che ci parla dell’alimentazione dei calciatori.

Mi distraggo un attimo e quando rimetto gli occhi sulla Tv, vedo Hamsik, capitano del Napoli, circondato dai suoi dirigenti. Ha la faccia un pò disorientata, lo sguardo preoccupato. Nel frattempo i telecronisti segnalano che nella curva del Napoli non sventola alcuna bandiera da qualche minuto e subito dopo arriva la sconcertante ma ancora nebulosa notizia: un agguato ad un gruppo di tifosi napoletani è terminato con colpi di pistola che hanno ferito lievemente due ragazzi e ridotto un terzo in fin da vita.

E’ corsa all’informazione e si cerca di capire cosa sia esattamente accaduto. Si arriva a capire che nel tardo pomeriggio Ciro Esposito, 31enne tifoso del Napoli, è stato colpito dai proiettili esplosi dal capo ultrà romanista, Daniele De Santis di 48 anni, già famoso per aver fatto sospendere nel 2004 un derby capitolino tra Roma e Lazio dopo un colloquio con Totti: in quell’occasione, sembrava che un bambino fosse stato investito da una camionetta della Polizia e fosse deceduto. Il derby non si giocò, la notizia era falsa, ma vi furono gravi scontri tra tifosi e forze dell’ordine.

Ciro Esposito, invece, è stato realmente ferito e trasportato all’Ospedale Policlinico Gemelli dove in queste ore sarà sottoposto ad un delicato intervento chirurgico. Le sue condizioni sono stabili, ma gravissime ed è appeso alla vita con un filo sottilissimo.

” La dinamica è folle e semplice – dice Diego Parente, dirigente della Digos durante la conferenza stampa in Questura – De Santis lavorava in un circolo ricreativo vicino a Tor Di Quinto. Da lì ha deciso di avvicinarsi ai tifosi in transito verso lo stadio e ha lanciato petardi. I napoletani, purtroppo, hanno risposto alle sue provocazioni e ne è nata una rissa. Mentre scappava, De Santis è scivolato, sentendosi minacciato da un bel gruppo di tifosi che lo inseguivano a viso coperto e armati di bastoni, ha esploso quattro colpi di arma da fuoco. Dopo l’arma si è inceppata ed è stato malmenato dai tifosi napoletani. La dinamica è questa: lo abbiamo arrestato per rissa e per tentato omicidio”.

Torniamo all’Olimpico.

Sono circa le 21:00 e la minuzia di particolari non c’è. Gli ultrà del Napoli vogliono che la partita non venga giocata per rispetto del tifoso gravemente ferito. Il conciliabolo tra Hamsik ed i dirigenti partenopei riguardava la possibilità che lo sloveno andasse a parlare con i tifosi per mediare, per dare informazioni sullo stato di salute di Ciro Esposito, tranquillizzare la curva e rendere possibile un tranquillo inizio di gara.

Osservo Hamsik ed i dirigenti avvicinarsi alla curva occupata dai tifosi del Napoli.  Sono seguiti da pompieri e steward. Appena questi ultimi si avvicinano vengono lanciati fumogeni e petardi potentissimi al loro indirizzo: si crea una barriera, una linea di confine che divide Hamsik, i dirigenti ed i tifosi da coloro che rappresentano l’ordine. Questi ultimi infatti non possono che fermarsi sul ciglio della pista di atletica dell’Olimpico ed osservare. Un vigile del fuoco viene stordito dallo scoppio di petardo e viene aiutato dai colleghi a rifugiarsi nella pancia dello stadio: per fortuna niente di grave.

“Ma come si fa?”-penso ed inizio a vergognarmi.

Purtroppo non sarebbe finita qui. Durante i lanci di fumogeni e bombe carta, un energumeno scavalcava i cancelli e scendeva sulla pista di atletica, urlando e richiamando l’attenzione dei tifosi per farli smettere e calmare nel lancio. Il soggetto in questione è il capo ultrà azzurro ed è il “delegato” a parlare con Hamsik e la dirigenza. Vigili e stewards si allontanano, come già descritto, e sotto il cancello da poco scavalcato si forma un nuovo salotto dove si discute.

