“Piazza Malatesta” e Settimana Rossa, revival fantasioso

BEL LIBRO DELL’ANCONETANO PAOLO MARCHETTI

cover piazza malatesdta png– ANCONA – di Enrico Mariani

– “Che ne sai tu di Buenos Aires?” “Maradona, Tango, desaparecidos…?”. E’ il ritornello che ricorre nel romanzo “Quintetto di Buenos Aires”(Vazquez Montalban, Feltrtinelli, 1997) dove il personaggio più celebre cui l’autore spagnolo ha dato vita, il detective privato Pepe Carvalho, si trova alle prese con la ricerca di un cugino desaparecido nella terra del tango.

L’aggancio di “Piazza Malatesta” (Paolo Marchetti, Italic, 2014) all’opera del noto giallista spagnolo, scomparso di recente, non è casuale. Tanto che il detective privato ideato da Montalban ha un “cameo” nel giallo fantapolitico di Marchetti. Nelle vesti di musa ispiratrice per Pietro Moroni, anconetano, stanco di insegnare Storia del diritto all’università di Urbino e appassionato della storia di Ancona, in particolare dei fatti che hanno portato alla “Settimana rossa”. Per imprimere una svolta all’inerzia della vita accademica, Pietro iniziare a lavorare anche come detective privato. Per “rientrare nella vita di lato e dal fondo. Dalla parte più merdosa, dei tradimenti, dei corrotti, degli spioni…”. Il suo studio è in piazza Malatesta. Sarà uno dei tanti accenni e rimandi per ammiccare al lettore: la Settimana Rossa non si è conclusa il 14 giugno 1914, è parte integrante della storia di Ancona e d’Italia, continua a influenzarne i destini politici e sociali. Anche grazie alla perseveranza del protagonista, perso nelle ricerche su quella settimana, che definire calda è eufemistico. Ricerche tanto spasmodiche da proiettare Moroni in una dimensione onirica, in cui la depressione, i ricordi di un passato militante e la sfiducia nel futuro si accompagnano a vere e proprie apparizioni, durante le quali ha confronti serrati coi protagonisti delle sue ricerche: come Pietro Nenni ed Errico Malatesta.

Durante questi momenti di poca lucidità, le riflessioni del protagonista ricordano quelle del non-ancora conscio Tyler Durden di “Fight Club”, dove i disturbi psicologici si accompagnano alla consapevolezza di unicità, eccezionalità rispetto al resto del mondo. Ciò che consente al protagonista di rimettere i piedi sulla terra (e di non finire per progettare attentati, come il buon Tyler), è il suo amico Cipi, attivista, ricercato da soggetti istituzionali di dubbia moralità. Pietro non può rifiutare la protezione chiestagli da Cipi, ed è l’inizio di una convivenza che segnerà la rinascita del prof-detective. Una nuova presa di responsabilità che riguarda il suo vissuto precedente e attuale.

Passando per il tentativo di golpe di un presidente della Repubblica definito “ridens”, l’autore non disdegna il riferimento a scenari geopolitici che oscillano tra fantasia e fantascienza, eppure verosimili. La tensione sociale e politica che percorre l’Italia, nella finzione di Marchetti, ha come origine ed epicentro Ancona, in un revival contemporaneo della Settimana Rossa che è insieme causa scatenante e filo conduttore del romanzo.

La narrazione scorre piacevole, tra alti e bassi, che poi sono quelli di Pietro Moroni e della sua progressiva reazione contro la depressione e la malinconia. L’approccio disilluso è però mediato da un’ironia di fondo, da una presa di distanza dissacrante sulla realtà narrata: è una delle cifre stilistiche che Marchetti eredita da Montalban, riuscendo a non oltrepassare mai troppo il confine del grottesco e ad attestarsi su un piano di verosimiglianza. Il tutto condito dall’ambientazione dorica e da un’altra passione condivisa da Moroni e Carvalho: la buona cucina, accompagnata da riflessioni sulla vita e l’essere non prive di un sottile senso di disfacimento del materiale, dell’effimero. Il tema è caro anche a Montalban, nelle sue sferzanti critiche nei confronti dell’urbanizzazione sfrenata e del capitalismo che traspaiono nelle descrizioni della Barcellona Olimpica. Perché, per dirla con Pietro Moroni, la vita è “un’oscillazione continua tra prigioni da cui fuggire e moscioli, musica e ricordi, eterne fidanzate e Verdicchio. Tutto il resto è letteratura”.

(articolo tratto da Urlo – mensile di resistenza giovanile)

 

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