Le denunce assurde italiane finiscono in un libro.

21 MAGGIO ’13, ROMA – (Fonte: Corriere della Sera, Gian Antonio Stella) E’ in uscita un libro che parla degli italiani e della giustizia. C’è chi ne abusa e la intasa con procedimenti, denunce e richieste assurde, irrazionali, che hanno l’unico vantaggio di far sorridere chi legge e il grande svantaggio, tra gli altri, di ingolfare ancora di più i Tribunali, che già hanno difficoltà a smaltire le richieste accettabili e legittime. Dal punto di vista del diritto penale, una scelta saggia sarebbe quella di depenalizzare alcuni reati, da ridurre a mere sanzioni amministrative, però allo stesso tempo ci sarebbe da far pagare una multa a chi sporge querele fantasiose ed assurde che non hanno nè capo nè coda, magari una condanna non solo alle spese sostenute dal denunciato, ma un risarcimento allo stesso per il disagio, oltre ad una somma da versare allo Stato per la perdita di tempo e per le varie spese che un procedimento penale comunque comporta (burocrazia, raccomandate, etc…). A parte che anche io ho i miei principi su come debba cuocersi il sugo al fumè, quindi posso capire l’oltraggio recato da chi non cucina un piatto come uno è abituato o come uno crede vada cucinato, però una bella multa al tizio che ha querelato la nuora perché gli agnolotti non erano fatti secondo la tradizione familiare, voi non la dareste? Questo è solo uno degli episodi narrati nel libro “Precari (fuori)legge” curato da Paola Bellone.

Paola Bellone è una «Vpo» che insieme con altri Vice procuratori onorari (questo significa la sigla) ha raccolto decine di casi che dimostrano come buona parte del peso della nostra elefantiaca giustizia gravi sulle spalle appunto di questi magistrati «provvisori» e aggiunti. E soprattutto come tra le malattie del nostro sistema sia l’ottusità con cui la legge bolla come reato penale che il pescivendolo metta sul tonno il cartello «tonno» e non “Thunnus tynnus”.

In Italia ci sono 1.920 Giudici Onorari di Tribunali (Got) e  1.691 Vpo, e la maggior parte dei casi loro affidati sono assolutamente serissimi: a volte, anche casi molti delicati sono trattai dai giudici non togati, come casi di stalking, omicidi colposi, etc., che per la loro delicatezza sarebbe meglio affidare a magistrati togati e non a precari della giustizia, se così possono definirsi i Got e i Vpo, che in molti casi sono avvocati iscritti in fori diversi rispetto a quello in cui esercitano l’attività di giudici. Si badi bene che i Got e i Vpo non hanno ferie, nè maternità, tfr, contributi o quant’altro e sono retribuiti a provvigione, a seconda del carico di sentenze che riescono a produrre. Il loro incarico è prorogato di anno in anno, ma la maggior parte del lavoro dei tribunali monocratici è sulle loro spalle.

Comunque, tralasciando la drammaticità di una situazione che coinvolge persone adulte, professionisti precari di un potere dello Stato e di un servizio, la giustizia, motivi di amaro riso se ne trovano leggendo le imputazioni e le querele:  la donna che guida di notte ubriaca fradicia con accanto un enorme peluche; il tutore della morale che denuncia: “Su entrambi i lati della strada due donne mostravano, una le grandi tette, una il gran culo. Avrei voluto valutare meglio le misure della maggiorata ma una violenta tirata d’orecchie mi ha fatto desistere. Mia moglie non era d’accordo”; il processo al “piccionicida” reo d’aver ucciso un colombo e alla domestica accusata d’aver avvelenato l’anziana paralitica Carlotta: “Chi avesse assistito senza sapere che Carlotta era un cane, avrebbe  pensato che si procedesse per omicidio”.

