DIRITTO ALLA CULTURA- Paul Gauguin, la ricerca continua del paradiso in terra

 “E chiudo gli occhi per vedere…” (Paul Gauguin)

La sua vita spesso è stata definita come un viaggio alla ricerca del “paradiso” in terra, viaggiando in lungo ed in largo, sia fisicamente che con l’anima, dalla Bretagna alla Polinesia : sto parlando della vita dello straordinario Paul Gauguin.
Nasce a Parigi nel 1848 ma in terra francese rimane poco perché già un anno dopo la la madre, rimasta poi vedova, lo porta a Lima (Perù) dal nonno materno. Qui Paul rimane fino all’età di 7 anni in mezzo a lusso ed affetto, forse il primo vero paradiso che tanto cercherà ancora nella vita e forse non troverà mai.
Nel 1855 la famiglia si trasferisce a Orléans ma gli anni trascorsi in terra peruviana segnano fortemente l’animo e l’arte di Gauguin soprattutto per l’impatto con una cultura diversa da quella occidentale dalla quale rimarrà fortemente affascinato.


Inizia cosi una vita itinerante. A diciassette anni si imbarca, due anni dopo arriva alle Indie e mentre si trova lì viene a sapere della morte della madre che gli ha designato come tutore Gustave Arosa, un fotografo e collezionista di quadri moderni.
Dopo essere stato costretto a ripartire per il servizio militare, nel 1873 sposa una giovane danese, Mette Sophie Gad, dalla quale ha cinque figli.
E’ in quel periodo che conosce Pisarro ed inizia a raccogliere quadri impressionisti e partecipa lui stesso alla quarta mostra impressionista dove Joris-Karl Huysmans nota la sua opera. Ben presto però la crisi finanziaria di quell’epoca e la separazione dalla moglie lo costringono a vendere una parte della sua collezione e anche a svolgere mestieri più umili ai quali non era abituato; l’animo inquieto ed alla continua ricerca del paradiso terrestre lo portano verso i tropici e cosi in compagnia del pittore Charles Laval si reca prima a Panama e poi alla Martinica.
Ancora lo stile artistico di Gauguin, però, non è venuto alla luce. Forse dal soggiorno in Martinica inizia a prendere corpo una tavolozza fatta di colori intesi ma sarà con l’opera “La visione dopo il sermone” del 1888 che sembra delinearsi la sua impostazione. Gauguin rifiuta la prospettiva perchè forse soltanto in questo modo, cosi poco ragionato, può riuscire a realizzare un’opera veramente spirituale. Inizierà ad essere considerato il pittore “simbolista” per eccellenza.


Alla fine del 1888 Gauguin trascorre due mesi ad Arles in compagnia di Van Gogh.
I due sono amici ma hanno caratteri opposti e lo dimostrano anche le loro opere . Del loro complicato rapporto tra i due parla anche il cantante statunitense Donald McLean nel brano che ha dedicato (“Starry Starry Night”) al quadro “Notte stellata “ di Van Gogh, canzone poi riarrangiata in Italia da Roberto Vecchioni nella bellissima “Vincent”.
Il brano è costruito su un dialogo intenso tra Van Gogh e Gauguin e ritrae un Van Gogh rivisitato dalla memoria dell’amico Paul Gauguin, fuggito nell’isola di Tahiti, che con straordinaria capacità sa rappresentare quale sia stato il senso della sua vita e della sua pittura.

 “Guarderò le stelle

com’erano la notte ad Arles,

appese sopra il tuo boulevard;

io sono dentro agli occhi tuoi,

Víncent.

Sognerò i tuoi fiori,

narcisi sparpagliati al vento,

il giallo immenso e lo scontento

negli occhi che non ridono,

negli occhi tuoi,

Vincent.

Dolce amico mio,

fragile compagno mio,

al lume spento della tua pazzia

te ne sei andato via,

piegando il collo

come il gambo di un fiore:

scommetto un girasole.

Sparpagliato grano,

pulviscolo spezzato a luce

e bocche aperte senza voce

nei vecchi dallo sguardo che non c’è

poi le nostre sedie

le nostre sedie così vuote

così “persone”,

così abbandonate

e il tuo tabacco sparso qua e là.

