Musica & Diritto- La vie en rose di Edith Piaf

IL RICORDO A 100 ANNI DALLA NASOTA DI EDITH PIAF

di Valentina Copparoni

EDITHPIAFQuesta di oggi è la storia di una donna straordinaria, minuta, gracile ma  dotata di una personalità forte, complessa e dalle mille sfaccettature come la sua voce, dai mille colori e sfumature, come un arcobaleno sonoro.

Questa è la storia di Edith Piaf che nasce nella città dell’amore, Parigi, nel dicembre del 1915 con il nome di Edith Giovanna Gassion (prenderà il nome di “piaf” in occasione del suo debutto nel 1935 perché nell’argot parigino significa passerotto, nomignolo che richiamava la sua piccola statura). La leggenda racconta che nasca sotto un lampione, all’angolo di rue de Belleville, sotto lo sguardo di due poliziotti. Ma forse poi non è solo una leggenda.
Una donna ed una artista dalla voce forte, capace di risuonare in modo unico, carica di emozioni probabilmente tutte lì rinchiuse per le sue dure esperienza di vita. Una vita vissuta insomma, vissuta fino all’ultimo perchè anche quando il suo fisico stava cedendo agli anni che inesorabilmente trascorrevano, la sua voce no, sempre lì con lei a renderla quasi immortale, compagna di vita instancabile.
Un percorso quello di Edith Piaf tutt’altro che rosa come la sua celebre canzone “La vie en rose”.
Di origini umili, padre saltimbanco e madre di origini italo-marocchine  cantante di strada. Alla vigilia della prima guerra mondiale il padre è arruolato nell’esercito francese cosi Edith cresce nelle strade di Belleville e al ritorno Edith viene mandata a Bernay, in Normandia, dove la nonna della piccola gestisce un bordello. E qui un’altra leggenda: si racconta  che quando all’età di cinque anni Edith perde la vista a causa di una congiuntivite acuta (per riacquistarla qualche giorno dopo) le donne  del bordello abbiano chiuso per un giorno intero la tenuta per pregare per lei.
Anche Edith, come il padre, inizia esibendosi per le strade per guadagnare qualcosa ed insieme a Simone Berteaut forma un duo che si esibisce per strada e nelle caserme.All’età di 18 anni diventa madre , ma la vita già cosi dura ancora una volta le mette di fronte i toni più cupi del dolore: la bimba muore piccolissima  per una meningite. L’arcobaleno sembra iniziare a risplendere solo più tardi quando incontra l’impresario Louise Leplèe e dopo un’audizione al locale “Le Gerny’s” debutta nel 1935.

Subito un grande successo.
Memorabile l’immagine della sua prima volta ufficiale davanti al grande pubblico. Edith ha una grande capacità, quasi innata, di calcare il palcoscenico e di padroneggiarlo e questo lo sarà sempre.

Abito nero fatto a maglia, di cui non riesce a terminare le maniche, coperta alle spalle con una stola come  per non imitare Maryse Damia, la regina della canzone francese in quel momento. Due anni dopo ottiene un contratto con il teatro dell’ABC e grazie alla sua voce meravigliosamente variegata Edith Piaf è considerata da molti precursore di quel senso di inquietudine che caratterizzerà dieci anni dopo molti artisti intellettuali tra cui Juliette Greco, Camus, Queneau, Boris Vian, Vadim.
La particolarità della voce della Piaf è proprio la capacità di  modulazione  di volta in volta passando dai toni più a quelli più dolci. Un arcobaleno appunto. Un Sali e scendi come la sua vita. Dopo la misteriosa morte del suo primo impresario, grazie a Raymond Asso conosce Cocteau che a lei si ispirerà per la pièce teatrale “La bella indifferente”.
Durante la seconda guerra mondiale Piaf si pone contro l’invasione tedesca  che combatte con l’”arma” della sua splendida voce  esibendosi anche  nei campi militari e nei campi di concentramento per prigionieri di guerra. E’ nel 1946 scrive le parole di quella canzone che, nel dopoguerra, diventerà per i francesi una sorta di inno alla vita: La vie en Rose. Dopo la guerra inizia per Edith una tournée negli Stati Uniti che però la accolgono in maniera molto fredda, forse non riescono a comprenderla in fondo. Il mondo da lei cantato è spesso quello degli umili, di storie cariche di dolore alle quali dà voce in maniera fortemente realistica.

Un nuovo arcobaleno però si sta per affacciare nella sua vita. Nel 1948 conosce il pugile Marcel Cerdan di cui si innamora follemente. Entrambi si amano. La felicità per la Piaf però è ancora una volta qualcosa di breve,tragicamente  breve. Infatti, mentre sta volando da lei per raggiungerla negli Stati Uniti, l’aereo cade e Cerdan muore. Un nuovo immenso dolore si riappropria del cuore e della voce di Edith che distrutta dalla tragedia e forse dalla vita che continuamente sembra riservarle solo il lato più doloroso, inizia a bere e a far uso di droghe. Dedica a Cerdan la bellissima canzone “Hymnè à l’amour” , un brano che nasce dal dolore ma che paradossalmente le regala il successo mondiale e che compone assieme a Marguerite Monnot.Poi molte altre canzoni destinate a diventare dei classici come Le vagabond, Les amants, Les histoires du coeur, La foule, Non, je ne regrette rien e tanti altri.
Nonostante il successo per la Piaf sia ormai consolidato, lei non ama mostrare la ricchezza ma soltanto la sua voce.

Nel 1952 un altro amore. Sposa il compositore Jacques Pills, ma il matrimonio dura solo pochi giorni. Siamo nel 1955 quando Edith approda finalmente all’Olympia, il tempio parigino della musica e poi riparte per gli Stati Uniti che questa volta però sanno accoglierla con il calore che merita una diva.Nel 1961 un altro matrimonio.  Sposa  Theophanis Lamboukas, in arte Théo Sarapo ma le complicazione di una  broncopolmonite le è fatale.  Muore l’11 ottobre 1963 e viene sepolta nel cimitero parigino delle celebrità Père Lachaise.
La sua città, Parigi, dopo essersi fermata per ricordarla il giorno del suo funerale, le ha dedicato una piazza e recentemente anche una statua  e nel 1982 l’astronoma sovietica Ljudmila Georgjevna Karachina ha scoperto un pianeta che è stato chiamato in suo onore Edith Piaf.

Forse un stella soltanto non bastava ad onorare la grande Edith.

 

“La vie en rose”

 

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