Il lutto di Zack Snyder e quel dolore “impossibile” da mantenere privato

di Alessandro Faralla (Responsabile Cultura e Spettacoli F&D)

Nell’era totalizzante dei social network appare “impopolare” esimersi dal condividere con l’immensa piazza virtuale anche i nostri momenti più sofferti. E il caso riguardante Zack Snyder ce lo ricorda tristemente

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Il cinema per molti non è semplicemente una passione, ma una mission, una ragione di vita, una questione identitaria, basti pensare alla fede e alla riverenza col le quali milioni di persone si sentono parte della famiglia Star Wars, una delle saghe più longeve e fortunate della storia del cinema.
E se fino a qualche anno fa i luoghi di discussione erano circoscritti a forum specifici su un film o una determinata saga il fenomeno e la realtà dei social network hanno ampliato i confini permettendo a chiunque di esprimersi su qualsiasi argomento senza filtri o per lo meno ove presenti sembrano molto deboli.

In ambito di sfide cinematografiche i personaggi tratti dai fumetti rappresentano delle vere e proprie icone per diverse generazioni. Sui social proliferano pagine dedicate agli eroi della DC (Batman, Superman, Wonder Woman, Flash ecc.) e della Marvel (Iron-Man, Hulk, Capitan America, Spider-Man, gli X-Men) con i sostenitori più fidelizzati sempre pronti a battagliare sulle qualità delle trasposizioni cinematografiche con toni decisamente poco amichevoli. Capita anche che sostenitori di un determinato filone editoriale critichino aspramente le versioni cinematografiche dei propri eroi preferiti. Un caso recente è stato il discusso incontro tra Batman e Superman portato sul grande schermo dal visionario regista Zack Snyder (300, Watchmen).

 

 

A fine maggio il cineasta americano ha annunciato che avrebbe lasciato il lavoro che stava portando avanti su Justice Laeague, cinecomic della DC in arrivo a Novembre a causa di un lutto familiare che l’ha colpito  nel mese di marzo. Una delle otto figlie del regista Autumn, si è suicidata. Il regista ha quindi deciso di abbandonare i lavori di post-produzione lasciando le redini a Joss Whedon.
Questo il fatto che riguarda il film. Quel che invece non avremmo voluto leggere sono stati i commenti – classificarli come di cattivo gusto è riduttivo – seguiti alla notizia, con utenti e pagine web che hanno trattato la notizia in termini “ironici” e denigratori nei confronti di Snyder.

Lo stesso regista come si evince dalle sue dichiarazioni ha deciso di rendere pubblico il  lutto perché immaginava il trambusto che si sarebbe creato quando la notizia del suo abbandono si fosse diffusa e in qualche modo voleva proteggere il film dalle speculazioni che si sarebbero create, per poi precisare che,  per quanto desideri che il prodotto finale sia positivo, nella vita ci sono questioni ben più rilevanti e al momento stare con la sua famiglia è la cosa che più gli preme.

Abbiamo creato un mondo dove sembra impossibile custodire un privato, proteggerlo dalla visibilità nei suoi momenti più duri, si vive un ambiente nel quale si “è costretti” a condividere tutto per difendere la propria integrità. È paradossale ma la vicenda che ha interessato Zack Snyder è chiarissima sotto questo aspetto e l’utilizzo dei social come forza distruttiva, barbara e denigrante ci riporta a quello stato di natura teorizzato da Hobbes, caratterizzato da uno stato perenne di guerra di tutti contro tutti.

Probabilmente in Zack Snyder non vi era alcun intenzione di spettacolarizzare un dramma. Quante volte però amici o conoscenti, decidono, a seguito di un lutto, di affidare le proprie emozioni, i propri pensieri alle schermate dei profili social sminuendo in qualche modo, riducendo il “valore” di ciò che si sta passando in una circostanza dolorosa.
Vi è un bisogno morboso di condividere il più possibile che abbiamo perso l’equilibrio, la misura di comprendere quando è necessario restare offline e donare senso alle nostre parole, all’esigenza di comunicare qualcosa.

Questo limite specie per le persone del mondo dello spettacolo sembra non esserci!

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