La vicenda Schettino approda a sentenza:l’analisi giuridica


La corte di appello di Firenze conferma: 16 anni al comandante
Di avv. Giandomenico Frittelli


Così è deciso, l’udienza è tolta. La corte di appello di Firenze conferma la condanna del comandante Schettino dichiarando inammissibili i ricorsi in appello. 

La vicenda: nella notte tra il 12 e il 13 gennaio del 2012 una delle più grandi imbarcazioni della Costa Crociere (tra le protagoniste delle fenomeno attualmente definito come “gigantismo navale”) la “Concordia” sta viaggiando del Mediterraneo, al comando c’è Francesco Schettino, oltre a 4229 persone a bordo. Destinazione Savona. Il comandante, questa la ricostruzione processuale ormai assodata in appello, ordina una rotta ravvicinata all’Isola del Giglio, per motivi turistici (rivolgere il cosiddetto “saluto”, come purtroppo da invalsa prassi dei comandanti…) e delega gli operatori in plancia di eseguirla mentre lui si trova a cena in uno dei vari ristoranti della nave.  

Alle 21.44 la Concordia urta gli scogli delle Scole, si apre uno squarcio, entra acqua. C’è un black out e la nave inizia a inclinarsi. La sciagurata manovra si trasforma così in un vero e proprio inchino alla morte, con oltre 30 vittime (l’ultima vittima, dispersa, è stato il cameriere indiano Russel Rebello. La più piccola porta il nome di Dayana Arlotti, di 5 anni).

Schettino è uno dei primi – ebbene si – ad abbandonare la nave salendo su una delle scialuppe di salvataggio ed allontanandosi dalla Concordia già inclinata, a dispetto della normativa di settore che obbliga il comandante a mantenere il comando fine l’ultimo istante, lasciano la nave per ultimo. Riecheggiano nella mente di ciascuno le frasi del comandante De Falco della Capitaneria di porto di Livorno al telefono con Schettino “…parli ad alta voce, mi dica come si chiama! …perché non si trova a bordo!? …Lei adesso torna a bordo mi ritelefona e mi dice esattamente quante persone ci sono, quanti hanno bisogno di assistenza e quanti sono i morti” (risposta: “ma perché ci sono dei morti?”) …io le faccio passare l’anima dei guai! Schettino lei ha dichiarato l’abbandono nave! Ora comando io! …questo è un ordine, torni a bordo cazzo!”.

Francesco Schettino diventa presto l’antonomasia della codardia made in Italy.

Sebbene giungano da mezzo mondo le congratulazioni alla capitaneria di porto di Livorno per la gestione di tale evento straordinario (MRO massive rescue operation), nelle settimane successive persino gli stadi sono pieni di striscioni e magliette che raffigurano il volto del (ex) comandante accompagnato da slogan di inequivoco tenore.

Inviati di Striscia la notizia lo inseguono per le stradine del suo paese natio, per consegnargli il famigerato tapiro d’oro che Schettino tenta di rifiutare mantenendo lo sguardo fisso sul marciapiedi mentre affretta il passo per sfuggire alle domande…

Il processo.

Un processo penale tra i più sentiti dalla opinione pubblica, con 100 faldoni (56.000 pagine) cominciato il 9 luglio 2013 e dipanatosi in 71 udienze e circa 600 ore di dibattimento, con 180 testi e 18 periti escussi, ad esito del quale Schettino viene condannato dal tribunale di Grosseto in primo grado a 16 anni e un mese, siamo all’11 febbraio 2015.

La difesa, nel richiedere l’assoluzione, ha sempre sostenuto un errore nelle indagini che hanno indicato in una sola persona, il comandante della Concordia, l’unico colpevole del naufragio, e puntano il dito contro il timoniere Jacob Rusli Bin che avrebbe “capito male” i comandi di Schettino e soprattutto contro il primo ufficiale (e quella sera ufficiale di guardia) Ciro Ambrosio, che ha patteggiato una pena lieve.

Stessa linea difensiva anche in appello.

La sentenza della corte di Firenze arriva alle 20:30 del 31 maggio 2016, l’imputato non è in aula ma nella sua casa in provincia di Napoli ed il verdetto gli viene comunicato dal suo legale.

La corte conferma i 16 anni ma inasprisce le pene accessorie: l’interdizione per 5 anni da tutte le professioni marittime (mentre in primo grado l’interdizione, per 5 anni, era solo per l’attività di comandante di una nave), accompagnata anche dal divieto dell’uso del titolo di comandante, onta di non minor rilievo.

Quanto invece ai risarcimenti, la corte d’appello di Firenze ha rideterminato (per parte dei naufraghi) le somme a titolo di danni, aumentandole in media di 15 mila euro a persona. Al Comune del Giglio è stata confermata una provvisionale da 300.000 euro per il danno non patrimoniale. Ma alcuni legali di parte civile che hanno annunciato di voler proseguire nelle loro istanze per ottenere risarcimenti più consistenti.

La tristissima vicenda, uno dei motivi di vergogna nazionale degli ultimi anni, avrà epilogo solo in cassazione visto che il Schettino, per il tramite dei suoi legali, ha pronunciato il ricorso.

Meglio sarebbe se l’ex comandante, dopo aver dichiarato l’abbandono nave, si determinasse oggi a dichiarare anche l’abbandono di ogni velleitaria intenzione tesa a sovvertire una realtà processuale invero già cristallizzata agli occhi del mondo.

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