Di cosa?Mi domando. Cosa deve essere spiegato ad un capo ultrà? Che ruolo riveste all’interno dell’organizzazione di una finale di Coppa Italia? Perchè il calcio deve essere in balia di questa persona, quando sono presenti nello stesso stadio il presidente del Consiglio Matteo Renzi, il presidente del Senato Grasso, il presidente del Coni Malagò, il presidente della Federcalcio Abate, il presidente della FIGC Beretta, il presidente della Fiorentina Della Valle, il presidente del Napoli De Laurentiis? A che titolo Hamsik deve parlare con lui? Più guardo il capitano del Napoli, più mi fa pena: in silenzio, non dice una parola, appoggiato con le spalle al cancello e con il capo ultrà che parla e dice non so quali parole.

Noto una scritta sulla maglia del capo ultrà: “Speziale libero”. Chi è Speziale?Mi domando ancora, il nome non mi è nuovo poi il cronista viene in mio aiuto. Speziale è il delinquente che ha ucciso l’ispettore Raciti nel 2007 dopo una partita del Catania.

Mi vergogno un pò di più.

Hamsik rientra negli spogliatoi e si sparge la voce che la partita sarà giocata. Intorno alle 21:30, arriva la nota del Prefetto di Roma che dice che la partita va giocata. Apposto: di cos’altro c’è bisogno? La partita si gioca, che lo spettacolo abbia inizio.

No. Esce Hamsik dagli spogliatoi, si riavvicina alla curva ed il signore con la maglia “Speziale libero” viene di nuovo interpellato. Dopo un brevissimo colloquio, il capo ultrà dà il suo assenso. Solo allora si può giocare. Emblematico il telecronista che dice: “il capo ultrà ha detto che possiamo giocare. Si gioca”.

Mi nascondo la bocca sotto la maglia e vorrei che nessuno vedesse quanto sta accadendo. Ma siamo in mondo visione e questa bella cartolina girerà tutto il globo.

Come se non bastasse, il signore che ha deciso che la finale di Coppa Italia potesse essere giocata si chiama Gennaro De Tommaso, detto “Genny ‘a carogna”, il quale, secondo fonti investigative, sarebbe figlio di Ciro De Tommaso, ritenuto affiliato al clan camorristico del Rione Sanità dei Misso.

Finita qui? Non c’è limite al peggio. Pensavo che fosse sufficiente, che il senso di decenza salvasse tutto il resto.

L’inno nazionale sommerso di fischi è l’apoteosi della stupidità. Perchè? Che senso aveva fischiarlo? Non riesco a dare risposte. La faccia di Della Valle è torva, cupa, ombrosa, una maschera senza espressione. Penso che provi lo stesso sdegno che provo io da casa e si domandi: “Chi me lo fa fare?”.

Fortuna due bambini: uno con la maglia della Viola, l’altro con la maglia del Napoli cantano a squarciagola l’inno abbracciati.

Sono atterrito. Per uno che ama il calcio, ieri sera è stato uno strazio. Per uno che crede che il comportamento manifestato in uno sport rappresenta il modo di essere di una persona, ieri sera è stato come venire traditi dalla persona amata. Se è lecito aspettarsi che una persona si comporti in mezzo al campo così come si comporta nella vita, lo stesso vale per lo Stato, dal quale ci si aspetta che gestisca la res publica così come gestisce la finale della Coppa che porta il suo nome.

E non c’è da star tranquilli: ieri sera abbiamo visto che uno come “Gerry ‘a carogna” può essere più importante del presidente del Consiglio, del presidente del Senato, del Prefetto di Roma, del presidente del Coni, messi insieme.

La ciliegina sulla torta: invasione di campo a fine gara da parte di esponenti del tifo napoletano, che vanno a fare gestacci ed insultare i tifosi fiorentini, posizionati nella curva opposta.

Ah, scusate: si è anche giocata una partita di calcio ieri. Il Napoli ha battuto la Fiorentina per 3 a 1 ed ha conquistato la sua quinta Coppa Italia.

 

 

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