Sport e Diritti- Nadia Comaneci, la piccola ginnasta sul tetto del mondo.

CELEBRANDO LA CADUTA DEL MURO DI BERLINO, UN RICORDO DELLA CAMPIONESSA DELL’EST.

di Tommaso Rossi

Strano sport la ginnastica: si diventa grandi da piccoli, si diventa duri, ultra competitivi, si ricerca la perfezione provando e riprovando per mille volte dei gesti che a noi sembrano impossibili.
Strano sport la ginnastica nell’Est Europa dell’ex blocco comunista ad est del Muro di Berlino. La ginnastica diventa sport di regime, inquadramento generazionale all’interno di regole ferree, allenamenti durissimi, disciplina severissima di stampo militare. Impossibile essere bambini. Difficilissimo essere dei semplici atleti che si divertono praticando il loro sport. Bisogna essere macchine. Macchine perfette.

Nadia Comaneci nacque in un paesino della Romania nel 1961 e iniziò a muovere i suoi primi passi, anzi passetti, nella ginnastica a soli tre anni. All’età di 6 anni fu notata da un noto istruttore in visita nella scuola alla ricerca di talenti nel cortile della scuola mentre giocava con una sua amichetta. Entrò nella sua società sportiva, iniziarono gli allenamenti duri. Roba da grandi, non da bambinette.

Nel 1969, a soli 8 anni, partecipò per la prima volta ai campionati rumeni piazzandosi al 13º posto. L’anno seguente partecipò ai campionati nazionali a squadre vincendoli, diventando la più giovane ginnasta rumena ad aggiudicarsi il titolo.

I primi successi internazionali giungono nel 1975 agli Europei di ginnastica che si disputano in Norvegia. Vittoria in tutti gli attrezzi, tranne che nel corpo libero dove arrivò seconda. Ma il suo vero regno, dove la piccola Nadia si trasformava in regina erano le parallele asimmetriche.

Nel marzo 1976, a pochi mesi dalle Olimpiadi di Montreal, partecipò all’edizione inaugurale della American Cup al Madison Square Garden di New York. Un presagio. Sia nelle fasi preliminari che nell’esercizio finale al volteggio, ottenne il punteggio senza precedenti: 10.0. La perfezione. Mai toccata da nessun atleta di ginnastica in precedenza. Anni e anni di sacrifici, un’infanzia a cui la piccola Nadia aveva rinunciato per un sogno di perfezione. 10.

Ecco, finalmente, si avvicina l’Olimpiade di Montreal 1976. In mezzo a tanti colossi dello sport, campioni a 5 cerchi provenienti da tutto il mondo, la piccola Nadia sembra una mascotte. Ma è determinatissima, concentratissima, con tutt’intorno a sè un entourage di tecnici nazionali che la tengono come sotto a una campana di vetro.Il 18 luglio è il suo grande giorno. 10. Ancora una volta la perfezione, la prima volta durante un’Olimpiade. Neanche i computer della giuria votante erano programmati per assegnare un tale voto. Vinse in tutto tre medaglie d’oro in quell’Olimpiade: concorso generale individuale, trave e parallele asimmetriche. Argento per il concorso generale a squadre e un bronzo nel corpo libero.

Negli anni successivi ancora successi agli europei e ai mondiali, da sola e in squadra.

Alle Olimpiadi di Mosca 1980 arrivò seconda nel concorso generale individuale, ottenendo comunque due medaglie d’oro nel corpo libero e alla trave e una medaglia d’argento nel concorso generale a squadre.
Ormai il mondo da lei si aspettava la perfezione, e il suo corpo cominciava a diventare quello di un’adulta. Non era più una bambina, la macchina perfetta che veniva dall’est stava iniziando a crescere.

Nadia divenne un’icona in Romania, dello sport e del Paese. Il dittatore Ceausescu la insignì delle più alte onoreficenze rumene. Si ritirò dalle competizioni nel 1984, poco prima delle Olimpiadi di Los Angeles.

Poi nel 1989 lasciò la sua Romania per trovare una nuova patria e una nuova vita negli Stati Uniti dove qualche anno dopo unì la sua vita con quella del ginnasta americano Bart Conner.

La piccola Nadia Comaneci che aveva fatto trattenere il fiato al mondo intero, mentre volteggiava come una libellula su quelle travi, era ormai una donna. Una donna che ce l’aveva fatta.

 

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