Brasile: quando il calcio é più importante delle persone

LE RAGIONI DELLE DILAGANTI PROTESTE IN BRASILE

– di Corinna Lennelli

flag-26999_640Brasile, 22 Giugno 2013 – Il periodo che va dal 15 al 30 di Giugno di quest’anno verrà ricordato a lungo dalla popolazione brasiliana e, probabilmente, da tutto il mondo. Siamo nel pieno della Confederations Cup, evento calcistico organizzato dalla Fifa a cui possono partecipare squadre che abbiano vinto titoli europei o continentali insieme alla squadra ufficiale del paese in cui l’evento stesso si tiene. Avviata ufficialmente il 14 Giugno scorso con la partita Brasile-Giappone, la Confederations Cup ha subito assunto toni alquanto roventi. A una manciata di ore dal fischio d’inizio del match, svoltosi nello stadio Mané Garrincha di Brasilia, 2000 persone avevano costretto la polizia brasiliana ad assumere l’assetto antisommossa, scelta che si era rivelata efficace dal momento che gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine hanno avuto un corso a tratti molto violento. 16 sono state le persone arrestate e 27 i feriti. Il martedì precedente 5000 persone avevano fatto sentire la loro voce sfilando sull’Avenida Paulista di San Paolo. Le modalità dimostrative non erano state esattamente pacifiche: vetrine spaccate, bus incendiati e lancio di bombe molotov furono il resoconto di questa manifestazione.

I protagonisti delle proteste – Il Brasile si trova a fronteggiare una delle proteste più massive di tutta la sua storia. I dati sono effettivamente impressionanti: oltre 250.000 persone si sono riversate nelle strade di Brasilia, San Paolo e Rio de Janeiro. Ad oggi il picco della protesta si è avuto il 17 giugno scorso a Brasilia, quando alcuni manifestanti sono riusciti ad accedere alla cupola del palazzo sede del Congresso Nazionale, istituzione più o meno equivalente al nostro Parlamento, esponendo degli striscioni contro il Congresso stesso. Stando ai recenti sviluppi, sembra che le manifestazioni stiano acquisendo un carattere pacifico, a differenza degli inizi. Molte persone sono state arrestate, altrettanti sono i feriti sia tra i manifestanti che tra le forze dell’ordine e, infine, due sono i morti. Silvio Caccia Bava, co-editore dell’edizione brasiliana de “Le Monde Diplomatique”, sostiene che in questa occasione non è possibile determinare una precisa corrente politica alla base delle manifestazioni stesse ed ogni tentativo di classificazione risulta vano. Tutti manifestano, indipendentemente dall’ideologia politica; <<è una specie di grido della società, che si ribella contro le condizioni di vita delle città>>.

Le ragioni delle proteste – Ci vogliono delle grande contraddizioni e delle situazioni esasperate per mobilitare un numero così ampio di persone. Le ragioni della protesta possono essere raggruppate in due macro aree strettamente correlate: un aumento ingiustificato delle tariffe per l’uso della scadente rete dei trasporti pubblici legato allo svolgimento della Confederations Cup, quest’anno, dei Mondiali nel 2014 e delle Olimpiadi del 2016 e le ingenti spese sostenute dal governo brasiliano per adeguare o costruire infrastrutture atte a ospitare tali eventi, attraverso l’utilizzo del denaro pubblico. Si parla infatti di 33 miliardi di reais spesi per la Confederations Cup, 26 per le Olimpiadi e altri 50 persi nella corruzione [un reais vale 0,34 €]. Tutto ciò a fronte di un salario medio che si aggira intorno ai 678 reais. Senza considerare, in ultimo, tutti le problematiche satellite che ruotano intorno a tali fattori: la consistente speculazione immobiliare per la costruzione delle infrastrutture, la corruzione, l’evasione fiscale che ogni anno toglie allo stato brasiliano 47 miliardi dollari e i problemi nel campo della sanità e dell’istruzione. In Brasile si protesta per i diritti del cittadino affinchè i suoi stessi soldi, quelli pubblici, vengano reinvestiti in attività che possano giovare direttamente al contribuente stesso e non a terzi, come avviene invece in questa situazione. <<Non è per i 20 centesimi, é per i diritti>> recita lo slogan delle manifestazioni. Il Brasile si colloca infatti in ottantacinquesima posizione nel ranking mondiale dell’ISU (Indice di Sviluppo Umano), una serie di indicatori elaborati in seno a uno specifico programma delle Nazioni Unite, con un grado di alfabetizzazione che varia notevolmente a seconda delle differenti zone dal paese e un tasso di mortalità infantile purtroppo degno di nota. Tutto ciò a significare che ci sono ancora tanti passi in avanti da compiere e che, se anche il paese è riuscito a superare la recente crisi economica dell’ultimo periodo, sicuramente ha ancora tanti punti su cui lavorare e crescere.