Dolce amico,

fragile compagno mio

che hai tentato sotto le tue dita

di fermarla, la vita:

come una donna amata alla follia

la vita andava via:

e più la rincorrevi

e più la dipingevi a colpi rossi

gialli come dire “Aspetta!”,

fino a che i colori

non bastaron più…

e avrei voluto dirti, Vincent,

questo mondo non meritava

un uomo bello come te!

Guarderò le stelle,

la tua, la mia metà del mondo

che sono le due scelte in fondo:

o andare via o rimanere via.

Dolce amico mio,

fragile compagno mio,

io, in questo mare,

non mi perdo mai;

ma in ogni mare sai

tous le bateaux

vont à l’hazard pour rien”.

Addio, da Paul Gauguin.”.

All’inizio del 1889, in occasione dell’Esposizione universale, Paul Gauguin organizza una mostra del gruppo impressionista e sintetista; nessun successo ma soprattutto molti giovani pittori lo ammirano e si stringono intorno a lui attratti dal una personalità molto forte e da idee molto stimolanti.
Gauguin però è di nuovo acceso dal desiderio di partire e questa volta la meta è Tahiti, dopo aver visitato e vissuto Polinesia ed Isole Marchesi.
Per finanziarsi questo nuovo viaggio è necessaria una nuova vendita all’asta dei suoi quadri cosi con il ricavato acquista un biglietto di sola andata per Tahiti.

 

Il paradiso tanto cercato forse è stato scelto.


Qui sembra trovare l’armonia interiore sempre ricorsa e sembra ritrovare anche il sentimento dell’amore. Le donne che qui conosce e che ama sono lontanissime da quelle rinchiuse da severi schemi occidentali. Questa serenità stimola la sua pittura, sia qualitativamente che come quantità di opere prodotte.
Nell’agosto 1893 per un’eredità lasciata da uno zio torna a Marsiglia, organizza anche una mostra ed un’altra vendita delle sue tele, senza grande successo.
Riesce comunque a tornare a Tahiti nel 1895 e si ferma sulla costa occidentale, a Punaauïa.
Purtroppo però il soggiorno nell’Oceania non è per Gauguin sempre un paradiso. La sua salute peggiora tra alcolismo e sifilide e a questo si aggiunge un periodo di detenzione alle Isole Marchesi per aver sostenuto una ribellione di indigeni.
Gauguin costruisce e decora la sua casa in stile locale chiamandola “Casa del piacere” che insieme al terreno che la circonda diventano una vera e propria opera d’arte, con stipiti e architravi intagliati, decorazioni scolpite e un giardino dove pianta girasoli importati dalla Francia.
Muore a Hiva Oa nel 1903, a 55 anni.

Un artista Gauguin che partendo dall’esperienza impressionista ha cercato invece altrove, lontano anche fisicamente, quel distacco dalla società di quell’epoca che sentiva cosi lontano dal suo animo. Ed ecco il rifugio in luoghi esotici, quasi primitivi e mistici, incontaminati dove i colori sono protagonisti con tutta la loro carica e forza senza essere offuscati dalle zavorre del mondo occidentale. Non è solo il paesaggio ad affascinare Gauguin ma anche la popolazione, i costumi, le loro forme di arte, la serenità che sembra colorare le loro vite.
Sulle tele i colori diventano sempre più protagonisti, stesi con la spatola e rifiniti solo col pennello. Colori che danno sostanza a figure imponenti su uno scenario senza prospettiva. Per rappresentare le donne, le “sue”donne, Gauguin usa linee più soavi, le loro vesti cadono senza pieghe, senza chiaroscuro. I colori diventano attraverso le pennellate di Gauguin lo strumento per far arrivare all’osservatore la bellezza di quei luoghi.
E cosi ecco la terra giallo oro, il verde lucente dei prati , il marrone quasi arancione della pelle degli indigeni.
E’ stato definito “un moderno Ulisse” che, però, non è più tornato a casa trovando il suo “luogo”n una terra lontana ma forse neppure troppo.


Nel resoconto che scrive sulla sua vita in quelle terre, Noa Noa (pubblicato nel 1897), si legge: “Sono fuggito da tutto ciò che è artificiale e convenzionale. Qui entro nella Verità, divento uno con la natura. Dopo il morbo della civilizzazione, la vita in questo nuovo mondo è un ritorno alla salute“.

Quasi un invito a tutti di cercare il proprio “luogo”, lontano o vicino che sia, purchè proprio”.

VALENTINA COPPARONI

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