Cinema & Diritto- Vita spericolata, tenerezza e diffidenza: il mito di Steve McQueen

BUON COMPLEANNO A STEVE MCQUEEN

di Valentina Copparoni

Terence Steve McQueen nasce il 24 marzo del 1930 nell’Indiana, nel sobborgo di Beach Grove. Figlio non desiderato di una giovane  donna che non riesce ad occuparsi di lui, viene abbandonato a pochi mesi dal padre alcolista Bill di cui si sa pochissimo, era un marinaio  con un passato da aviatore acrobatico amante del gioco d’azzardo . Steve vive un’infanzia davvero difficile, alla continua ricerca dell’ affetto materno. La donna però, forse troppo giovane, invece di dedicarsi al piccolo passa di storia in storia ed il piccolo Steve spesso subisce maltrattamenti dagli uomini che affiancano la donna  oppure viene affidato alle cure di uno zio più benestante.
Ben presto Steve finisce al riformatorio Boys Republic di Chino e  quando esce, dopo quattordici mesi, cerca ancora  di ritrovare la madre a New York, di ricreare o forse di creare veramente per la prima  volta un legame  madre-figlio che fino a quel momento non aveva mai avuto. Ma ancora una volta si sente rifiutato e decide di andarsene.
Per guadagnarsi qualcosa da vivere si dedica a vari lavori fino a quando nel 1947 si arruola nei marines, dai quali dopo tre anni viene congedato con onore per aver salvato dall’assideramento diversi commilitoni durante un’esercitazione al Polo Nord. Torna a New York e nella città che sembra concedere a tutti almeno un’opportunità Mc Queen e qui inizia a recitare frequentando scuole d’arte drammatica.
Intanto cresce sempre di più la sua passione per i motori, auto e moto, e di pari passo  aumenta la sua fama di play boy che lo accompagnerà sempre ed in qualche modo aiuterà la sua carriera.

Sguardo profondo, ombroso, spesso diffidente ma altre volte anche con un lato inaspettatamente tenero, sicuramente quando si parla di “vita spericolata” non si può non pensare  a lui. Una vita al massimo, vissuta a pieno fino alla fine.
Nel 1950 si congeda dai marines e torna a cercare di sopravvivere tra mille lavori, in un campo petrolifero in Texas, poi come boscaiolo in Canada  e poi di nuovo a New York dove per mantenersi lavora  come fattorino, commesso per un negozio di scarpe, tassista.
Nel 1955 l’appuntamento con il destino: tra duemila candidati solo lui e Martin Landau (il comandante Koenig della Base Alfa di Spazio 1999) riescono ad essere ammessi al prestigioso Actor’s Studio di Lee Strasberg.
La vita personale e la carriera di Steve iniziano un periodo molto vitale e di successi, si  sposa con la cantante e ballerina Neile Adams e nel 1956 ottiene una piccola parte in “Lassù qualcuno mi ama” di Robert Wise, biografia romanzata del pugile campione mondiale dei pesi medi, Rocky Graziano, accanto a Paul Newman. Il primo ruolo da protagonista però nell’horror fantascientifico “The Blob”.
La CBS poi lo chiama per interpretare Josh Randall protagonista della serie western “Wanted Dead or Alive”, cacciatore di taglie affascinante, duro e solitario, che gli regala una grande fama.
Qualche anno dopo il regista John Sturges lo scrittura per un ruolo in “Sacro e profano” accanto a Frank Sinatra,  piace molto al regista che lo vuole l’anno successivo nel film  “I magnifici sette e poi in “La grande fuga”, pellicola che gli regala il successo mondiale con il ruolo del prigioniero nello Stalag ‘Luft Nord’, campo di concentramento nazista che, insieme ad un gruppo di commilitoni, progettano e tentano una fuga.

Tra i suoi lavori più importanti  “Soldato sotto la pioggia” e “Strano incontro” del 1963, “L’ultimo tentativo” e “Cincinnati kid” del 1965, “Nevada Smith” e “Quelli della San Pablo” del 1996, pellicola questa che gli regala la nomination all’Oscar per la splendida interpretazione di un marinaio che lotta  contro lo sfruttamento dei cinesi a bordo della nave. Nel 1968 “Il caso Thomas Crown” e “Bullit”. Altri due successi incredibili che rendono Mc Queen sempre più ricco e famoso, cercato ed apprezzato dalla critica e dal grande pubblico nonostante il carattere molto scontroso.

