La strage al tribunale di Milano e i sistemi di sicurezza nei Tribunali

CI SI INTERROGA SULLA TUTELA DI AVVOCATI E MAGISTRATI: COME SEMPRE TROPPO TARDI

di avv. Fabiana Latte

imagesProvate a chiedere ad un Avvocato che cosa rappresenta per lui il Tribunale: vedreste nei suoi occhi una luce familiare. Tribunale come una dimora in cui i professionisti si sentono (ora, forse, è più corretto dire “sentivano”) invulnerabili e al sicuro quasi come a casa. Immaginate la quantità di tempo trascorsa nei Tribunali. Indefinita.

Sono innumerevoli le ore trascorse all’interno degli stabili, ore di attesa: in attesa che venga chiamata la propria udienza, che venga il proprio turno per chiedere fascicoli e copie in cancelleria o per assistere ad un corso di aggiornamento per accrescere la propria professionalità.

Quasi ogni giorno il rito è sempre il medesimo. All’ingresso saluti cordialmente la guardia giurata, entri attraverso il “tuo” ingresso riservato e inizia il solito rito: percorri le scale di corsa, perché sei inseguito da scadenze, atti, fascicoli da richiedere e da studiare, tutti adempimenti che scandiscono l’intera giornata. Muoversi sicuri all’interno delle aule, delle cancellerie e degli androni di quel luogo che senti più tuo.

Non immagini che un giorno, una persona animata e guidata da una follia omicida possa porre fine alla vita di un tuo collega, un magistrato e qualsiasi altra persona sia nei paraggi. Invece, quel giorno (come tanti), è arrivato. Pensi anche che sarebbe potuto capitare a chiunque.

E ora, come ogni volta in Italia, si torna a parlare di sistemi di sicurezza e dell’evitabile. Troppo tardi.

Si creano dibattiti e polemiche quando oramai c’è poco da fare, quando l’inevitabile si è già manifestato.

Le richieste di rafforzare la sicurezza all’interno dei Tribunali sono state avanzate da sempre e da sempre sono cadute nel nulla. Poi, un giorno, la notizia sulle prime pagine di tutti i giornali. Solo allora sembra che l’argomento possa tornare ad essere di interesse, fino al prossimo episodio di cronaca nera che si sostituirà alla precedente notizia.

Eppure il problema rimane.

La questione è solo una: destinare maggiori fondi per una maggiore sicurezza in questi luoghi. Non si può risparmiare sulla sicurezza di questi luoghi.

Che essi siano idonei a tutelare avvocati o magistrati. Non vi possono essere vittime distinte (di serie A o di serie B) perché ogni giorno avvocati e magistrati lavorano fianco a fianco, a stretto contatto.

In questi giorni anche il Presidente del Consiglio Nazionale Forense è intervenuto con forza affermando e sottolineando che “la politica e le forze sociali mettano da parte qualsiasi forma di speculazione e di strumentalizzazione e finalmente recepiscano una verità non più eludibile: basta con la corsa al ribasso in materia di diritti fondamentali”.

Ed è proprio il fulcro del problema. L’intero sistema andrebbe rivisitato.

Anzitutto, contrastando con maggior forza la campagna denigratoria contro l’avvocatura (unitamente a quella perpetrata nei confronti della magistratura) e in secondo luogo, ma non meno importante, coordinare le risorse per incrementare i livelli di sicurezza nei Tribunali e affrontando l’annoso problema della precarietà dell’edilizia giudiziaria, così come richiesto anche dall’Organismo Unitario dell’Avvocatura (OUA).

I principali sistemi di sicurezza presenti in molti dei Tribunali italiani, sono diversi:

– per legge ogni, in ogni Tribunale devono essere presenti delle videocamere attive che possono anche essere utili a dissuadere i soggetti dal commettere possibili atti criminali;

– gli agenti di sicurezza dovrebbero essere almeno due (nella realtà medio-piccole vi è soltanto un agente di sicurezza e, tra le altre cose, non è nemmeno armato) che possono avere il potere di effettuare perquisizioni attraverso appositi strumenti;

– metal detector, sia esso manuale o come varco da oltrepassare.

Gli avvocati, i magistrati e i funzionari che lavorano all’interno del Tribunale possono passare in ingressi ad hoc. In molte delle realtà, detti ingressi sono privi di qualsivoglia sistema di controllo.

In questo contesto è facilmente intuibile come poter apportare delle modifiche ai predetti sistemi possa sostanzialmente innalzare la sicurezza all’interno del Tribunale.

Ad esempio, prevedere sicuramente un ingresso riservato al personale, ai magistrati e agli avvocati (ivi inclusi i praticanti, contrariamente a quanto affermato in televisione!) ma dotare anch’esso dei relativi controlli. Perché il sistema è fallibile e perché, quante volte è capitato, se il comune cittadino entra nell’ingresso riservato al personale, non sempre è ripreso ma magari viene fatto passare indisturbato.

Pari sistemi di controllo e divisi. Onde altresì limitare il crearsi di file inutili nello stesso ingresso.

Non solo. All’oggi, gran parte degli ordini degli avvocati, all’atto dell’iscrizione rilasciano badge magnetici. In questo caso, invece di destinarli soltanto all’accreditamento dei diversi corsi di formazione come badge segna-presenza, si potrebbe pensare ad un vero e proprio lettore di riconoscimento magnetico da installare all’ingresso del tribunale onde poter consentire l’accesso solo ed esclusivamente a persone autorizzate da far passare, comunque, sotto i metaldetector.

Sicuramente si tratta di un sistema notevolmente dispendioso, in particolar modo se si pensa alla quantità di Uffici Giudiziari presenti sul territorio italiano eppure, in qualche modo, si dovrebbe (o deve) intervenire perché non si ripetano ancora i fatti di Milano.

E perché non si debba più, nuovamente, richiedere di intervenire davanti a simili episodi sconcertanti.

La sicurezza dovrebbe essere organizzata come sistema di prevenzione, non un discorso da effettuare “col senno del poi” e da accantonare al più presto per inettitudine. 

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