Origine e crisi del sistema Schengen

A RISCHIO L’UNIONE EUROPEA?

Di dott.ssa Amii Caporaletti

  Schengen è una cittadina del Lussemburgo, dove nel 1985, Francia, Benelux e Germania hanno firmato un accordo al quale l’Italia, così come altri paesi europei, hanno aderito successivamente.

Attualmente gli stati facenti parte dell’area sono 26, di cui 22 appartenenti all’Unione Europea, mentre gli altri sono rispettivamente: Liechtenstein, Svizzera, Norvegia e Islanda. Sono attualmente esclusi Cipro, Croazia, Romania e Bulgaria perché, sebbene firmatari della Convenzione, non hanno mai attuato politiche di adeguamento volte alla realizzazione dell’accordo.

Ma in che cosa consiste quest’accordo e perché se ne sta tanto discutendo in questi giorni?

Schengen è uno spazio nel quale i cittadini appartenenti e non all’Unione Europea, possono circolare liberamente senza controlli alle frontiere interne.

Questo sistema è uno dei pilastri su cui si fonda l’Unione Europea, ed in grado di definire ed alimentare il concetto di unione politica, sociale e monetaria della stessa.

In presenza di alcune condizioni, il Trattato di Schengen può essere sospeso attraverso la clausola di sospensione delineata dall’art. 26, che consente per l’appunto, ad uno o più stati membri di ripristinare, per due anni, i controlli alle frontiere interne, controlli che con l’entrata in vigore del Trattato erano stati sospesi.

Le condizioni per la sospensione della libera circolazione delle persone sono: la presenza di una grave minaccia per l’ordine pubblico e per la sicurezza interna, la presenza di gravi lacune al controllo delle frontiere esterne in grado di mettere in pericolo e generare un grave malfunzionamento del predetto sistema.

La creazione di Schengen ha permesso alla Comunità Europea di rafforzarsi economicamente e politicamente attraverso l’attuazione di piani economici, politici e sociali unitari e accentrati per tutti i paesi che ne fanno parte. Tuttavia, a seguito dell’attentato del 13 novembre 2015 avvenuto a Parigi, sono emerse due principali problematiche ed emergenze: quella dell’immigrazione e quella del terrorismo che hanno messo in crisi tale sistema.

A fronte degli elevati e sempre crescenti flussi migratori e del pericolo terrorismo, alcuni paesi (Svezia, Austria, Danimarca, Norvegia, Germania e Francia) hanno deciso di sospendere momentaneamente Schengen ripristinando i controlli sulle frontiere interne.

Nel mese di Maggio p.v., scadrà il termine per la sospensione momentanea, e i paesi di cui sopra saranno costretti ad alleggerire i marcati controlli attualmente in vigore.

Ciò a meno che l’Unione Europea non decida di appellarsi all’art. 26 del Trattato e prolungare dunque la sospensione di Schengen fino a due anni.

A questo punto, entra in “gioco” la Grecia.

A tal riguardo, è necessario precisare come nel mese di Novembre u.s.,la Comunità Europea ha ottenuto un rapporto dettagliato dal quale emergono gravi falle e lacune nel sistema informativo Schengen (SIS), posto in essere nella penisola ellenica ove i processi di identificazione, registrazione e controlli da realizzare nei confronti dei migranti sono risultati insufficienti e altamente precari.

Sempre secondo la Comunità Europea, la Grecia, a causa dei gravi inadempimenti volti all’adeguamento delle politiche interne alle direttive Schengen, avrebbe consentito l’accesso non solo a persone richiedenti asilo ma anche a soggetti migranti per ragioni economiche, agevolando l’ingresso dei terroristi nell’ambito dell’Unione.

Dal canto suo dunque, la Comunità Europea ha posto un ultimatum alla Grecia, invitandola ad adeguarsi entro il mese di maggio, alle direttive del SIS (sistema informativo Schengen), diversamente, la penisola ellenica verrà sostanzialmente isolata e abbandonata dall’Unione Europea, situazione che sancirebbe la fine della Grecia già politicamente, socialmente ed economicamente martoriata.

Sembra dunque che attualmente la spada di Damocle penda sulla Grecia.

Tra le varie problematiche conseguenti alla possibile sospensione ed al ripristino quindi delle frontiere interne, emerge come mentre gli altri stati europei potrebbero agevolmente chiudere le frontiere interne per sottoporre i cittadini a scrupolosi controlli, Italia, Grecia e Spagna, bagnate dalle acque del Mediterraneo e dell’Egeo, non sarebbero geograficamente in grado di farlo.

La polemica avanza e i capi di governo di Italia e Grecia, hanno in più occasioni ribadito la loro contrarietà all’attuazione dell’art. 26, che comporterebbe in primo luogo un sovraccarico di migranti per Italia, Grecia e Spagna, (favorendo di fatto gli altri paesi europei che si troverebbero liberi dalla problematica), e secondariamente l’indebolimento dell’Europa stessa, con la conseguenze probabile fine dell’Unione Europea (resterebbe infatti in piedi la sola Unione monetaria). Dal canto suo il Presidente del Consiglio Renzi, ha oggi stesso dichiarato: “Diciamo con grande determinazione che chi vuole distruggere Schengen vuole distruggere l’Europa e noi italiani non glielo permetteremo”

Nell’attesa che arrivi Maggio e che l’Unione decida cosa fare, di certo un’osservazione emerge: si sta perdendo di vista un elemento fondamentale, quello umano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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