La lotta alla corruzione e le critiche del CSM

I MAGISTRATI CRITICANO IL DDL RITENUTO INSUFFICIENTE 

di avv. Fabiana Latte

A distanza di poco più di un mese dall’approvazione da parte del Senato del ddl in materia di lotta alla corruzione, nella giornata di ieri, il Consiglio Superiore della Magistratura ha espresso un primo parere. Ha definito la legge di riforma “insufficiente”.

La corruzione, si sa, è dilagante come un’enorme macchia d’olio ma invisibile. E’ percettibile e papabile ma è ovunque. La lotta alla prevenzione e alla repressione di detto fenomeno, non è cosa semplice.
In tal clima è intervenuta una riforma che ha introdotto sia il reato di cd. falso in bilancio 
che, grazie ad una modifica della pena edittale, consente l’utilizzo delle intercettazioni telefoniche. 

Andiamo anzitutto a fare una panoramica su quali sono le novità introdotte dal ddl.

Per quanto riguarda la pubblica amministrazione, tra le novità più rilevanti si prevede un inasprimento delle pene per i reati comuni commessi contro la Pubblica Amministrazione, specie per la corruzione e concussione. Per l’ultima delle due fattispecie, la reclusione passa da sei a dodici anni, mentre le pene per la corruzione arriveranno a sei anni. 

Di notevole rilevanza, l’istituzione e il coinvolgimento diretto dell’autorità nazionale anticorruzione, che dovrà essere informata direttamente dal Pubblico Ministero in caso di esercizio dell’azione penale su condotte riconducili a fattispecie corruttive. 

Infine, per quanto riguarda la previsione di recente introduzione, dello scambio elettorale le pene sono state riadattate prevedendo una forbice da quattro a dieci anni (contro la precedente previsione a sette a dodici anni). Infine, aumento delle pene anche per le associazioni di tipo mafioso: dalla previsione attuale di una forbice edittale dai 7 ai 12 anni, si passa ai 12 e 18 anni.
Sempre nel comparto della pubblica amministrazione si prevede, altresì,
 la decadenza dei dirigenti privi di incarico, l’abolizione della doppia fascia di manager e la previsione di una durata massima degli incarichi: tre anni. Sui segretari comunali, poi, resta ferma la proposta di abolizione ma si introduce un periodo di adeguamento delle procedure, quantificato in tre anni per dare il via alla dismissione. Infine, si prevedono maggiori incentivi agli enti locali che decidono di accorpare funzioni o che privatizzino specifiche attività all’esterno.

Ma la parte più sostanziosa della riforma riguarda la disciplina del falso in bilancio e delle false comunicazioni sociali per le società in genere (distinguendo, come già avveniva in passato, tra società quotate o meno).
P
er le ipotesi di false comunicazioni sociali, viene effettuata una ulteriore specificazione in relazione alla possibilità di applicare ladisciplina relativa alla cd. lieve entità del fatto. In tale ipotesi, infatti, si potrà considerare il “fatto di lieve entità” tenendo conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta. Quindi, per i fatti considerati di lieve entità, si prevede una pena base che parte dai sei mesi fino ad arrivare a tre anni. Pene nettamente più gravi (fino ad 8 anni) se il falso in bilancio è commesso da società quotate. 

In linea generale, quindi, si prevede  che “gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni“. 

Il pacchetto anticorruzione, poi, si completa con le norme sul falso in bilancio e, in particolare, con la previsione di un inasprimento della sanzione per la responsabilità amministrativa. In pratica vengono riformate le collegate previsioni del codice civile. Nel dettaglio, infatti, per il delitto di false comunicazioni sociali relativo alle società non quotate in borsa (art. 2621 c.c.) la sanzione pecuniaria passa da duecento a quattrocento quote. Per le società quotate, invece, si giungerebbe ad una sanzione massima di seicento quote. Torna così ad essere un reato, truccare i rendiconti.

In tale clima, il Consiglio Superiore della Magistratura ha espresso il proprio parere sfavorevole sulle riforme appena illustrate. Difatti, il mero aumento delle pene non viene considerato un mezzo di contrasto sufficiente per un fenomeno sempre più presente e dilagante. Si chiede, ulteriormente, un intervento in tema di sanzioni accessorie come, l’introduzione della previsione dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. 

Viene denunciata, altresì, la mancata riforma (o inasprimento di pena) per le fattispecie di corruzioni tra privati che è e rimane una fattispecie non perseguibile di ufficio e che, pertanto, richiede una vera e propria denuncia da parte del singolo e del privato cittadino. Collegato a tale contesto, non si prevede neppure una più ampia tutela per chi denuncia tali fenomeni. La critica si rivolge anche alle previsioni in materia di falso in bilancio in quantopur prevedendo un “adeguato carico sanzionatorio”rimane pur sempre notevolmente lacunosa e viene definita addirittura “incompleta”. 
Vedremo, così, quali ripercussioni avrà la riforma di un argomento così rilevante che tocca ogni ambito e ogni campo. Un fenomeno che rappresenta un vero e proprio blocco per il nostro Paese come un male da debellare.

 

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