Ispirato a una storia vera, il nuovo film della regista porta in scena il desiderio di apparire dei teenager di oggi
di Sabina Loizzo
Cosa significa Bling Ring? Presto detto: banda di gioielli. Cos’è un wannabe? Anche qui si fa presto: un wannabe è qualcuno che aspira a qualcosa o a diventare qualcuno o semplicemente si atteggia come se lo fosse già quel qualcuno. Mettete insieme un gruppo di wannabe e la possibilità per loro di ottenere gioielli e comodità di ogni genere dai principali membri del jet set Hollywoodiano con estrema facilità e avrete il 70% del film. C’è di bello che la storia del film è un fatto realmente accaduto. Per la serie “non sono cose che si vedono solo nei film”, questi adolescenti delinquenti e smaniosi di apparire sono realmente esistiti e hanno scosso il già facilmente suggestionabile popolo americano nel 2010 al punto da ispirare una giornalista di Vanity Fair USA, Nancy Jo Sales, per l’articolo che li ha resi famosi a tutti gli effetti: “I sospetti indossavano Louboutins”. L’articolo diventerà poi la base per Sofia Coppola per realizzare il suo film.
L’intera faccenda comincia quando Marc e Rebecca (Israel Broussard e Katie Chang) si incontrano a scuola. I due ragazzi condividono molte cose: la voglia di fuggire dalle loro vite monotone, New York come unica destinazione possibile, la moda e il gossip come religione di vita e il desiderio di diventare qualcuno. Rebecca è la più temeraria dei due ed è lei che mostra al ragazzo, ancora impacciato, quanto sia facile “prendere in prestito” cose belle e costose dalle macchine dei ricconi lasciate incustodite e totalmente disponibili al primo arrivato. Roba che ti chiedi se in California conoscono l’antifurto o il semplice concetto di “chiudi a chiave”. Ma nel mondo dorato dei ricconi di L.A. non c’è spazio neanche per un briciolo di prudenza e per i nostri neo Bonnie e Clyde è facile introdursi nella villa della reginetta del “Party Hard”: Paris Hilton ha una chiave della porta di ingresso sotto lo zerbino. Con tanto di portachiavi a forma di Tour Eiffel, autoreferenzialità a gogò. Marc e Rebecca fanno il colpaccio e per loro è l’inizio di una nuova scintillante vita, fatta di Gucci, Prada e Louis Vuitton a spese delle loro vittime. Ben presto a loro si uniscono la disinibita Nicky (Emma Watson) con la sua amica Sam (Taissa Farmiga) e la biondissima Chloe (Claire Alys Julien). Quello che sembrava un gioco pericoloso e proprio per questo affascinante si trasforma ben presto in una vera e propria organizzazione a delinquere, mentre a Paris Hilton si aggiungono altre star derubate, come Audriana Patridge (partecipò a The Hills, una specie di reality ambientato nella vera Orange County, in Italia andò in onda su MTV), Rachel Bilson, Orlando Bloom e Lindsay Lohan, vero idolo per Rebecca. Ma, a tirare troppo la corda questa si spezza e i nostri amanti del lusso, imitatori di vite troppo glamour per essere reali, si troveranno a dover presto rispondere delle loro azioni…
Ancora una volta Sofia Coppola conferma il suo interesse per il mondo dell’adolescenza, ormai una marca distintiva del suo modo di fare cinema. A questo si aggiunge un altro tema caro alla regista, il tema della popolarità e del desiderio di apparire, un tema spesso legato al mondo dei giovani. Guardando il film in sala ho pensato che solo la Coppola avrebbe potuto portare una storia del genere al cinema e con un risultato più che soddisfacente. Sofia sonda ancora una volta un mondo che la affascina da sempre, ne segue il profilo alla ricerca di qualcosa che ne determini i contorni senza però risultare troppo pesante e lasciando che, quasi volontariamente, le sfugga il guizzo tanto ricercato. Eppure, nonostante quel senso di incompiuto, quell’essere volatile che è evidente soprattutto nel finale, aperto che più aperto non si può, la Coppola sembra comunque centrare il segno. I ragazzi del suo film non hanno storie turbolenti alle spalle, passati difficile e storie familiari devastanti tali da spingerli a compiere dei crimini. Il motivo delle loro azioni, forse, non lo sanno neanche loro. Ma nella mancanza di una vera risposta e nonostante le scelte estreme compiute dai protagonisti di questa storia, Sofia Coppola riesce con questo film a dare un ritratto dissacrante di una generazione e di un momento storico, individuabile sotto le migliaia di Chanel e Jimmy Choo di questa pellicola, che è quello che stiamo vivendo. Tuttavia, a discapito della prospettiva esterna e di uno sguardo che pare allontanare la regista dai suoi personaggi come mai prima d’ora – l’esempio più esplicito è la scena in cui vengono ripresi Marc e Rebecca in una delle loro incursioni con un campo decisamente lungo – Sofia Coppola non si assume nessun ruolo di giudice e non ha alcun interesse nel fare della sua storia un esempio didascalico. Il suo intento è quello di raccontare una storia e di farlo nel modo migliore che conosce. Sarà poi lo spettatore a scegliere che significato dare alla sua visione, se vuole davvero darne un significato. Sarà per questo che, quando nella scena di chiusura ti ritrovi ad osservare il volto di Emma Watson, hai come il sentore che qualcosa ti sia appena sfuggito di mano.
I giovani attori protagonisti assolvono benissimo il compito loro affidatogli. Bravi Israel Broussard e Katie Chang; Emma Watson cancella le ultime tracce dell’Hermione potteriana con quella scena in cui balla sensuale e provocante, e conferma di avere stoffa – e che stoffa! –; Taissa Farmiga, già apprezzata in American Horror Story, ci convince sempre di più.
Non manca un apprezzamento alla colonna sonora di questo film – a base di Kanye West, M.I.A. e Phoenix – le cui sonorità hip hop ed elettroniche danno ritmo all’intero film, il quale ha un andamento decisamente più veloce e dinamico in contrasto a quello lento e flemmatico del precedente lavoro di Coppola, Somewhere.
Bling Ring è un film che darà origine a molte opinioni contrastanti tra i fan della regista ma anche tra spettatori alla prima volta con una sua pellicola. Non si può negare, però, che ci troviamo di fronte a un film pienamente coppoliano, con dentro tutto ciò che ama la regista e che la identifica, oltre che il suo indiscutibile talento. Proprio per questo, a mio parere, Bling Ring è un film godibile e una visione interessante, la cui unica pecca è forse il già citato senso di incompletezza, che però non mette assolutamente in discussione l’essere una prova più che buona della regista e del suo cinema.