The Dressmaker – Il diavolo è tornato, la recensione

TheDressmaker

di Alessandro Faralla (Responsabile Cultura e Spettacoli F&D)

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È stato il cruccio di chi scrive allo scorso Festival di Torino, capita quando i film da vedere sono molti. La sola presenza di Kate Winslet in questo particolarissmo film australiano incuriosiva molto, recuperarlo qualche mese dopo ne è valsa la pena.
The Dressmaker – il Diavolo è tornato, basato sull’omonimo romanzo di Rosalie Ham, si mette piacevolmente in mostra dando personalità ad un soggetto più volte utilizzato al cinema: quello del riscatto, del ritorno alla proprie origini.

Riesce a farlo mescolando diversi generi in una narrazione che si mostra piacevole per tutta la sua durata.
Ambientato negli anni 50 segue il ritorno di Tilly Dunnage (Kate Winslet), fascinosa stilista, nel suo paese natale, Dungatar, sud est australiano.
Non riceve certo un bentornato al suo arrivo, anzi per tutti in questa piccola comunità, è una maledetta, una sorta di strega responsabile della morte di un bambino, figlio del sindaco. Dopo quell’evento la piccola Tilly venne bruscamente allontanata dal paese.
Tilly ritorna da donna affermata, con un enorme talento ed esperienze nel campo dell’alta moda.
Il contesto è ostile, arido, polveroso e ricorda le ambientazioni western.
Il ricordo del vecchio west echeggia grazie agli abitanti bizzarri, grotteschi di Dungatar, diffidenti e impegnati a difendere le abitudini del proprio habitat.
Non ci sono però pistole, le uniche armi sono una macchina da cucire e stoffe pregiate con le quali Tilly dovrà fronteggiare i suoi compaesani cercando allo stesso tempo di far chiarezza sul suo misterioso passato.

The Dressamker pondera al meglio i momenti da black comedy con quelli più spassosi e leggeri elevati dallo splendido rapporto che Tilly ha con sua madre, Molly la pazza, una meravigliosa Judy Davis.
Anche la presenza del bel ragazzo, nonché interesse amoroso di Tilly, interpretato da Liam Hemsworth non è sfruttato in maniera prevedibile, tutt’altro, la loro relazione oltre ad non avere un esito scontato permette a Tilly di aprirsi e lasciarsi andare alle emozioni.
Sebbene la carismatica Tilly sappia perfettamente di che natura siano fatti i maligni abitanti di Dungatar vi è un momento in cui, forse inconsciamente, attraverso gli abiti che confeziona loro, cerchi una sorta di accettazione.
Ma è un veloce strappo; l’egoismo, l’invidia e la tenacia con cui custodiscono i loro segreti è l’unico abito che li identifica, a nulla serve pavoneggiarsi, apparire altro celando la reale natura del proprio essere.
E allora queste ripugnanti figure riceveranno la giusta punizione con garbo e astuzia, la vendetta si manifesterà grazie all’abilità di una rinnegata con ago e filo. Se a lungo vivere in cima alla collina ha significato ripudio ed esilio e non un privilegio nell’atto finale quell’altura sarà il simbolo dell’affermazione di sé che polverizzerà le certezze di Dungatar.
Si dice che la vendetta è un piatto che va servito freddo, ma non puoi farlo se ciò che ti circonda è saturo di ottusità e cattiva erbaccia, così lo scenario ruvido, perfetta fotografia di personaggi vuoti e scontrosi viene marchiato dalla potenza di un fuoco glamour rappresentato da una donna impavida che punisce e riscatta sé stessa affidandosi alle proprie capacità.

The Dressmaker si muove con intelligenza mantenendo vivo il giallo sul vissuto di Tilly e si fa apprezzare in particolar modo per la sua personale estetica. La solidità e la linearità del racconto cedono il passo solo nel finale quando si passa ad un registro più accomodante e meno audace. Non che avessimo bisogno di conferme ma Kate Winslet è attrice che padroneggia ogni terreno con un fascino e una personalità trascinanti.

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