Quei viaggi della speranza per combattere il cancro

E’ QUANTO EMERGE DAL MANIFESTO PER I DIRITTI DEI PAZIENTI ONCOLOGICI

del dottor Giorgio Rossi (Oncologo)

UnknownIl giorno 10 giugno scorso è stato presentato a Roma il Manifesto per i Diritti dei Pazienti Oncologici stilato dall’associazione Salute Donna onlus insieme ad altre nove associazioni per accendere i riflettori sulle difformità tra le Regioni nell’assistenza ai pazienti oncologici che alimentano buona parte della migrazione sanitaria.

Negli ultimi 15 anni è aumentato il divario tra le Regioni del Nord e quelle del Sud in termini di capacità di attrarre pazienti da altre Regioni. Malgrado i forti incentivi a non perdere risorse per pagare la mobilità, molte regioni del Sud non hanno saputo investire per rafforzare i loro sistemi sanitari. Infatti la mobilità sanitaria rappresenta una via di uscita per i pazienti di fronte a servizi locali a volte di qualità modesta soprattutto dal punto di vista organizzativo, piuttosto che strettamente professionale. Ovviamente i trasferimenti interregionali è riservato a quelle persone che economicamente possono permetterselo; infatti comporta costi che il Servizio Sanitario Nazionale non rimborsa : dai viaggi al soggiorno ( per almeno un accompagnatore, specie quando si tratta di pazienti fragili come quelli oncologici), agli spostamenti sul luogo di cura e così via;ben presto si raggiungono le migliaia di euro. Nel corso del 2012 sono stati oltre 770 mila gli italiani ricoverati in una regione diversa da quella di appartenenza. Il Nord assorbe il 55% della mobilità attiva ; all’opposto al Sud tutte le regioni, tranne il Molise, hanno un saldo negativo. Sempre nel 2012 è stato di circa 2 miliardi di euro il saldo dei viaggi della speranza finalizzati in particolare per interventi di alta specialità; infatti i ricoveri in mobilità hanno un costo medio di circa 5.200 euro contro il costo medio generale di circa 3.500 euro. Il 10,6 % dei ricoveri dei residenti delle regioni del Sud è stato erogato da regioni diverse contro il 6,3 % dei residenti del Nord e il 7,7 % del Centro.

Tra pazienti in uscita ed in entrata, la Lombardia ha avuto un saldo positivo di 76.367 ingressi extra Regione e 555 milioni di euro, l’Emilia Romagna 67.194 assistiti e 336 milioni. Il 27,1 % della mobilità attiva si distribuisce al Centro tra tutte le regioni, eccetto le Marche; la prima è la Toscana , con 34.000 pazienti e 132 milioni di euro guadagnati. Nel Lazio sono stati curati 90.000 pazienti di altre regioni , ma ben 68.260 residenti sono emigrati con un saldo positivo di 21.740. All’opposto tra le regioni del Sud, la Campania ha visto 81.744 residenti curati in altre regioni e ne ha accolti 26.028, con saldo negativo di 55.716 pazienti, il più alto tra tutte le regioni italiane; la Sicilia ha un risultato negativo di 34.000 pazienti, la Puglia di 32.000, in quanto ha ospitato 26.281 cittadini di altre ragioni, ma ha visto 58.454 propri residenti andarsi a curare altrove .

Tra il 1997 e il 2011 la Lombardia ha incrementato il tasso di attrazione, ovvero al percentuale dei pazienti provenienti da altre regione rispetto al totale dei ricoverati, dal 6,4 al 9 %; il Piemonte dall’1,6 al 5,8 % , Veneto dal 2,3 al 7,8 % , Toscana dal 5,2 al 10,7 %, Emilia Romagna dal 9,4 al 13,8%. Invece le regioni del Sud hanno visto nello stesso periodo un aumento dei tassi di fuga ovvero della percentuale di pazienti curati fuori regione rispetto al totale dei pazienti curati nella propria regione. Quasi raddoppiato il tasso di fuga in Calabria. In controtendenza la Sicilia che è riuscita a ridurre il tasso di fuga dal 16,4 % al 6,7 %.

Questi spostamenti sanitari dal Sud al Nord sono fondamentalmente il sintomo di una inadeguatezza della reputazione , reale o percepita, dell’offerta sanitaria meridionale. L’organizzazione del sistema di offerta per la prevenzione, diagnosi e cura delle patologie oncologiche risulta largamente inadeguata, con un enorme frazionamento dei percorsi sanitari e la mancata integrazione tra territorio ed ospedale.

Dover decidere di andare altrove a curarsi ha sempre un impatto drammatico, economico e umano, e la situazione non migliora se si pensa che , dopo l’intervento chirurgico, si devono fare chilometri per chemio e/o radioterapia essendo molto probabile che si decide di continuare ad essere seguiti nello stesso ospedale. A cui poi si aggiungono visite, controlli e monitoraggio che durano per anni, utili per osservare costantemente la malattia e svelare precocemente le recidive, ma, se si viene a creare un bisogno urgente, ci si trova senza punti di riferimento nelle immediate vicinanze.

Sulla base di tale scenario di aumento della migrazione sanitaria , nasce il Manifesto presentato a Roma dalle Associazioni dei pazienti oncologici firmatarie ove si chiede che :

  • per evitare i viaggi della speranza, lo Stato sia il garante dell’uniformità sul territorio nazionale delle prestazioni sanitarie;
  • venga istituita un’Authority di controllo della qualità e della omogeneità delle prestazioni;
  • in ogni Regione sia individuato un Centro Oncologico di riferimento che sia poi collegato in rete con gli altri Centri regionali e che gestisca il Registro Tumori;
  • l’attuazione della Direttiva europea 2011/24/UE sull’assistenza sanitaria transfrontaliera da parte dello Stato italiano non sia in contrasto con la salvaguardia del principio di uguaglianza di tutti i cittadini e dell’uniformità dell’assistenza su tutto il territorio nazionale ;
  • venga applicata la disposizione ministeriale che prevede l’immissione in prontuario da parte dell’AIFA ( Agenzia Italiana del Farmaco ) di farmaci di eccezionale rilevanza terapeutica in un tempo massimo di 100 giorni dalla data di approvazione dell’EMA (Agenzia Europea dei Medicinali ).

Nella consapevolezza che “ non c’è salute senza uguaglianza; non c’è uguaglianza senza uniformità nell’assistenza”.

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