Genitori encomiabili riempiono i nostri Tribunali, come il  padre che non vuol pagare gli alimenti e dichiara che “avrebbe preferito mantenere tutti i bambini della Bielorussia piuttosto che versare qualcosa per la propria prole”. E il processo a un impiegato autore di questa lettera: “Penso che nonostante le risorse finanziarie aziendali siano in rosso possiate permettervi di comperare delle gomme da masticare per la signorina S.R. Quando si entra in quell’ufficio viene da svenire. Ha un alito da fogna e questo non aiuta certo il rapporto con i clienti”.
È lo spaccato di un’Italia in lite perenne. Popolata da figure ridicole e orrende. Il padrone d’una fabbrichetta che versa lo stipendio alla dipendente che l’ha respinto con la causale “saldo prestazioni sessuali mese di…”. La padrona del centro estetico che attacca le unghie finte con l’attack e minaccia la cliente “ti mando il mio fidanzato sotto casa”. Scopriamo nuovi modi per definire l’organo sessuale femminile, grazie a splendide signorine dotate di femminilità eccelsa, come colei che rifiuta i suoi dati al vigile che vuol multarla per l’auto in seconda fila: “Poi ti vengono i ghiribizzi e mi telefoni durante la notte, ma la mia bigioia non fa le ragnatele stronzo, io ho tutti gli uomini che voglio, cretino”. Il ladro pirla che passa alle rapine ma non ha la pistola e “acquistava al mercato una banana giocattolo in plastica, l’avvolgeva con nastro adesivo nero e applicava in punta un tondino di metallo per simulare il mirino” col risultato che in banca “ingenerò il terrore dovuto nei presenti, ma dopo pochi istanti il silenzio fu rotto dalle risate generali” e lui fu riempito di botte.

Ma nell’ Italia severa non c’è spazio nemmeno per i ragazzini che giocano al parco. Ed eccoli subito denunciati perché giocavano nel campetto d’una scuola (“arbitrariamente invadevano terreno pubblico per trarne profitto”) contendendosi “n. 1 pallone in cuoio di colore bianco e nero con apposita scritta Diadora in colore verde; in stato d’uso deteriorato e rotto in un punto dal quale fuoriesce un pezzo di camera d’aria di colore nero”. E il nigeriano che al posto del permesso di soggiorno dà agli agenti il facsimile avuto da un prete: “Ministero del Regno di Dio, Amministrazione della Pubblica Giustizia, Dipartimento della Pubblica Accoglienza”.
Certo, in quello come in tanti altri casi (l’allora Procuratore Marcello Maddalena ancora ride ricordando la denuncia contro Byron Moreno, l’arbitro ecuadoregno che ci fece uscire ai mondiali in Corea) il giudice ha archiviato. Ma la procedura è un delirio. Anche la denuncia più assurda dev’essere registrata da un poliziotto (che deve girarla alla Procura) o depositata all’ufficio giudiziario apposito e protocollata. Dopo di che un procuratore deve leggerla, pesarla, iscriverla nel «modello 45» (nome, indirizzo dei protagonisti, riassunto dei fatti…) e decidere cosa farne. Anche decidesse di archiviarla per manifesta demenza, deve avvertire il querelante con raccomandata e ricevuta di ritorno per permettergli di fare ricorso. Finché il Gip deve decidere cosa farne ed eventualmente motivare l’archiviazione che va protocollata… Sperando che non vi sia un’opposizione all’archiviazione o che il tutto finisca in Cassazione…

Concludiamo con un verbale dei Carabinieri, il cui servizio è stato richiesto per riportare un anatroccolo rubato alla nidiata di appartenenza. Nelle parole si intuisce la soddisfazione per il lavoro ben riuscito, con evidenti competenze ornitologiche:  “Alla vista di altri simili coetanei, l’anatroccolo vi entrava gridando e festoso, mentre gli altri gli facevano festa. L’anatra madre non si scagliò contro l’anatroccolo, cosa che avrebbe fatto qualora l’anatroccolo fosse stato estraneo…”

MOSE’ TINTI

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