Ma la difficile infanzia non riesce a scomparire dai suoi ricordi e dalla sua vita e cosi  se da un lato sembra dinamico e sempre vitale, un perfezionista che  regala ad ogni personaggio interpretato anima e carattere, un uomo dotato di una grande generosità, soprattutto con i ragazzi del riformatorio di Chino dei quali si occupa personalmente, un grande corridore amante sia delle auto che delle moto, dall’altro è spesso molto ombroso, mostra un carattere scontroso, un velo di malinconia appare calare di tanto in tanto sui suoi occhi azzurri e si lascia trascinare nel vortice delle droghe, alcool e sesso che faranno andare in pezzi il suo matrimonio.
Steve diventa anche cintura nera di karate, si allena con Chuck Norris che gli fa conoscere anche  Bruce Lee del qual diventa grande amico tanto da portare in spalla la bara ai funerali.
McQueen diventa uno degli attori più pagati tra gli anni 60 e 70, bello e dannato, ammirato in tutto il mondo come simbolo della vita spericolata. Scampa miracolosamente alla strage in casa Manson nella quale muoiono Sharon Tate, giovane moglie di Roman Polanski  e cinque ospiti. Steve non si reca all’appuntamento per un imprevisto, si racconta per un appuntamento galante.

Nel 1971 realizza “Le 24 ore di Le Mans”, pellicola che sancisce il fallimento della sua casa di produzione per l’eccessivo lievitare dei costi durante la lavorazione, resa difficile anche dal suo abuso di droghe che lo rende  sempre più intrattabile. Nel  1973 gira “Papillon”, tratto dal romanzo di Henry Charriere, che racconta la sua rocambolesca fuga dalla durissima colonia penale della Guyana francese. La sua interpretazione è davvero magnifica, da Oscar ma aver osato troppo con la donna del direttore della Paramount, lo mette fuori gioco nella corsa alla premiazione. Nel 1974 è di nuovo a fianco di Newman in “L’inferno di cristallo”, grande successo commerciale, dopo il quale non solo si ritira a vita privata a Malibù.
Nell’80 gira “Il cacciatore di taglie” ma è’ l’ultima apparizione del grande attore perché purtroppo si ammala di tumore ai polmoni e allo stomaco. Sposa Barbara, fiamma che lo affianca dopo la fine del suo matrimonio e tenta di slavarsi con un’operazione in  Messico ma muore il 7 novembre del 1980.
La leggenda vuole che l’ultima cosa da lui pronunciata sia stato il numero di matricola del riformatorio, 3188. Le sue ceneri sono state sparse nell’Oceano Pacifico e  la sua stella sulla Walk of Fame è l’unica montata al contrario. Il simbolo di una vita diversa.

Il mito di Steve McQueen continua anche oggi e passa attraverso i suoi  mitici oggetti. E’ dell’estate scorsa la notizia che le sue moto sono andate all’asta  in occasione del 62° Concours d’Elegance di Pebble Beach. La decisione è stata presa dalla vedova del grande attore americano, Barbara McQueen, che ha deciso di  condividere le amate moto del marito e di  scrivere anche un libro di memorie “Steve McQueen: The Last Mile…revisited” . I modelli delle due ruote battuti all’asta sono una Indian 4 cilindri del 1940, la Triumph Speed Twin del ’38 che era una delle preferite  da Steve McQueen che amava  moto ed auto tanto da vestire spesso il ruolo di pilota nei film e speso senza controfigure. Nel 1970 partecipò alle 12 ore di Sebring insieme a Peter Revson con una Porsche 908 spyder, guidandola con un piede fasciato a causa di un precedente incidente motociclistico, e arrivando primo nella sua categoria e secondo a pochissima distanza  dal vincitore Andretti su Ferrari.
Il gruppo di moto messe  all’asta include una Harley Davidson 8-Valve Racer del 1916, una Vincent Black Shadow Series C del 53, una Brough Superior 1150 V-Twin del 39, una Wagner Belt Drive Single del 1912 e una rara collezione di sei Triumph Bonneville T120 TT Specials degli anni ’60.
Ognuna di queste moto porta con sé una storia, di quelle che non possono rimanere chiuse in un cassetto per troppo tempo (basta pensare al finale del film “La grande fuga” quando McQueen cerca di raggiungere la Svizzera a bordo di una Triumph TR6 Trophy mascherata da Bmw bellica), infatti ora dopo 25 anni la moglie di McQueen ha deciso di far conoscere a tutti il mondo si suo marito mettendo a disposizione i ricordi di una vita insieme.

Attore, sportivo, uomo fortemente legato  al suo doloroso passato che non  è mai riuscito a dimenticare neppure nel momento più alto del suo successo ma che forse è ciò che ha saputo dargli quella straordinaria capacità di guardare il mondo in modo diverso e  di  calarsi nei personaggi dei suoi film con anima e corpo.

 

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