La giovinezza come voglia di vivere davvero

YOUTH” DI SORRENTINO, POETICO FILM ESISTENZIALISTA

– di Alessandro Faralla –

x FeD locandina film youthVolendo essere sintetici, l’ultimo film di Paolo Sorrentino, presentato in concorso all’ultimo Festival di Cannes, potrebbe essere riassunto come la storia di due vecchi amici che riflettono sulla loro vita in un elegante albergo-spa a ridosso delle Alpi svizzere. Ma “Youth – La giovinezza” è molto di più, è qualcosa di intenso ma al contempo sfuggevole.

Due amici, Fred Ballinger (Michael Caine) e Mick Boyle (Harvey Keitel), entrambi 80ernni: il primo, un famoso compositore d’orchestra ormai in pensione e riluttante ad esibirsi nelle sue canzoni “semplici” persino dinanzi alla richiesta della Regina Elisabetta; il secondo, regista, sta scrivendo assieme a dei giovani collaboratori il suo ultimo film, il suo “testamento artistico”. Ad accompagnare il maestro Fred vi è anche la figlia, Lena (Rachel Weiz), le cui sofferenze personali la porteranno a un vivido scontro con il padre, tra rancori e verità celate.

Entrambi complici, i due amici, nel constatare l’inesorabile avanzare del tempo, tra problemi fisiologici, ricordi dimenticati o forse volutamente nascosti. In questo lussuoso resort, tra silenziose cene, massaggi, saune e nuotate, la mescolanza tra giovani e anziani è così naturale, così appagante. A ben rappresentare questo aspetto, gli acuti scambi di battute tra il giovane attore hollywoodiano Jimmy Tree (Paul Dano) e il maestro Fred.

Il film non si caratterizza certo per dialoghi serrati, a parlare sono le immagini, i suoni, gli sguardi che sorreggono il diverso atteggiamento dei due amici verso l’esistenza, Fred apatico e disilluso e Mick ancora pieno di passione e voglia di fare. Ma gli eventi sono lì, dietro l’angolo a rovesciare le apparenze e le fragilità.

Sorrentino ha detto che non avrebbe realizzato questo film senza Caine. E forse è vero, perché l’attore inglese è magistrale nel riempire i vuoti, solo con lo sguardo, con la delicatezza dei suoi gesti, al resto ci pensano una fotografia che, come per “La brande bellezza”, è eccezionale, delle musiche virtuose e un cast egregio (vedi la breve e intensa apparizione di Jane Fonda).

È evidente nel regista la personale ricerca di una risposta al senso della nostra esistenza, del tempo, di cosa resti di noi agli occhi degli altri. Sono quesiti che non hanno età, che attanagliano anche i più giovani. E appare inutile dimenarsi per rivendicare al mondo l’immagine più profonda e aulica del nostro io e delle nostre azioni, poiché una vera completezza forse non esiste, la nostra stessa vita è per natura incompleta. E allora cosa resta?, sembra chiedersi Fred. Forse ciò che permane indelebile è la bontà, la caparbietà di non accontentarsi, il desiderio di vivere per qualcosa di vero, reale, non banale, nella convinzione o speranza che la parte migliore di noi emerga, a prescindere da come vogliamo essere osservati o giudicati. E il primo a capire tale verità, più di Mick e di sua figlia Lina, è proprio Fred, abbracciando il paradosso, le ambiguità dell’esistenza e delle relazioni; guardiamo la sua contemplazione maturare e acquisire coscienza, specchiarsi brillantemente nella precisione estetica ed edonistica della regia di Sorrentino.

La giovinezza è quindi qualcosa che trascende l’anagrafe, è un sentimento, una condizione che ci portiamo dentro, è quanto comunichiamo, è un insieme di piccoli momenti, un apice di estasi racchiusa negli sguardi ammaliati. Come nella scena nella piscina, dove i due amici guardano entrare nuda come una “venere”, la giovane Miss Universo (Madalina Ghenea), ospite del resort, incurante degli occhi altrui, indipendente e perfetta come le note di una sinfonia, tanto da far dire al signor Ballinger che “La musica è meglio di tutto perché non ha bisogno delle parole né dell’esperienza”.

Come “La grande bellezza”, anche “Youth” è un film complesso, che onestamente non è appetibile per lo spettatore medio. Più che un film Sorrentino realizza una poesia dolce e malinconica, che lascia sì uno smarrimento, un vuoto, ma entrambi reali perché la vita stessa è un’inesorabile e infinita meditazione sul senso del tempo, sul pensiero, sull’uomo: una meditazione dove le parole sono la musica e che ci fa dire che “le emozioni sono tutto quello che abbiamo”.

 

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