La figura di Dilma Rousseff –  Dilma Rousseff, eletta presidente del Brasile nel 2012 e succeduta a Lula, si trova a fronteggiare una situazione complicata. Forte sostenitrice delle ingenti spese sostenute per l’organizzazione degli eventi sportivi, la Rousseff si è però anche mostrata comprensiva nei confronti dei manifestanti, e paradossalmente, delle ragioni che li hanno portati a riversarsi nelle strade. In un messaggio a reti unificate di qualche giorno fa, si è espressa in merito alla realizzazione di un piano che poggia su una triplice base: destinare il 6% delle entrate petrolifere al miglioramento del sistema dell’istruzione, far in modo di attirare medici dall’estero al fine di colmare i grossi vuoti in campo sanitario e infine, la redazione di un progetto nazionale per la mobilità. La Presidente si è però affrettata a specificare che il governo brasiliano non tollererà più le azioni violente che, purtroppo, hanno caratterizzato le manifestazioni dei giorni scorsi e che se necessario ricorrerà a maniere ancora più incisive di quelle utilizzate finora; tra cui figurano il lancio di fumogeni, l’ utilizzo di proiettili in gomma e spray al peperoncino. La certezza di organizzare un ottimo mondiale traspare chiaramente dalle parole della Rousseff, anche se, ancora una volta le contraddizioni sono molteplici. Vista la situazione caotica si era pensato, per un momento, di sospendere sia lo svolgimento della Confederations Cup che l’organizazzione dei mondiali del prossimo anno. Ora tutto rimane come prima, ma il Brasile sta correndo, e non poco, per mantenere questo mastodontico impegno; basti pensare che la costruzione di alcuni stadi in cui si disputeranno le partite del mondiale deve ancora essere data in appalto e altre strutture hanno riportato problemi di varia natura che hanno messo a rischio il loro utilizzo persino per la Confederations Cup di questi giorni.

Le opinioni – Molte opinioni, più o meno sensate, sono state espresse in merito a questa vicenda. Sicuramente vale la pena di segnalarne una che, tra l’altro, dà il titolo a questo focus. Joseph Blatter, presidente della Fifa, ha affermato che <<il calcio è più importante dell’insoddisfazione delle persone>> e ha aggiunto che <<i manifestanti stanno usando la piattaforma del calcio e la presenza della stampa internazionale per ampliare la protesta. Il Brasile ha chiesto i Mondiali, non siamo stati noi ad imporli. I brasiliani sapevano che, per organizzare una buona edizione dei Mondiali, dovevano costruire stadi. Ma insieme agli impianti ci sono altre opere: strade, hotel, aeroporti… Fanno parte dell’eredità che i Mondiali lasceranno per il futuro>>. Per concludere,  riporto le parole di uno dei tanti striscioni agitati durante le manifestazioni: <<O loro smettono di rubare, o noi fermiamo il paese>>. E per un paese come il Brasile, che poggia su una solida tradizione calcistica, fermare l’organizzazione di un mondiale significherebbe l’inizio della fine. La folla può farlo, e sembra che anche il governo brasiliano inizi ad accorgersene.

 

 

 

 

 

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